Nebulosa Tarantola

 

Il Cacciatore, le Iadi e Pleiadi, Giove e Venere

Il Cacciatore, le Iadi e Pleiadi, Giove e Venere

Immaginate di venire teleportati su un mondo nella Grande Nube di Magellano, un pianeta distante 1300-1500 anni luce 1  dalla Nebulosa Tarantola.
Il cielo di questo mondo sarebbe ricoperto per metà da questo scrigno composto da nubi ad emissione riscaldate da giovani e massiccie stelle blu e da resti di antiche supernovae 2 e solcato da strisce di polveri e gas neutro che nascondono alla vista nuove stelle che stannno per nascere.
Su quel  mondo la notte perderebbe il significato che conosciamo: potreste osservare per intero tutta la Via Lattea, compreso il fulgido nucleo centrale composto da milioni di soli alla cui luce potreste riuscire a leggere anche un libro.

Chissà che noia il giorno illuminato da un solo astro!


La prevista fine del mondo è stata rinviata per la scarsa partecipazione del pubblico

La specie umana computa il tempo come espressione di cicli più o meno lunghi – giorni, mesi, anni – con lo scopo di mettere ordine nelll’intricato concetto astratto dello scorrere lineare del tempo 1. Può sembrare un paradosso ma a pensarci bene è così anche per le più familiari misure dello spazio: centimetri, decimetri, metri etc.

Nonostante questo, sentiamo spesso parlare di imminente fine del mondo, proprio come se il tempo non fosse lineare ma seguisse un suo autonomo andamento ciclico di nascita e di morte.
Alcuni autori catastrofisti molto più simili a ciarlatani che a seri divulgatori sono riusciti anche ad accumulare piccole fortune vendendo libri, amplificando e sfruttando la creduloneria popolare sulla fine del mondo.

In un’epoca come fu il medioevo, dal crollo dell’Impero Romano al Rinascimento, la religione e la superstizione si mescolarono fra loro creando un substrato culturale che ancora oggi ogni tanto riaffiora, cambiando magari qualcosa qua e là, ma rimanendo sostanzialmente lo stesso.
Chi non si ricorda la menagrama frase “Mille e non più mille…” pronunciata per allertare il mondo della sua prossima fine, prevista per l’anno 1000 d.C appunto.
Previsione errata e fine che fu subito rimandata di 260 anni dopo aver fatto di nuovo i biblici conti, ma anche questi si rivelarono sbagliati. Infatti arrivò il primo, il secondo e  il terzo giorno dopo: il mondo e l’umanità erano ancora lì a farsi beffe degli uccellacci del malaugurio e delle loro profezie.

Con i secoli ci provarono in molti a definire una data ultima del mondo. Anche sir Isaac Newton non fu immune alla stravagante moda, tant’è che ci provò pure lui a dare una data ultima al mondo 2, o altri personaggi sicuramente meno illustri di lui.
Nel XX secolo (due volte mille) ci sono state diverse fini del mondo che si è visto come sono andate a finire.
La più celebre fine del mondo fu senza dubbio attribuita – anche stavolta – al passaggio del millennio. Questa fu particolarmente amplificata dai media per colpa del Millennium Bug, un bug nei sistemi informatici che si supponeva avrebbe causato il collasso della nostra civiltà alla fine del 31 dicembre 1999.
Il problema in realtà era già noto dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, per cui tutti i software successivi a quell’epoca erano in qualche modo immuni dal disastro e il temuto collasso non ci fu, anche se in tanti specularono nei mesi precedenti sulla ghiotta occasione, mentre le catene dei supermercati fecero affari d’oro quando furono assalite da folle impaurite nei giorni successivi al Natale 1999.

Ma si sa che la creduloneria popolare non sente ragioni ed ecco che il primo decennio è tutto un fiorire di previsioni catastrofiche sull’imminente fine del mondo.
Improbabili allineamenti planetari, nodi galattici, comete 3, Nibiru (?), i Maya, tutti buoni motivi per ripetere la millenaria litania della fine del mondo.

In un mondo dove la condivisione delle idee e dell’informazione – grazie alle radiocomunicazioni e a Internet – sono globali e istantanee, si fa presto a far milioni di proseliti che credono alla barzelletta della fine del mondo e altrettanto rapidamente si può sbugiardare una presa in giro colossale come questa.
Comunque credere o meno ai ciarlatani dipende sempre dalle singole persone se vogliono farsi plagiare o meno. I mezzi cambiano, ma l’abilità di ragionare sulla veridicità delle cose rimane la stessa di sempre.

Ora mi chiedo, passata l’ubriacatura per la fine del mondo prevista per il 21 dicembre 2012, passato pure il Natale che siamo tutti più buoni e pure il Capodanno 2013 perché magari qualcuno nonostante la crisi economica sarà riuscito a fare il ponte festivo e pure la settimana bianca 4, ma poi non sarà il caso che i cialtroni di cui accennavo all’inizio restituiscano i soldi guadagnati sfruttando la creduloneria popolare, o no?


Aminoacidi astrostoppisti

Sappiamo che quasi sicuramente l’acqua sulla Terra è arrivata con le comete. Ma solo quella? O è arrivato anche altro?

Una delle più grandi obiezioni alle attuali teorie sulla nascita della Vita riguarda i lunghissimi tempi necessari dallo sviluppo e selezione delle molecole prebiotiche fino alla comparsa di questa, spesso in contrasto con i tempi cosmologici dei pianeti.
Ad esempio, le più antiche tracce di vita sulla Terra sono microbatteri 1 vissuti circa 3,4 miliardi di anni fa, appena un miliardo di anni dopo la formazione della Luna 2.

Intanto attraverso i radiotelescopi 3 sono state scoperte molecole complesse nelle nebulose interstellari e nei globuli di Bok, materiale organico complesso è stato trovato nei meteoriti e nelle chiome cometarie, mentre recentemente è stato dimostrato che anche l’acqua sulla Terra 4 è di origine cometaria 5.

Ma (c’è sempre un ma, ricordate?) insieme all’acqua degli oceani è arrivato altro dallo spazio? è possibile che materiale organico sia sopravvissuto all’attraversamento di una atmosfera planetaria?
Alcuni scienziati 6 hanno voluto provare sperimentalmente se questo sia possibile.

 Nei cannoni ad aria compressa del gas è sparato a velocità supersoniche contro bersagli di acqua, roccia e aminoacidi.

Il team si è avvalso di elaborati modelli matematici al computer per studiare le condizioni fisiche in gioco durante un impatto di un corpo cometario a 6-7 km/s nell’atmosfera primordiale della Terra  e poi le hanno riprodotte in  laboratorio con potenti cannoni ad  aria compressa.
“La nostra ricerca indica che i mattoni della vita possono resistere nonostante la tremenda onda d’urto di un impatto cometario e le e altre condizioni fisiche estreme”, ha detto la Blank. “Le comete possono essere state benissimo il vettore di trasporto degli ingredienti organici fondamentali alla Vita sulla Terra; lì c’è tutto: aminoacidi, acqua ed energia”

Addirittura le estreme condizioni di shock generate dai cannoni ad aria ha consentito agli aminoacidi di formare alcuni legami peptidici.

Certo che la natura cela i suoi segreti nei luoghi più impensati.


Oppy is back

Ammetto la mia colpa di essere stato assente da queste pagine per troppo tempo, ma avevo i miei motivi. Intanto l’altro ieri ho intervistato il dott. Giorgio Bianciardi, autore delle ultime scoperte sui passati esperimenti Labeled Release delle storiche sonde Viking e che pubblicherò a giorni.

 

La prima foto mandata da Opportunity dopo 130 Sol di letargo. - Credit: NASA-JPL

Nell’attesa che Curiosity arrivi su Marte e che possa finalmente rispondere all’arcana domanda “c’è vita su Marte?“,argomento su cui mi sono speso molto in questi ultimi tempi e che ancora occcuperà queste pagine, vorrei segnalare il piccolo miracolo avvenuto proprio in questi giorni su Marte: il robottino Opportunity si è risvegliato dopo ben 130 Sol 1.

La missione Opportunity (Mars Exploration Rover-B, MER-B, MER-1) – per gli amici Oppy – gemella della Spirit ormai spenta, scese su Marte il 25 gennaio 2004 ed è tuttora operativa, superando in longevità anche la gloriosa Viking 1.
Alla fine dell’anno il rover fu messo a riposo coricato di 15 gradi verso nord, per dar modo ai suoi preziosi pannelli fotovoltaici di caricare le batterie durante l’inverno dell’emisfero sud marziano .
Finora il Oppy ha percorso quasi 35 chilometri in tutti questi anni, ma come dice l’antico proverbio: “Chi va piano va sano e lontano

Le abbondanze cosmiche

Come spesso accade e come ho già mostrato altre volte, le domande non sono mai banali quanto invece possono esserlo le risposte.
Questo articolo mi è stato suggerito da un post apparso tempo fa  in un social network in cui si chiedeva quale fosse l’elemento chimico più abbondante nell’Universo dopo l’idrogeno e dell’elio. La risposta, poi non tanto ovvia, è che l’ossigeno, seguito dal carbonio, il neon e l’azoto, sono gli elementi chimici più abbondanti del nostro Universo e – a parte l’elio e il neon – che guarda caso, sono anche gli elementi su cui si basa la nostra biochimica.

Credit: Il Poliedrico

L’origine degli elementi chimici più abbondanti e leggeri dell’Universo stesso è da ricercarsi nella genesi della materia barionica nell’Universo, da 3 a 20 minuti dopo il Big Bang.
Fu in quel poco tempo a loro disposizione che pochi protoni riuscirono a infrangere la barriera coloumbiana che normalmente li tiene separati e fondersi insieme. Così si formarono i nuclei degli elementi chimici più pesanti dell’idrogeno: l’elio, il litio e il berillio – questi ultimi due sono oggi molto più rari – nacquero allora, in quel breve momento – per fortuna – in cui tutto l’Universo aveva temperature e densità come un nucleo stellare.
Ci vollero però altri 380000 anni all’Universo per espandersi e diventare abbastanza freddo da consentire ai protoni liberi e a quei nuclei atomici poco più complessi che si erano formati nella prima nucleosintesi della storia dell’Universo di legarsi agli elettroni fino ad allora liberi. Fu allora che la materia barionica più leggera assunse la forma che ci è più familiare: l’atomo neutro 1.
Idrogeno e elio con litio e berillio in tracce  era tutto quello che c’era nell’Universo primordiale, fino a che una parte di tutta quella materia barionica si condensò in stelle.

Nucleosintesi stellare

La nucleosintesi stellare è l’insieme delle reazioni nucleari che avvengono all’interno di una stella, una catena di processi energetici che hanno come risultato finale nuclei degli elementi chimici  più pesanti partendo dall”idrogeno fino al ferro.
L’idrogeno è l’elemento di partenza dal quale vengono prodotti tutti gli altri elementi chimici riuscendo ad emettere energia nelle stelle. Queste reazioni dette esogene, cessano con la produzione dell’isotopo del ferro chiamato ferro-56 (56Fe).
I cicli di nucleosintesi sono sostanzialmente due: il ciclo protone-protone, che vale per le stelle di massa fino a 1,5 masse solari, e il ciclo CNO (Carbonio-Azoto-Ossigeno), più efficiente ma che solo le stelle con masse superiori al suddetto limite possono sostenere.
Un piccolo appunto: la prima generazione di stelle nacque in  un universo dove non c’era alcuna traccia di carbonio, azoto o ossigeno, per cui l’unica reazione di fusione nucleare per loro possibile era quella diretta protone-protone, molto meno efficiente, fino a che nel loro nucleo non si produssero anche i nuclei di 12C. Questo limite sicuramente ha pesato sul processo vitale di quelle stelle. Peccato che oggi non è più possibile  studiarle in dettaglio.

Gigantesche stelle blu bruciarono buona parte dell’idrogeno di cui erano composte al loro interno creando tutti gli altri elementi chimici fino al ferro in pochi -forse decine – milioni di anni.

Quando la nucleosintesi nelle stelle arrivò a sintetizzare il ferro dal silicio, il loro massiccio peso non più sorretto dall’energia delle reazioni termonucleari rimbalzò sul nucleo e le fece esplodere come supernovae, spargendo le preziose ceneri della combustione nucleare nello spazio. Le onde d’urto aiutarono la formazione di altre stelle 2 e così via, in un ciclo che è ancora oggi attuale.

Anche se il contributo delle supernove fu certamente rilevante nell’evoluzione chimica dell’Universo, la parte più importante l’ebbero però le stelle un po’ più piccole, fino a 4 masse solari, della popolazione successiva, la Popolazione II.

Queste stelle non sarebbero esplose come suoernovae rendendosi visibili ovunque nell’Universo, ma più semplicemente alla fine del loro ciclo vitale avrebbero restituito le loro ceneri nucleari al cosmo verso come semplici nebulose planetarie.

Composizione dell'atmosfera errestre

NOMEFormulaPercentuale %
AzotoN₂78.084
OssigenoO₂20..946
ArgonAr0,934
Anidride carbonicaCO₂0.0427
NeonNe0.0018
ElioHe0.000524
MetanoCH₄0.00016
KriptonKr0.000114
IdrogenoH₂0.00005
XenoXe0.0000087
Vapore acqueoH₂O0.33 (varia da 0% a 6%)
OzonoO₃0.000004 (stratosfera)

Simulazione grafica della formazione di una nebulosa planetaria. Credit: Wikipedia

Per questo le abbondanze relative vedono primeggiare i primi prodotti di nucleosintesi rispetto agli elementi più pesanti del ferro che si formano per cattura neutronica durante il collasso di supernova e dal decadimento radioattivo di alcuni di questi.

Ma la cosa che più affascina in questa tabella è che a eccezione dell’elio e del neon che sono gas nobili e che quindi non reagiscono con alcun altro elemento chimico, tutti gli altri sono componenti fondamentali della biochimica a base carbonio come le conosciamo.
Che noi fossimo figli delle stelle era certo, anche le modalità con cui certe abbondanze si sono create indicano come l’evoluzione dell’Universo sia diretta verso la creazione la Vita.


25 Aprile, la giornata del Perdono

Umby

Permettetemi una riflessione.

Se da queste pagine parlo a Voi di scienza è perché ho avuto accesso tra mille difficoltà familiari a una Istruzione  (con la I maiuscola) Pubblica, a una forma di libertà di pensiero e di azione che mi è stata garantita fin dalla nascita dalla Nostra Carta Costituzionale Repubblicana.

La Costituzione nacque col sacrificio di migliaia di Cittadini che, pur essendo molti di loro analfabeti o quasi, credevano in ideali di Equità e Giustizia e sapevano benissimo distinguere il Bene – Comune – dal Male 1.
Cittadini Italiani che donarono il loro sangue e le loro giovani vite perché la Costituzione della Repubblica Italiana venisse finalmente scritta
2.

Oggi io chiedo pubblicamente perdono a quei Ragazzi per come è stato distorto e stravolto il Loro Sacrificio, L’Italia di oggi non è quella che Loro sognavano per noi.
Tutte le Istituzioni, il Parlamento, il governo, i partiti, la politica tutta 3 in questa giornata – e per ogni altro giorno – dovrebbero chiedere il perdono per non essere riusciti in oltre sessanta anni a eseguire il loro compito di Servitori dello Stato e attuatori della Costituzione.
Hanno permesso che altre entità esterne prendessero il sopravvento sullo Stato e diventassero più importanti della libera volontà della maggioranza dei Cittadini senza chiedere esplicitamente il loro consenso.

Chiediamo perdono a chi è morto per liberare l’Italia dal nazifascismo e ripudiamo pubblicamente chi ci ha venduti di nuovo agli stranieri  e vilipeso la Costituzione della Repubblica Italiana.


Caccia ai microrganismi marziani, le nuove ricerche sugli esperimenti Labeled Release

Gilbert V. Levin, Ph.D.

Nel lontano 1952 un brillante ingegnere sanitario inventò uno straordinario e nuovo metodo per rilevare la contaminazione microbica di acqua e cibo 1.
Nel 1958 – quando ancora andare sulla Luna era soltanto un sogno – la NASA cercava un metodo per scovare microbiche forme di vita extraterrestre.
Fu così che il metodo del dott. Levin fu scelto  – insieme ad altri – nel 1969 dalla NASA per un altisonante programma chiamato Voyager Mars che aveva lo scopo di raggiungere Marte con sonde automatiche  entro i successivi 10 anni; alla NASA pensano in grande.

Con gli anni spesso le cose cambiano nome, così il programma Voyager Mars diventò Programma Viking e il famoso metodo del dott. Levin da Gulliver 2 3 fu ribattezzato con un più prosaico  – e secondo me più brutto – “Labeled Release” (LR)  per indicare la tecnologia utilizzata.

Viking 2 Lander (2/111/976). Sullo sfondo le rocce di Utopia Planitia

In pratica l’esperimento LR nei lander Viking atterrati su Marte nel 1976 funzionava così: alcuni campioni di suolo venivano sterilizzati tramite il riscaldamento e altrettanti no. Poi a tutti questi campioni veniva aggiunto un composto nutriente contenente un isotopo particolare del carbonio facilmente rilevabile: il 14C. Qualora eventuali microrganismi marziani avessero metabolizzato il nutrimento avrebbero rilasciato una certa quantità di 14C nell’aria, mentre i campioni di suolo sterilizzati ovviamente no. In effetti la serie di esperimenti LR portati avanti nei due siti di atterraggio dei lander Viking a 4000 chilometri di distanza l’uno dall’altro produsse dei dati compatibili a una qualche attività biologica, contrariamente agli altri tre modelli sperimentali studiati per la missione 4.

Levin e la sua collaboratrice dott.sa Patricia Ann Straat, analizzarono  per almeno un decennio i dati degli esperimenti LR 5 e li ripeterono in laboratorio sulla Terra usando diversi tipi di terreno proveniente dai più disparati siti, come il suolo antartico 6. Nel 1997, dopo 21 anni dagli esprimenti marziani, altre scoperte sui batteri estremofili e nuove ipotesi sulle condizioni ambientali su Marte, dettero nuovo impulso alle ricerche del dott. Levin che pubblicò le sue conclusioni frutto di venti anni di ricerche che confermavano la scoperta delle origini biologiche dei risultati degli esperimenti LR delle sonde Viking 7.

Le valli secche nell'interno sel continente antartico sono ideali per la ricerca di microrganismi estremofili

Da allora furono fatti da altri ricercatori molti tentativi per dimostrare che i risultati degli esperimenti marziani erano frutto di semplici reazioni chimiche o fisiche tra le sostanze nutritive LR e il suolo. Nessuno tuttavia riuscì a dimostrarlo.

Il 12 aprile 2012 – quest’anno – è stato presentato un nuovo studio 8 iniziato nel 2005 che ha visto come primo firmatario il dott. Giorgio Bianciardi (biologo e medico presso l’Università di Siena, attuale vicepresidente dell’Unione Astrofili Italiani), insiema al dott. Joseph D. Miller del Dipartimento di Neurobiologia della Keck School of Medicine di Los Angeles, CA, il dott. Gilbert V. Levin dell’Arizona State University e la sua collaboratrice dott.sa Patricia Ann Straat. Questo nuovo filone di indagini sui vecchi dati degli esperimenti LR ha preso il via da una ricerca presentata nel 2003 a Madrid dal Bianciardi 9. Levin e Miller hanno fornito tutti i 16000 dati dei 9 esperimenti marziani in loro possesso (spesso ancora in forma cartacea) al Bianciardi e i dati degli esperimenti riprodotti sulla Terra. Man mano che lo studio dei dati procedeva, era evidente che tutti gli esperimenti attivi avvenuti su Marte si aggregavano perfettamente con i dati biologici fatti a Terra. I dati della temperatura si aggregavano con quelli di controllo negativi (suolo sterilizzato, su Marte o sulla Terra), ma soprattutto non c’era traccia di alcuna reazione chimica abiotica nel rilascio dell’anidride carbonica una volta che veniva aggiunta la soluzione nutritiva.
-La conclusione poteva essere solo una: c’è vita su Marte, i Viking l’avevano scoperta. – afferma il Bianciardi. Le analisi si sono concluse nel 2011 e i risultati sono stati pubblicati prima che la sonda Mars Science Laboratory (MSL) arrivasse su Marte 10.

Ma la storia è appena agli inizi ….


DNA alieni in laboratorio

Tantissime persone sono ancora convinte che il loro carattere, il loro aspetto o perfino il  futuro sia scritto lassù, fra le stelle, e che nel loro errare nel cielo lungo l’eclittica i pianeti facciano la differenza tra una vita mediocre e una piena di soddisfazioni. Non è così, non esiste alcun nesso tra le diverse stelle che creano i disegni nel cielo che chiamiamo costellazioni, il vagabondare quasi meditabondo dei pianeti lungo la loro orbita e il nostro aspetto fisico.
Semmai il colore degli occhi, della pelle o dei capelli è scritto in un polimero che è presente nel nucleo di tutte le cellule che compongono il  nostro corpo e che guida tutta la nostra vita dal concepimento fino alla morte.

Rappresentazione grafica di una molecola di DNA

Questo polimero si chiama acido desossiribonucleico – per gli amici DNA – ed è una lunga catena composta da un gruppo fosfato, il deossiribosio (un tipo di zucchero) e una base azotata che si lega al deossiribosio. Le basi azotate nella molecola di DNA sono quattro: adenina, guanina, citosina e timina. Si possono considerare come le uniche quattro lettere dell’alfabeto con cui è scritto ciò che siamo.

Ora provate a sostituire lo zucchero, il deossiribosio con un altro tipo di zucchero completamente diverso 1. Otterrete qualcosa di altrettanto efficace del DNA per contenere informazioni e duplicarle ma comunque completamente diverso che – almeno su questo pianeta – non esiste in natura, uno XNA (xeno-nucleic acids), come lo hanno battezzato i ricercatori che lo hanno realizzato.
Adesso il gruppo di ricercatori guidati da Vitor Pinheiro del Medical Research Council di Cambridge, in Gran Bretagna, sono riusciti a copiare una sequenza di XNA in una sequenza complementare di DNA che servirà per assemblare un nuovo filamento di XNA uguale a quello di partenza. In questo modo è stato possibile replicare intere sequenze di XNA con oltre il 99% di accuratezza.
Essere riusciti a duplicare le informazioni contenute nel XNA è una tappa fondamentale della ricerca biologica per capire come sia nata la Vita: la perpetuazione dell’informazione genetica è alla base dell’evoluzione e, ovviamente, della Vita.
Tuttavia, questi acidi xenonucleici necessitano ancora di una interazione con il DNA per  replicarsi, un passo che uno scienziato indipendente alla ricerca, ha detto ancora cruciale, per creare la vera vita sintetica.

Le possibili ricadute in campo medico, scientifico o nella bioingegneria sono infinite, così come nella ricerca di biochimiche diverse da quelle sviluppate sulla Terra che invece possono essersi sviluppate su altri mondi.

Cambiando quindi gli zuccheri, l’informazione non cambia, semmai può evolvere!

Fonti: http://www.sciencenews.org/view/generic/id/340076/title/Synthetic_heredity_molecules_emulate_DNA
http://www.sciencemag.org/content/336/6079/341.abstract?sid=82fb19c9-c9a2-4fd9-b1e0-4c80570740df 


Canon Hack Development Kit (seconda parte)

Scrivere una recensione completa di CHDK richiederebbe senz’altro  un libro, mi limito qui solo a illustrare le caratteristiche che ritengo più importanti per un uso scientifico.

Canon Powershot A650is

La possibilità di memorizzare le immagini in formato RAW non compresso è forse uno dei punti di forza di questo firmware esteso.
Il formato RAW per le sue peculiari caratteristiche di elaborazione, di solito viene reso disponibile dal produttore solo nelle fotocamere di livello più alto, macchine che possono essere troppo costose per l’uso didattico nelle scuole o per molti semplici amatori.
Il normale formato JPEG, che rimane comunque abbastanza fedele per un uso normale, consente di memorizzare molte immagini in  poco spazio a scapito di una certa perdita di informazioni dovuta alla compressione dell’immagine. Questo purtroppo non è affatto sufficiente per un uso scientifico dell’immagine.
Il RAW invece riporta fedelmente quanto è stato registrato direttamente dal sensore CCD, a scapito  di un maggiore spazio occupato dall’immagine. In questo modo è possibile una elaborazione successiva più spinta, oppure la lettura del valore assoluto di determinati pixel nell’immagine per analisi statistiche, più deboli particolari che nella compressione JPEG vengono irrimediabilmente persi  etc.
Ovviamente CHDK consente di scegliere tra i due formati. Il RAW prodotto da CHDK però non è leggibile nativamente dai software classici come Adobe Photoshop o Gimp 1, questo perché il costruttore non rilascia le caratteristiche del flusso dati in uscita dal sensore CCD.
Anche se l’ADC usato in molte Powershot è a 12 bit,  il RAW prodotto da CHDK è a 10 bit perché i 2 bit meno significativi non sono collegati (conterrebbero solo il rumore del sensore). Questo significa che in RAW sono comunque disponibili 2^10 livelli di colore per ogni pixel, cioè 1024 gradi di tonalità diversi. Non è comunque male!

Un’altra caratteristica importante in astronomia è la possibilità di utilizzare tempi molto lunghi per lo scatto. Questo è possibile sia attraverso la programmazione di script eseguibili inseriti nella scheda SD in una apposita cartella o per mezzo di circuiti pilota via porta USB, come avviene nelle fotocamere di fascia alta con lo strumento per lo scatto remoto. Questa capacità unita alla possibilità di registrare immagini in formato RAW trasforma queste fotocamere in potenti strumenti di ricerca scientifica a basso costo.

Inoltre la facoltà di programmare la fotocamera attraverso dei semplici script eseguibili 2 apre infiniti scenari di impiego: è possibile ad esempio fare in modo che la fotocamera scatti immagini a intervalli prestabiliti, fare in modo che si adatti automaticamente alle variazioni di luminosità ambientale o che addirittura possa scattare un’immagine solo quando il sensore CCD rileva un movimento nel campo inquadrato 3.
Questa è probabilmente la killer application di CHDK: la capacità di eseguire script all’interno della fotocamera senza alcuna necessità di essere pilotata da un computer esterno. Si può così controllare la fotocamera anche per giorni se necessario in maniera del tutto automatica, basta assicurarle una fonte di energia esterna sufficiente.

Il bello è che CHDK e i  suoi programmi risiedono nella stessa SD delle foto e che tutto il firmware viene caricato nella memoria RAM interna della fotocamera, senza sovrascrivere alcunché del firmware originale 4. Basta spegnere la fotocamera e togliere la schedina che questa torna normale, senza invalidare la garanzia!
Se non si ha dimestichezza con le  tecniche di programmazione, niente paura! dal sito web di CHDK sono disponibili decine di script già testati e funzionanti, oppure si può chiedere assistenza sul forum del celebre firmware.

La prossima volta parlerò delle tecniche di ripresa astronomica che si possono fare con questi gioiellini. Restate sintonizzati!

Canon Hack Development Kit (prima parte)

 

Avaro Aprile!

Umby

Questo mese si sta rivelando decisamente un’occasione sprecata per le osservazioni del cielo.
Il fantastico transito di Venere sulle Pleiadi, l’opposizione di Saturno proprio di ieri o l’occasione di osservare il bizzarro fenomeno dell’Ombra di Venere appare dissolversi come lacrime nella pioggia 1.
Anche l’appuntamento con il famoso sciame meteorico delle Liridi 2 pare sfumare, tanto più che quest’anno avveniva senza il bagliore lunare a dar fastidio.

A parte il 25 Aprile 3 che promette di essere un pelino meglio, il maltempo e la pioggia faranno da padroni di questo secondo scorcio di mese ….
piove! mondaccio ladro!