La rana bollita e il Grande Filtro

Sono passati ormai diversi anni da quando ho pubblicato il mio ultimo post. Vuoi per pigrizia, alcuni acciacchi e altri, numerosi, progetti in cantiere che spero di finire, prima o poi. Uno di questi è appunto svecchiare questo bog. C’è ancora molto da fare, ma questo articolo è un inizio.
Ora voglio suggerire il Grande Filtro come un processo già in atto, non come un futuro prossimo o remoto. Magari col botto.

 

1. Il Grande Filtro

Robin Hanson definì il Grande Filtro come l’ostacolo (o la sequenza di ostacoli) che impedisce alla materia inerte di organizzarsi (vita) e diventare civiltà evoluta  [1].
Io aggiungo: che non necessariamente il Grande Filtro deve essere necessariamente una catastrofe col botto come  un meteorite, ma una cottura a fuoco lento iniziata quando la specie ha dimenticato come si regola il termostato.

La rana bollita

Non credo che il Grande Filtro debba essere per forza un evento catastrofico violento come il meteorite di Chicxulub, ma un processo molto più lungo, tipo” rana bollita”.
L’idea che il Grande Filtro sia un processo lento piuttosto che un singolo evento catastrofico è supportata anche da alcuni studiosi, come Anders Sandberg e Peter Søgaard Jørgensen [2] , che suggeriscono che il Filtro possa essere una serie di “trappole evolutive” piuttosto che un unico disastro.
Non necessariamente una civiltà tecnologica potrebbe fallire non per un’esplosione nucleare improvviso o un conflitto, ma per una graduale incapacità di gestire risorse, conflitti o tecnologie avanzate.
La metafora della “rana bollita” è perfetta: l’umanità potrebbe non accorgersi del pericolo finché non è troppo tardi per intervenire.

2. Quando è partito il conto alla rovescia?

Potremmo fissare un inizio convenzionale: 1750, macchina a vapore, carbone, miniere di ferro.
Da allora:
  • +1,5 °C medi globali [3]
  • 150-200 Mld USD / anno di danni climatici solo negli USA [4]
  • fracking, GNL, IA senza vincoli → tutte trappole lente che Sandberg e Jørgensen chiamano evolutionary traps [5].

Ma, molto più plausibilmente, ancora prima.

3. Cooperazione vs. individualismo:
la molla che si spezza

L’Homo sapiens ha sviluppato la sua civiltà proprio grazie a finzioni condivise [6]
Due viraggi l’hanno spostata sul binario opposto:
MomentoDriverEffetto
1550-1700CalvinismoPredestinazione → etica del lavoro individuale [11]Weber, M., & Parsons, T. (2010)
1980-oggiNeoliberismo liquidoMercato > Comunità, ansia, precarietà [12]Bauman, Z. (2020).
Non siamo individui isolati che prendono decisioni in un vuoto razionale. Siamo creature profondamente sociali, guidate da emozioni, relazioni e dall’inconscio, che plasmano chi siamo e come viviamo.
The Social Animal: The Hidden Sources of Love, Character, and Achievement, David Brooks

La cooperazione è stata la chiave del successo umano [7]. La capacità di formare gruppi, condividere risorse e sviluppare culture complesse ha permesso l’evoluzione da piccole comunità di cacciatori-raccoglitori a civiltà avanzate.
Ad esempio, la rivoluzione agricola (circa 10.000 anni fa) e le prime città (es. in Mesopotamia, sulle sponde del Fiume Giallo in Cina, in Mesoamerica come in Nuova Guinea) si basavano su una forte collaborazione sociale,  reti di reciprocità: condivisione di semi, gestione collettiva dell’acqua e difesa comune. Studi antropologici, come quelli in Sapiens [8] e Homo Deus [9], sottolineano che la nostra abilità di creare finzioni condivise (es. religione, leggi e valori) ha reso possibile la cooperazione su larga scala. Non fu quindi la genialità di singoli, ma l’accumulo di conoscenza condivisa (come scrive Jared Diamond in Armi, acciaio e malattie [10].
Invece l’idea che l’individuo prevalga sulla comunità si è affermata con forza soltanto in epoche recenti, specialmente con il calvinismo. 1[11]

l’Illuminismo (XVIII secolo) e il capitalismo moderno.

Ma mentre nel calvinismo delle colonie puritane era presente comunque un forte controllo comunitario (es. norme morali rigide), suggerendo quindi che qui l’individualismo era bilanciato da vincoli sociali, nella versione più liberista queste regole sono state definitivamente infrante.

La glorificazione dell’individuo, del profitto personale e della competizione ha portato a progressi tecnologici ma anche a disuguaglianze estreme. Questo si riflette, ad esempio, nella rivoluzione industriale, che ha concentrato ricchezze in poche mani, o nel neoliberismo degli ultimi decenni, che ha privilegiato il mercato rispetto al bene comune, come ben evidenziato da Zygmunt Bauman [12] nella una critica profonda e articolata alla società contemporanea, centrata sul concetto di modernità liquida e di come la globalizzazione e la perdita di riferimenti stabili (es. lavoro, relazioni, valori) siano fonte di ansia, alimentata da media e politiche che sfruttano l’industria della paura .
Non che l’altro modello alternativo, il marxismo, sia migliore dell’ortodossia capitalista.
Nel marxismo, l’individuo è subordinato alla collettività e alla lotta di classe. Marx vede l’individuo non come un agente isolato, ma come parte di un sistema sociale ed economico (capitalismo, poi socialismo) che ne determina il comportamento e le possibilità. La realizzazione individuale avviene attraverso la partecipazione alla trasformazione collettiva della società, abolendo per legge le disuguaglianze di classe. A differenza del calvinismo, che esalta l’autonomia personale e l’etica del lavoro individuale, il marxismo privilegia la cooperazione e il collettivo per superare lo sfruttamento capitalistico, relegando l’individualismo a un prodotto dell’ideologia borghese. Qui l’individuo è definito dal suo ruolo nella struttura economica (es. operaio, capitalista). Le scelte personali sono limitate dalle condizioni materiali: un lavoratore non è “libero” perché deve vendere la sua forza-lavoro per sopravvivere.
Il marxismo ha ispirato movimenti collettivi (es. Rivoluzione Russa, 1917) che hanno cercato di abolire le disuguaglianze, ma spesso a scapito della libertà individuale (es. autoritarismo sovietico). Questo mostra un paradosso: pur promuovendo il collettivo, alcune applicazioni del marxismo hanno soffocato l’individuo, contrariamente all’ideale di Marx di una società in cui ciascuno si sviluppa liberamente. Senza contare i danni ambientali dove, anche qui come nel capitalismo, si antepone il primato della società umana sulla natura: i disastri ambientali come quello del lago di Aral [13] sono frutto di una gestione delle risorse naturali che non tiene affatto conto delle conseguenze a lungo termine sull’ambiente.
Nel marxismo l’individuo è subordinato alla collettività: la sua realizzazione avviene attraverso la lotta di classe e la costruzione di una società senza sfruttamento, in netto contrasto con l’individualismo calvinista che esalta l’autonomia personale. Marx vede l’individualismo come un’illusione borghese che nasconde lo sfruttamento, e promuove la cooperazione per superare le disuguaglianze. Tuttavia, le applicazioni storiche del marxismo hanno spesso sacrificato l’individuo in nome del collettivo, mostrando un altro rischio del Grande Filtro: perdere l’equilibrio tra i due.

Le opere più enigmatiche e curiose dell’Isola di Pasqua probabilmente segnarono la fine del popolo Rapa Nui. Altre ricerche però sono critiche al riguardo.

Oggi abbiamo tecnologie globali, ma ancora istinti tribali. I social media sfruttano questa dissonanza, polarizzando il pensiero, mentre il mercato continua a premiare chi estrae valore (dati, risorse), non chi crea beni comuni (clima stabile, pace, conoscenza aperta).Un focus eccessivo sull’individuo erode la cooperazione necessaria per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico o l’esaurimento delle risorse.
Nel suo libro Collasso [14], Diamond documenta come società del passato (es. Maya, Isola di Pasqua, Norse della Groenlandia) siano crollate a causa di una gestione insostenibile delle risorse, spesso aggravata da disuguaglianze sociali e mancanza di cooperazione. Ad esempio, sull’Isola di Pasqua, l’élite Rapa Nui ha sfruttato le foreste per costruire statue (moai), ignorando i bisogni della comunità, portando alla deforestazione e al collasso. Diamond identifica cinque fattori ricorrenti: danno ambientale, cambiamento climatico, conflitti interni, relazioni esterne e incapacità di adattamento (ricerche più recenti dell’Università di Oackland, Nuova Zelanda, suggeriscono conclusioni diverse [15]).

Il precedente accenno al fracking (costi ambientali, emissioni di metano) mostra come l’interesse individuale delle compagnie petrolifere prevalga sul bene comune, contribuendo al riscaldamento globale (+1,5°C rispetto al preindustriale). Questo è un chiaro esempio di gestione diseguale delle risorse che rischia di “bollire” l’umanità.

Ma più di tutto, quelle che colpiscono la mia attenzione sono le disuguaglianze economiche: Nel 2024, l’1% più ricco possiede il 50% della ricchezza globale, mentre 3 miliardi di persone vivono con meno di 6,85 dollari al giorno 2 [16]. Questa disparità, come descritto da Diamond, crea tensioni sociali e instabilità, rendendo ancora più difficile superare il Grande Filtro.

Conclusione – Disinnescare il Grande Filtro

Se il Grande Filtro è un processo in corso, non è necessariamente un verdetto. Può essere una prova selettiva, un bivio evolutivo che distingue civiltà capaci di visione da quelle prigioniere di miopia sistemica.

Come mostra Anders Sandberg [17], superare il filtro implica:

  • Pensiero su scala temporale estesa, come suggerito da Ord [18], che considera la sicurezza esistenziale una disciplina cruciale.
  • Etica computazionale e governance del rischio, in linea con gli studi del Future of Humanity Institute [19].
  • Progettazione di sistemi resilienti, che integrino tecnologia e coesione sociale (Sandberg et al., 2018, vedi i riferimenti).
  • Riscoperta del valore della cooperazione, anche attraverso finzioni condivise come mostrato da Harari (2014, 2016, vedi riferimenti), e reinterpretato in chiave sistemica da Jørgensen (vedi riferimenti)

In questo scenario, l’individuo non è rifiutato, ma reinserito nel tessuto collettivo con una nuova consapevolezza: quella che la sopravvivenza, il progresso e il senso si raggiungono insieme, non contro.

“Se il Filtro è un esame evolutivo, l’interrogazione è aperta.
Non basta evitare di bollire: occorre imparare a progettare il termostato. E magari, come suggerisce Sandberg, l’astronave.”

SAY IT AIN’T SO STEPHEN (the last part)

Planets of the apes

Make love, not war Unlike their chimpanzee cousins, the bonobo apes often resort to sex as a social tool for conflict resolution.

Make love, not war
Unlike their chimpanzee cousins, the bonobo apes often resort to sex as a social tool for conflict resolution.

Humans and chimpanzees share much more than a common ancestor some four million years in the past. They share, in particular, a not infrequent and sometimes decidedly disastrous tendency to solve problems with individuals of the same species—even the same social group—by violent means.
It can be argued that in the long run such bad manners do actually offer some sort of evolutionary advantage. Big strong males scaring rivals off mate more frequently, passing their traits along. Hierarchical order enforced through a blow or two to the head helps keep rules from being broken by rogue individuals. Territory is defended fiercely, which results in better survival chances for the tribe. Et cetera.
It is not widely known, though, that chimpanzees do have very close relatives, one of the two species making the genus Pan (the other one being the chimpanzees themselves). The bonobo—or Pan Paniscus, if you really want to be formal—differs from Pan Troglodytes in a just a few details here and there physically, like relatively longer legs, pink lips, dark face, and parted long hair on its head. It all boils down as something very much like what happens with crocodiles and alligators, which would be basically the same kind of creature to the average beholder.
Physically that is. Now socially is an entirely different pair of shoes.

Make love, not war (2) In a few moments of human history there have been pacifist movements on a global scale. The Hippies of the late 60s are an example. But the Hippy culture also had an important historical role for the subsequent technological computer revolution.

Make love, not war (2)
In a few moments of human history there have been pacifist movements on a global scale. The Hippies of the late 60s are an example. But the Hippy culture also had an important historical role for the subsequent technological computer revolution.

Bonobos have been found to drastically lack the aggressiveness exhibited as a norm by chimpanzees—matter of fact, they seem to spend a lot of their awake time engaged in what could be best described as Peace And Love. Literally, in case you were wondering: sexual activity generally plays a major role in bonobo society, being used as what some scientists perceive as a greeting, a means of forming social bonds, and a means of conflict resolution. (They also do not seem to discriminate in their sexual behavior by sex or age, with the possible exception of abstaining from sexual activity between mothers and their adult sons. Male/male or female/female interaction are quite common.) Their unique approach to life does not end there—according to observations in the wild, when bonobos come upon a new food source or feeding ground, the increased excitement will usually lead to communal sexual activity, presumably decreasing tension and encouraging peaceful feeding. (!)
So there. We have basically the same kind of creature, with the same abilities and capacities yet a totally opposite attitude, which does not appear to be the result of any Ten Commandments brought down from the inexistent mountains in the Congo river. It can be rightly argued that such a peaceful bonobo society anyway has not, technologically and scientifically, done a whole lot—no spaceflight, fire, or advanced agriculture—but then neither have the aggressive chimps, come to that.
So at the very least the remote possibility would seem to exist that an alien society on a nearby world could very well be found to virtually lack the worst hostile impulses that have long plagued our own human societies. They, in a sense, would be the bonobos to our Homo Sapiens. Meaning no wars—and more importantly, no Wellsian invasions of neighboring planets.
Absolute certainty? Of course not. But we can hope, we can hope….
It could be pointed out that at any rate aggressiveness has worked for us humans, helping us fend off all those pesky predators to eventually come to rule the world as the dominant species. And yet even we have slowly begun to understand the perils of our ways. We haven’t always been able to stop the lunacy: right up to 1914 virtually everybody and his kid brother in polite society was fond of explaining why wars had become obsolete and totally absurd in the brave new world we had created by then. Yet we had the horrible and totally unprecedented Great War—and, only a few decades later, an even more devastating one ending in a potentially world-ending scenario.
And still.

[…]
but these NIGHTS!
Heights of the summer’s nights, stars above and stars of Earth besides: O to be dead at last and at long last eternally to know the stars… the stars! How, how, how can they ever be forgotten?
[…]
Rainer Maria Rilke: Duineser Elegien

The Cold War didn’t end in a hot one. And when we stepped onto another world, for the first time ever in history, we did it in peace, with no weapons.
The universe did not come with guarantees. There were no guarantees we could achieve the level of knowledge required to explore the Solar System, to take that small step for a man that became a giant leap for all of humankind. There are no guarantees we have brethren of some kind out there in this vast sea of stars around us; intelligences like ours—or vastly different from ours, conceivably—from which we can learn, and keep going on as a society, a species. As there are no guarantees those intelligences, if found at all, will be as peaceful and friendly as we would like them to be.

There’s just the one way to know—to boldly go where we haven’t gone before. For that to happen, we can’t look at the stars above in abject fear and despair. We’ll have to turn to poet Rainer Maria Rilke for the right emotion to feel when looking up at the night sky, when we contemplate the thought that up there we have before us the greatest adventure ever, a journey that hopefully—no guarantees—will take humankind to heights we ourselves today won’t get to see but can dream about:

March 2019

Privacy e manipolazione ai tempi di Facebook

“Lamentarsi di violazione della privacy su Facebook è come piagnucolare se ti toccano il sedere in un’orgia. “

Questa esternazione non è mia ma di Leonardo Pieraccioni, comico toscano.
A seguito dello scandalo che ha travolto Facebook conseguente all’uso improprio dei dati personali di più di 50 milioni di utenti da parte della società Cambridge Analytica, dati usati probabilmente per influenzare l’opinione pubblica per le elezioni presidenziali americane, sono state avviate class action negli USA, da noi sono stati presentati esposti in procura dal Codacons, account cancellati in tutta fretta e così via.
Lo so, sono un bastian contrario per eccellenza, e riguardo a tutto lo sconcerto generato da questa scoperta a me non fa alcun effetto. Mi spiego meglio: i nostri dati, le nostre emozioni, le nostre speranze e paure, le mettiamo lì, in quella che oggi è diventata l’agorà virtuale per eccellenza. E adesso cancellarsi, cancellare il proprio account per rappresaglia o per cercare di tutelare le propria privacy è sia stupido che inutile: un po’ come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati.
Ma davvero credete che basti questo per ristabilire l’ordine delle cose? E poi, quale ordine?
Quando fate la spesa e vi viene proposta la tessera sconto, fate un acquisto online o usate il vostro bancomat per pagare il pieno dell’auto, dite in giro chi siete, quali sono i vostri gusti e interessi e dove vi trovate in quell’istante. Non è l’orwelliano Grande Fratello che vi sorveglia, siete voi come Pollicino che spargete sassolini bianchi per la strada con l’intento di non perdervi.
Un programmino del tutto banale e sciocco, come quelli “Come sarete tra vent’anni” o “Qual’è l’amore segreto della vostra vita” ha avuto accesso ai vostri dati – siamo stati noi ad accettare la sua richiesta di consenso dell’analisi del nostro profilo Facebook – e li ha scaricati da qualche parte per poi usarli a suo modo.
È una bischerata scrivere un programmino simile, Facebook, Twitter, Whatsapp, Google Plus etc. mettono a disposizione di chiunque le API per scrivere applicazioni che si interfacciano in maniera trasparente e naturale con loro. Basta leggere la documentazione di questi strumenti e usarle per i propri scopi, anche non leciti. E credete che chi si occupa di sicurezza nazionale ognuno per il proprio paese (FBI, MI 5, SISDE, Mossad etc.) questo non sappia farlo? Credete davvero che Cambridge Analytica sia lo sola che abbia fatto incetta dei nostri dati per poi rivenderseli a chi ha avuto l’interesse di pilotare le elezioni presidenziali americane? E più in generale: credete davvero alla solenne bischerata che il Presidente russo Putin decida di influenzare e pilotare le libere elezioni democratiche distribuendo meme su Salvini o Di Maio piuttosto che Le Pen o Ollande?
Queste sono bischerate per allocchi, giusto per coloro che vogliono farsi pilotare nelle decisioni e gusti esattamente come quando decidono di usare un dentifricio o un tipo di carta igienica piuttosto che altro e per far berciare allo scandalo chi adesso cerca di strumentalizzare la notizia.

Image result for saponetta radioattivaCent’anni fa era la carta stampata che aveva questo potere di persuasione, la gente voleva bere l’acqua additivata col radio (sicuramente on ottimo lassativo visto gli effetti delle radiazioni sui tessuti molli dell’intestino) perché era scritto sui giornali. Poi fu la volta della radio: Goebbels (capo della propaganda nazista) volle introdurre una radio [1. Il Volksempfänger (in tedesco “il ricevitore del popolo”).] in ogni casa tedesca affinché tutti potessero ascoltare i discorsi di Hitler. La televisione, il cinema e oggi Internet: tutto ciò che è in grado di raggiungere grandi masse della popolazione può essere usato per pilotare le sue emozioni e i suoi desideri.
Non volete che questo vi tocchi? bene, trasferitevi su un’isola deserta senza alcun contatto col mondo esterno, niente PC o TV, radio e l’elettricità per usarli. Forse così sareste al riparo da ogni influenza ma neppure ne potreste produrre voi stessi: condannati all’irrilevanza perpetua più assoluta, il concetto a mio avviso più vicino alla morte.
I media, la scienza, la religione e così via, sono semplicemente strumenti creati dall’uomo esattamente come lo sono un martello, un coltello o un fucile; tutto sta nel come li si usano: un martello serve a tirar su una casa ma può fracassare una testa, un coltello serve a tagliare il pane ma può sgozzare un uomo, un fucile può uccidere una fiera pericolosa e procurarci il cibo per sfamarci ma può anche ammazzare una persona.
Sta a noi decidere come usare questi mezzi o decidere di essere usati: non vorremmo che Facebook o qualche altro Social Network usi i nostri profili per scopi che non vorremmo venissero usati? e allora non divulghiamo certe cose che noi riteniamo private e importanti. Continuiamo pure a postare in giro foto di gattini e di paesaggi bucolici, io mi iscrissi a Facebook nel 2010 per seguire le notizie della NASA e le pagine di scienza in generale, poi da qui mi sono creato la mia piccola comunità di amici di cui sono fiero.
Non consento a Cambridge Analityca, a Putin o ad altri di pilotare le mie scelte perché le mie idee e i miei convincimenti, magari opinabili e pure sbagliati per alcuni, sono fondate sulla mia esperienza e le nozioni sull’argomento che posso raccogliere. Magari anche quelle fonti sono state manipolate, su questo non posso pronunciarmi, ma Internet offre forse per la prima volta nella storia umana la possibilità a chiunque di risalire alla fonte della notizia e di ascoltare più versioni di questa e quindi elucubrare il proprio convincimento.

Ripeto: partecipate pure all’agorà virtuale dei Social Network, ma cum grano salis.

La notte europea dei ricercatori 2017

Possiamo senz’altro dire che questo è l’anno in cui le notizie false (fake news) e la farfugliante battaglia politica contro di esse stanno, per ora, dominando il dibattito.
Trovo quella discussione priva di senso perché senza comprendere il meccanismo che si cela dietro di esse non è possibile curare tale fenomeno, un po’ come combattere un ascesso con un analgesico: si può star bene lì per lì ma l’infezione rimane e si propaga agli altri denti.
Prima di Internet e dei social network c’erano i mitici Bar dello Sport, o le osterie se preferite, dove alcuni avventori, di solito sempre gli stessi, facevano a gara a chi la sparava più grossa o magari si limitavano a raccontare fatti in modo talmente distorto e convincente da stravolgere il significato delle notizie in sé. Ma tutto rimaneva confinato nella sfera di paese e, per il fatto che tutti conoscono tutti, finiva che tali racconta storie venivano bollati per quel che erano e infine erano pochi quelli che continuavano a dar loro credito passando poi per creduloni agli occhi della comunità. Con l’arrivo di Internet e la comunicazione globale diretta tali personaggi non si sono moltiplicati ma hanno acquistato una platea infinitamente più vasta dei soliti avventori di osteria; di conseguenza anche il numero dei boccaloni disposti a dar loro credito è parimenti più ampio mentre il classico meccanismo di autodifesa che funzionava per le piccole comunità su Internet ha perso la sua efficacia.
Poi è la volta delle cancellerie e le segreterie politiche, dove la diramazione di notizie false è prassi piuttosto usata per screditare e denunciare le (presunte) malefatte degli avversari: esempi di questi gesti li si trovano all’inizio della II Guerra Mondiale con l’incidente della stazione radio tedesca nel 1939, o l’altrettanto famoso Incidente del Tonchino che scatenò la Guerra del Vietnam, oppure la ben più recente balla delle fialette di antrace (borotalco) dell’ex Segretario di Stato USA Colin Powell al Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 2003 che portò alla II Guerra in Irak.
Ma non solo: il triste fenomeno delle fake news colpisce anche la scienza. Senza andare troppo lontano nella memoria basta ricordare l’impossibile miracolo promesso dal Metodo di Bella o dallo Stamina di Vannoni che sono costati milioni di euro di sperimentazioni a tutta la comunità italiana, oppure il caso del pittoresco transistor organico del ricercatore tedesco Jan Hendrik Schön che pubblicava un articolo scientifico (falso) mediamente ogni 8 giorni e che rischiò anche di vincere addirittura un Nobel per le sue finte scoperte. Per carità la scienza ha alcuni suoi automatismi che impediscono alle frodi scientifiche e alle fake news di fare danni irreparabili, come l’obbligo di riproducibilità degli esperimenti, la divulgazione dei dati e la revisione tra pari. Ma tutto questo non basta, basta guardare l’attuale dibattito scientifico sul Global Warming o quello appena più vecchio sulla tossicità del fumo del tabacco prima che questa venisse universalmente accettata e che è costata la vita di milioni di persone mentre i dati delle ricerche scientifiche incaricate di valutarne gli effetti venivano alterati o omessi fino alla palese evidenza che qualcosa non tornava.

In verità esistono antidoti alle fake news e le frodi in generale: la conoscenza e la cultura.
Io – parlo per me e le mia povera cultura, ovviamente – per esempio quando sento di apocalittiche catastrofi che stanno per colpire la Terra, come la recente ma periodica bischerata di Nibiru (il Pianeta IX) che starebbe per collidere con la Terra, quella legata al calendario Maya del 2012, o le tante altre scemenze come le scie chimiche degli aerei sorrido, perché so quel che sono: panzane. Ma chi non è dotato delle conoscenze adeguate sul campo preso di mira dalla fandonia — perché questo sono le fake news: bugie create scientemente ad arte — è assai facile da abbindolare. Per questo è importante dare ascolto a chi studia ed conosce quello specifico argomento.
Per questo la Commissione Europea promuove e finanzia ogni anno la Settimana della Scienza e l’evento conclusivo La Notte Europea dei Ricercatori che quest’anno ci sarà il 29 di settembre 2017. Del tema della manifestazione di quest’anno curata da Frascati Scienza ne ho parlato nello scorso articolo, così come l’elenco delle università e enti scientifici che da questa sono coordinate per conto della Commissione Europea.

Conoscere, cercare la verità ovunque si celi, essere culturalmente preparati.  È questo quel che serve per riconoscere una fandonia o una frode, e la Notte Europea dei Ricercatori non è certo la cura ma è un assai promettente inizio da non lasciarsi senz’altro sfuggire.
Certi della Vostra partecipazione, all’evento di quest’anno (29 settembre), Frascati Scienza, la Commissione Europea, io ma sopratutto le migliaia di ricercatori che lavorano e studiano per noi ogni giorno dell’anno vi ringraziamo.

Settimana della scienza 2017

Giorni fa avevo delle faccende da sbrigare a Ciampino — per chi non è pratico dico che è vicino a Roma, poco prima di Frascati — ma essendo in netto anticipo, decido di passar a fare visita a un mio caro amico presso l’osservatorio astronomico di Monte Porzio Catone. Non conoscendo esattamente la strada, come ormai tutti siamo abituati a fare ho semplicemente digitato la località di destinazione sul navigatore satellitare dell’auto e mi sono lasciato guidare fino a destinazione.
Ecco, quello è un perfetto esempio, banale quanto volete, di applicazione pratica della ricerca scientifica di base. Quando nel 1905 un brillante e alquanto squattrinato (dovette accettare un noiosissimo lavoro all’Ufficio Brevetti di Berna per mandare avanti la famiglia) scienziato riscrisse le leggi della meccanica celeste attraverso la nota Relatività Ristretta, tutti si chiesero se avesse un senso pratico riformulare i concetti di corpi inerziali e in accelerazione, e stabilire che la velocità della luce è invariante rispetto al sistema di rifermento. Dieci anni dopo lo stesso brillante e un po’squinternato — in senso buono, ovviamente — scienziato si spinse ancora più in là riscrivendo la teoria di gravitazione e postulando il concetto di spazio-tempo. Ancora i benpensanti si chiesero se servisse a qualcosa sapere se la luce veniva deviata da una grande massa o se se il Sole fosse scomparso noi ne avremmo percepito gli effetti istantaneamente o solo dopo otto minuti. 
Non c’era, ai loro occhi, alcuna utilità pratica in questo sapere; non come l’empirica termodinamica o nelle — allora ancora nuove — leggi dell’elettromagnetismo che avevano appena regalato all’umanità le radiocomunicazioni. Eppure, se oggi possiamo andare in un posto sconosciuto o mai visitato prima qui sulla Terra, lo dobbiamo alla ricerca di base di quel ragazzotto geniale e testardo, Albert Einstein, che sognava di cavalcare un raggio di luce.
Oppure se volete stare più sul recente, non potremmo stare qui su Internet se a cavallo degli anni settanta un gruppo di ragazzotti un po’
nerd (sfigati) non avesse incominciato a trovarsi e a condividere ognuno le proprie idee ed esperienze su circuiti logici e lampadine progettati per tutt’altro che l’home computing (l’Homebrew Club), gettando così le basi per i personal computer.
Provate per un attimo ad immaginarvi di essere coloro che per primi compresero il concetto di ruota e vedere oggi un’autostrada o di fare il bagno dentro una tinozza come Archimede di Siracusa e vedere poi una immensa portaerei nucleare. Le leggi sul rotolamento dei corpi e l’idrostatica esistevano da prima della loro scoperta ma da quando ci sono diventate note abbiamo trovato miriadi di modi per sfruttarle a nostro vantaggio.

Ogni anno centinaia di eventi hanno luogo simultaneamente in Europa e nei paesi confinanti.

Source: RICERCA E INNOVAZIONE: La notte Europea dei Ricercatori 2017

La scienza e la tanto bistrattata ricerca di base sono questo, servono a scoprire e a capire oggi  per restituire a tutto il genere umano qualcosa di concreto nel futuro.  Lo scopo della prossima Settimana della Scienza in programma dal 23 al 30 settembre 2017 è proprio questo: far conoscere — e in qualche caso coinvolgere — al pubblico le più recenti conquiste e ricerche europee in ogni campo scientifico. 
Sì, europee, perché come ogni anno l’evento finale —  promosso e finanziato dalla Commissione  Europea nell’ambito del programma europeo Horizon 2020 — è la Notte Europea dei Ricercatori.
Come anticipato l’anno scorso, il titolo della Settimana della Scienza coordinata da Frascati Scienza rimane il medesimo della volta scorsa: Made in Science. Frascati Scienza si occuperà di dirigere gli avvenimenti organizzati dalla Regione Lazio, Comune di Frascati, ASI, CNR, CINECA, CREA, ESA-ESRIN, GARR, INAF, INFN, INGV, ISPRA, ISS, Sapienza Università di Roma, Sardegna Ricerche, Università di Cagliari, Università di Cassino, Università LUMSA di Roma e Palermo, Università di Parma, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Università degli Studi Roma Tre, Università di Sassari, Università della Tuscia, Astronomitaly, Associazione Tuscolana di Astronomia, Explora, G.Eco, Ludis, Osservatorio astronomico di Gorga (RM), Fondazione GAL Hassin di Isnello (PA), Sotacarbo.

Ora non vi resta che partecipare … numerosi.
Cieli sereni!

Fantasie metropolitane e fenomeno UFO: Conclusioni

Dedico questa serie di articoli a un caro amico che ancora mi sopporta. Si è ammalato così, all’improvviso e io non posso farci niente se non essergli idealmente vicino, aspettando con ansia il momento di poterlo riabbracciare ormai guarito.
Quando uscì il primo articolo pensò che mi riferissi a lui che spesso mi chiedeva in tono scherzoso se per caso non fossi stato rapito dagli alieni anch’io. No, Stefano; non sono stato rapito da alcun ‘lieno anche se pensare, cercare di capire un certo fenomeno e perfino l’atto del dubitare può apparire alieno ai più.

Il Monte Amiata visto da Bibbiano (Buonconvento). Da lì la vetta del monte dista ancora 30 chilometri. In condizioni ottimali di luce e di purezza del cielo si possono ancora scorgere dettagli nelle sfumature dei boschi che lo avvolgono e altri dettagli. Credit: Il Poliedrico.

Per tutta la sua plurimillenaria storia l’uomo ha cercato di carpire i segreti della natura che lo circondava e di interpretare i segni che scorgeva in cielo. Le eclissi per esempio furono all’inizio spiegate come epiche battaglie fra divinità celesti fintantoché i pensatori di quella che fu la prima e più evoluta civiltà dedita alla conoscenza scientifica di quel tempo, la civiltà Classica Greca, non riuscirono a spiegarle in maniera elegante ed esatta. Sì perché la Scienza è innanzitutto elegante; elegante e aggraziata come può esserlo un pregevole brano musicale o una poesia. Anche un fenomeno estremo e imprevedibile come un fulmine è elegantemente spiegato dal Teorema di Gauss senza scomodare idoli perennemente arrabbiati per le miserie umane. 
Ma se credete che la scienza sappia ormai tutto ciò che accade di naturale nella nostra atmosfera vi sbagliate. I fulmini Sprite (Folletto) sono noti solo da 20 anni, I fulmini globulari, probabilmente una versione più energetica dei Fuochi di S. Elmo, pur presenti in letteratura e in numerose testimonianze fin dalla notte dei tempi, non sono mai ancora stati studiati perché essi sono troppo sporadici e imprevedibili.
Ogni epoca ha avuto le sue visioni celesti e chi le ha vissute le ha dato le sue particolari interpretazioni: i primi cristiani vedevano angeli e carri celesti; gli egizi addirittura abbracciarono per breve tempo una fede monoteista basata sul culto del Sole [20], forse per scelta politica o forse in seguito a qualche evento interpretato come segno divino di cui oggi non vi è più alcuna traccia; l’Imperatore Flavio Valerio Aurelio Costantino fece abbracciare la fede Cristiana a tutto l’Impero Romano dopo aver visto in cielo uno scudo crociato [21].
L’atavica attrazione per i fenomeni celesti e atmosferici ha spinto molte persone a credere di vedere le cose più improbabili in cielo, ognuno in base alla propria cultura e periodo storico 1.

Bolide sul Banff National Park, CA. Dec. 2014
Credit: Brett Abernethy

Anche a me è capitato di vedere miraggi e cose nel cielo molto bizzarre.
Ho incontrato giornate talmente limpide e asciutte che il Monte Amiata (abito intorno a Siena, in Toscana) sembrava di toccarlo con una mano, eppure sono 50 chilometri in linea d’aria. Mi ricordo che un inverno, nel paese in cui abitavo, iniziarono ad apparire uno o due cerchi di luce che sembravano danzare tra le nuvole, ma se si prestava attenzione si potevano ancora scorgere a malapena anche quando il cielo era limpido. Il curioso fenomeno appariva in genere dopo cena, il sabato e qualche volta anche la domenica. Qualcuno dei miei amici si spinse fino a parlare di fenomeno UFO. In realtà erano fari pubblicitari — per fortuna poi li tolsero — di una nota discoteca vicino a Chianciano, ben 30 km a sud-est del mio luogo!  
Una volta (nel 1991 o 1992, comunque d’estate), in compagnia di amici, ero a Pienza e stavo andando in un pub che avevamo iniziato a frequentare. Qui assistemmo al passaggio di un bolide estremamente luminoso e assolutamente silenzioso che dietro di sé lasciò una tenue coda quasi invisibile con le luci del paese. L’evento fu spettacolare e durò solo pochissimi secondi. Probabilmente era un bolide del tipo Earth-grazer come lo chiamano gli anglofoni, ossia un meteoroide che ha un angolo di incidenza talmente basso che rimbalza nell’atmosfera superiore dopo essersi incendiato; un po’ come un sasso piatto lanciato di striscio su uno specchio d’acqua. La nostra prospettiva era talmente particolare che a noi sembrò quasi provenire dal basso.
E poi luci riflesse dalle finestre delle case lontane al tramonto, fusoliere di aerei illuminati dal sole, riflessi di pannelli solari dei satelliti in orbita, fenomeni atmosferici singolari come i miraggi, i Fata Morgana e i Fuochi di S. Elmo e così via.  Posso dire che di cose assolutamente bizzarre ne ho viste tante, ma mai una di queste che potesse convincermi della bontà del fenomeno UFO inteso come contatti  o avvistamenti di navi extraterrestri e dei loro occupanti.

Il business UFO

I have come to support less and less the idea that UFOs are ‘nuts and bolts’ spacecraft from other worlds. There are just too many things going against this theory. To me, it seems ridiculous that super intelligences would travel great distances to do relatively stupid things like stop cars, collect soil samples, and frighten people. I think we must begin to re-examine the evidence. We must begin to look closer to home.

Inizio a sostenere sempre meno l’idea che gli UFO siano nella loro fisicità astronavi provenienti da altri pianeti. Vi sono troppe cose che depongono contro questa teoria. A me appare ridicolo che intelligenze superiori viaggino per lunghissime distanze siderali per fare cose relativamente stupide come fermare le macchine, raccogliere campioni di terreno, e spaventare la gente. Credo che dovremmo cominciare a riesaminare l’evidenza. Dovremmo guardare più vicino a casa.

Josef Allen Hynek, astronomo e ufologo

Così come è inteso oggi, il fenomeno UFO è un grande affare: un intricato intreccio di interessi spesso diversi ma che alla fine prosperano sull’ingenuità popolare.
In diverse occasioni i militari hanno saputo sapientemente sfruttare l’occasione, come a Roswell e per l’Area 51, per nascondere piani di spionaggio assai arditi e costosi facendoli passare per UFO. Sicuramente a questo punto alcuni obbietteranno citando le indagini ufficiali militari, come quelle del noto Blue Book Project e di altre agenzie analoghe nei vari paesi. In alcune di queste sono stati citati anche scienziati e astronomi famosi quali testimoni.
È vero, ma nessuna di loro ha mai trovato alcuna prova riguardo a navicelle interstellari o a veicoli provenienti da altre dimensioni e universi paralleli o da un tempo diverso (sì perché ci sono anche teoremi in tal senso), proprio perché non ce n’erano.
Ma è anche vero che la stessa attenzione legata a un possibile, per quanto improbabile, attacco nazista dopo il 1946 si era rivolta verso un nuovo nemico: l’Unione Sovietica. La storia di Kenneth Arnold ingigantita dai mass media e episodi come quello della sonda Mogul n°4 amplificarono l’isteria di massa. Per questo i servizi di intelligence finirono per occuparsene [22]: c’era il sospetto che i sovietici avrebbero potuto usare quelle voci per scatenare un attacco militare oppure che potessero essere entrati in possesso di una tecnologia sconosciuta all’Occidente e molto più avanzata. Nel corso degli anni furono avviate molte indagini sul fenomeno UFO in tutto il Blocco Occidentale. Ognuna di loro però giungeva sempre alla medesima conclusione: nessun oggetto proveniente da altri mondi o comunque alieno aveva raggiunto la Terra.
Ma per l’equazione dei grandi numeri applicata agli esseri umani, quella che il celebre scrittore Isaac Asimov avrebbe chiamato psicostoria, una negazione ufficiale equivale a un assordante assenso. Chiamatela Teoria del Complotto, mania paranoide o sfiducia nelle Istituzioni: ogni volta che viene annunciata una qualsiasi presa di posizione ufficiale su un qualsiasi argomento, ci sarà sempre un gruppo più o meno numeroso, più o meno grottesco o pittoresco che affermerà sempre l’esatto contrario. Accade con i terrapiattisti, con chi nega l’Olocausto nazista e con gli antivaccinisti tout court.

La crisi economica degli anni settanta, la sfiducia generale nelle istituzioni pubbliche ufficiali che più volte erano state scoperte a mentire, fornirono un ottimo terreno per gli speculatori su cui attecchire. La crisi che colpì molte zone rurali dopo la Guerra del Vietnam spinse molte di queste a cercare nuovi orizzonti economici.
Tutto questo portò ad esempio la comunità di Roswell a investire sul turismo scatenato dalla nota favola sul suo incidente. E più o meno a Marfa, in Texas, avvenne lo stesso: le leggende nate intorno alle sue luci fantasma spinsero l’economia turistica locale ben più di quanto le riprese del film Il Gigante abbiano a suo tempo permesso. In mezzo a tutto questo intanto personaggi assai fantasiosi ne approfittarono per scrivere i loro libri infarciti di storie inverosimili e altre invenzioni condite da un pizzico di complottismo e di segreti nascosti a cui la gente malgrado tutto, credeva.

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Credit: Eclecticopedia

Ormai assuefatte dalla cinematografia e dalla televisione dove le intelligenze extraterrestri venivano date per scontate, molte persone iniziarono a vedere alieni e navi aliene ovunque. Un tizio presentò una foto di un momento bucolico con due strani oggetti in formazione e ben evidenti ripresi nel cielo sull’angolo superiore destro vicino al bordo asserendo che al momento dello scatto essi non c’erano. Una analisi della foto appurò che non era stato ripreso alcun veicolo alieno ma che qualcuno aveva spillato con la cucitrice il negativo prima dello sviluppo! Ma non solo: nel 1955 un paio di anziane signore asserirono di aver registrato parte di un messaggio radio alieno [23]; una più approfondita analisi rivelò che quel presunto messaggio alieno altro non era che banale codice Morse 2.
Casi come questi ce ne sono tantissimi, ma altrettanti furono anche i casi di imbrogli e di scherzi di burloni che fotografavano piatti lanciati dalla finestra oppure appesi alle lenze da pesca. Con l’avvento dell’hobby dei droni, il fenomeno dei falsi avvistamenti ha raggiunto vette ancor più sublimi: droni travestiti da astronavi aliene con led e diodi laser, e ancora prima lanterne cinesi, razzi di segnalazione e bengala o palloncini di Mylar riempiti di elio. La fantasia in questi casi non ha davvero limite.

In physics, as in much of all science, there are no permanent truths, There is a set of approximations, getting closer and closer, and people must always be ready to revise what has been in the past thought to be the absolute gospel truth. If I might say, to revise opinions, is one which is frequent in science, and less frequent in politics.

Nella fisica, come accade in quasi tutte le altre discipline scientifiche, non esistono verità permanenti. Esiste [piuttosto] un insieme di approssimazioni che si avvicina sempre più [al vero] e la gente deve sempre essere pronta a rivedere ciò che in passato era considerato come verità assoluta. Se mi è permesso dire, ridiscutere delle opinioni è una cosa frequente nella scienza ma meno nella politica.

Carl Sagan

Dovessimo quindi escludere le prese in giro manifeste, i fenomeni naturali o artificiali non riconosciuti e le missioni militari segrete, del fenomeno UFO non rimarrebbe granché. Qualche caso potrebbe ancora sfuggire alla nostra comprensione perché magari potrebbe esserci ancora qualche lacuna nei dati che lo accompagnano oppure che l’investigazione non ha saputo andare oltre un certo punto.
Comunque, come ebbe a raccomandare anche Carl Sagan, la ricerca della vita intelligente extraterrestre, in altre parole Civiltà Tecnologiche Extraterrestri, non va lasciata in mano a uno sparuto gruppo di manipolatori mediatici senza arte né parte. Per questo motivo esistono tutta una pletora di ricerche scientifiche serie che spaziano dall’astrobiologia alle missioni scientifiche su Marte, il Programma SETI e così via.
E come esistono comunità di appassionati per ogni argomento dello scibile umano, come ad esempio gli astrofili per l’astronomia, troverei altrettanto giusto che ci fossero anche degli appassionati del fenomeno UFO purché le loro indagini seguano un rigido percorso scientifico come il peer review.
Come ho sottolineato nel primo articolo di questo mio speciale sul fenomeno UFO, non è mia intenzione affermare che non esista a priori tale fenomeno, quanto piuttosto dimostrare che una rigorosa indagine scientifica e sociale di fatto non è mai stata compiuta e questo mina ormai la credibilità scientifica a questo genere di ricerca amatoriale. 

A molti fa comodo lo spauracchio UFO quando c’è da guadagnare raccontando fanfaluche in libri e trasmissioni o quando serve celare un fatto scomodo. Ad altri invece serve qualcosa da sventolare alla bisogna per bollare di antiscientifico chi affronta simili argomenti. Ma questa non è scienza, è la sua negazione.

La Notte Europea dei Ricercatori 2016

This European Researchers’ Night project is funded by the European Commission under the Marie Skłodowska-Curie actions

This European Researchers’ Night project is funded by the European Commission under the Marie Skłodowska-Curie actions

L’altro giorno Marcel Fratzscher, docente di macroeconomia all’Università di Humboldt di Berlino e presidente dell’importante istituto di ricerca tedesco Diw Berlin, suggeriva a margine del Forum The European House tenutosi a Cernobbio una via per rilanciare l’Europa in vista delle sfide dei prossimi decenni. <<Credo che la necessità sia ancora quella di riconoscere che la crescente disuguaglianza sociale non sia solo una sfida politica, ma anche una sfida economica che deve essere indirizzata attraverso migliori istituzioni, migliore educazione, accesso all’educazione; queste devono essere le chiavi importanti per l’Europa.>>
Difficile dar torto ad un simile pensiero: l’accesso a una migliore educazione è senz’altro il modo migliore e più efficace per avviare una reale redistribuzione della ricchezza nella società. Una migliore educazione non deve per forza limitarsi alla semplice scolastica. Servono programmi di ben più ampio respiro che comprendono l’educazione civica, il rispetto verso le altre culture e per gli altri, la divulgazione mediale e così via.
Si sente spesso – e a sproposito, secondo me – parlare di europeismo e di anti-europeismo. Lasciammo perdere per un attimo le logiche delle tifoserie partitiche e ricordiamoci per un attimo le tante entità politiche che dividevano il continente europeo fino alla II Guerra Mondiale: tanti Stati in guerra tra loro dai tempi della fine della Pax Romana. Quasi 2000 anni di guerre fratricide, di eterne lotte che variavano continuamente fronte, nome e improbabili alleanze ma sempre con lo stesso denominatore comune: la guerra. Alla fine fu chiaro che non  ci sarebbe mai stato un  vincitore mentre ogni singolo stato poteva aspirare a dominare gli altri con la forza come le dittature nazifasciste avevano dimostrato. Questo fu il motivo che spinse a concepire l’Unione Europea. Una unione democratica di Popoli e non di Stati, dove le risorse economiche e umane sarebbero state dedicate al benessere di tutti i sui cittadini e non alle guerre intestine. Per questo preferisco sentirmi Cittadino Europeo ancora prima che Italiano.
La Notte Europea dei Ricercatori è solo una piccolissima parte di questo lunghissimo percorso. 2000 anni di guerra hanno creato una diffidenza atavica tra le diverse culture europee che spesso non sono sono limitate neppure dai confini geografici delle nazioni. Per superare questa diffidenza occorrerà ben più che 70 anni di storia. Ma questo è già un piccolo e importante passo, una minuscola ma non insignificante tessera del mosaico europeo che dobbiamo faticosamente costruire giorno dopo giorno superando le barriere culturali e nazionali che ancora dividono i Popoli di questo continente.
Il contributo di Frascati Scienza al grande disegno europeo non è indifferente; sono anni che si cimenta nella preziosa opera di organizzazione delle manifestazioni scientifiche nazionali ed europee coinvolgendo in questo le varie entità di ricerca scientifica e università italiane , come dimostrano la prossima Settimana della Scienza (24 – 30 Settembre 2016) e la  Notte Europea dei Ricercatori 2016 (30 Settembre 2016).

È possibile scovare i diversi programmi e le manifestazioni più vicine seguendo questo link messo a disposizione dalla Commissione Europea, dove vengono indicati tutti gli eventi si svolgeranno simultaneamente il prossimo 30 Settembre in più di 250 città in Europa e nei Paesi limitrofi (Ucraina e Turchia, ad esempio), intitolati alla memoria delle opere di Maria Slodowska-Curie.

Gocce nel mare? Forse lo sono ma come dicevano i nostri antenati latini gutta cavat lapidem, ossia la goccia perfora la pietra. E a ben guardare, l’ostilità che più o meno artificiosamente è indotta da coloro che vedono come ostacolo l’Europa Unita è un macigno che deve essere sgretolato per il bene di tutti i Popoli Europei.

Made In Science: la settimana della scienza 2016

manifesto WEBCome è ormai consuetudine da diversi anni ormai, anche quest’anno si rinnova l’appuntamento, dal 24 al 30 settembre, con la settimana dedicata alla scienza e la ricerca europea Settimana della Scienza 2016, che culminerà come sempre con la Notte Europea dei Ricercatori – finanziata dall’Unione Europea  – il 30 settembre prossimo. 
Il titolo del tema scelto per quest’anno e per la successiva edizione del 2017, entrambe curate da Frascati Scienza, è Made In Science.
Ritengo che l’uso dell’inglese nella Terra di Dante spesso sia abusato e fuori luogo, ma in questo caso convengo col suo uso. Esso è il linguaggio universale che consente a tutti i ricercatori europei – e non – di comunicare al di là delle naturali barriere linguistiche. Usare una lingua comune risalta lo spirito europeo della settimana dedicata alla scienza.

Made in Science

Made in … è una espressione che comunemente troviamo nelle etichette di quasi tutti i prodotti con cui veniamo in contatto; indica semplicemente dove quel particolare articolo è stato prodotto o costruito. Ma significa anche altro: realizzato, concepito, etc. Science non ha bisogno di essere tradotto, significa scienza.
Purtroppo – e lo vediamo proprio in queste ore poco dopo il tragico terremoto che ha colpito ancora una volta il Centro Italia – sono tanti i casi di attacchi alla scienza legati alla sua incapacità di predire l’imprevedibile, come se questo sarebbe potuto bastare a scongiurare le perdite umane. Eppure la scienza e la sua ricerca possono fare molto nel campo della prevenzione, che è molto diverso dalla preveggenza, dal rischio sismico; quello che spesso manca in questo caso così attuale è la volontà di seguire le indicazioni che da sempre offre la scienza.
Lo stesso vale nella medicina, dove molto spesso ciarlatani e finti guaritori guadagnano gli onori di cronaca conducendo battaglie contro la medicina ufficiale (antivaccinisti, dietologi improvvisati e sciamani) finché come purtroppo sempre accade il conto è poi amaro.
Però, e questo va sempre sottolineato, la scienza da sola non basta. Occorre che tutte le sue scoperte e innovazioni siano conosciute e condivise; in altre parole, comunicate e fatte conoscere. Non basta la buona volontà dei singoli divulgatori o di poche -sempre troppo poche – testate editoriali che spesso pochi o nessuno legge, serve che la divulgazione scientifica non si fermi mai.
Quindi ben vengano iniziative come La Settimana della Scienza e il suo importante epilogo Notte Europea dei Ricercatori, curata per la parte italiana da Frascati Scienza insieme ai più importanti enti di ricerca nazionali (ASI, CNR, ENEA, ESA-ESRIN, INAF, INFN, INGV, ISS, CINECA, GARR, ISPRA, CREA, Sardegna Ricerche). Ben vengano le iniziative scolastiche, i seminari aperti al pubblico dei sempre più numerosi atenei italiani che parteciperanno a questo evento, consci però che tutto questo appena scalfisce il triste muro di gomma che i più vari ciarlatani cercano di frapporre continuamente tra la scienza e il pubblico. Esse non saranno mai abbastanza; le più diverse attività scientifiche e di ricerca non cesseranno dopo questi spettacolari eventi ma andranno avanti per promuovere e garantire negli umani limiti la sicurezza e il benessere di tutto il genere umano, occorre però anche un sano spirito critico e di apertura da parte del pubblico ogni volta che si parla di scienza.

E qui si torna al significato più profondo del titolo scelto come tema comune della settimana: Made in Science potremmo tradurlo in Realizzato nella Scienza o Concepito Scientificamente. Una garanzia che tutto quello che vi è presentato sotto questo marchio non è una stupidaggine.

Notte europea dei ricercatori 2015, ci siamo!

visualSempre più spesso sentiamo parlare nei notiziari di disastri naturali o addirittura ci è capitato di vivere quei tristi momenti in prima persona. Spesso questi tristi eventi mietono vittime tra la popolazione e sono causa di ingenti danni economici. Purtroppo fenomeni come il Global Warming e la depauperazione delle risorse e del territorio possono trasformare anche  un banale forte acquazzone agostano in una catastrofe (come di recente è capitato in Toscana e in buona parte del Sud Italia).
Per risolvere questi problemi non basta parlarne ma occorrono soluzioni concrete. Non basta riempirsi la bocca di decrescita felice o proporre il ritorno alla bucolica vita preindustriale come spesso si vede inneggiare sui social network e nei convegni New Age.
Non è pensabile una regressione agli schemi di vita preindustriale, e in un mondo sempre più interconnesso parlare di localismo non è proprio il caso. La risposta sta nella ricerca, anche in quella più lontana dalle ricadute pratiche immediate che cade nell’abusato termine di ricerca di base. Chi chiede oggi a cosa serve cercare acqua su Marte, scoprire quanto pesa il bosone di Higgs, la natura dei neutrini solari, lo fa con lo stesso spirito di chi criticava Alessandro Volta che faceva sgambettare le zampette di rane dissezionate, di chi dava del pazzo – invitandolo ad andare magari alla Longara – a Guglielmo Marconi 1 con i sui esperimenti con i rocchetti di filo, a chi pensava che fosse inutile lo studio dei fenomeni fotoelettrici di Einstein.
Se oggi abbiamo le telecomunicazioni a lunga distanza, se possiamo programmare le sonde ai confini del Sistema Solare, la telemedicina e tantissime altre scoperte ed invenzioni che hanno arricchito questo mondo lo dobbiamo a quei veri Indagatori del Mistero del passato, molti dei quali non hanno nemmeno una targa che li ricordi. E se vogliamo che ci sia ancora un domani, che quelle che ancora ci sembrano sfide impossibili come contrastare le tempeste, sconfiggere malattie per ora incurabili, resistere alla forza dei terremoti e così via, dobbiamo avere fiducia nella scienza e nella ricerca. Le basi per uno Sviluppo Sostenibile partono proprio da qui.
banner-700x300E proprio per vedere lo stato dell’arte della ricerca scientifica italiana, il prossimo 25 settembre ci sarà la Notte Europea dei Ricercatori, un appuntamento [cite]http://goo.gl/T1KYMD[/cite] annuale giunto alla sua decima edizione, un importante progetto promosso e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma europeo Horizon 2020. che chiuderà la Settimana della Scienza, una kermesse di 7 giorni di eventi e dibattiti scientifici organizzate da molte università italiane. Unica coordinatrice della serata per l’Italia è l’Associazione Frascati Scienza.
Gli eventi previsti in tutta Italia sono tantissimi, è praticamente impossibile raccoglierli e descriverli tutti, qui potrete trovare solo un elenco di alcuni di questi previsti per il 25 settembre [cite]http://goo.gl/3f2y2U[/cite], oppure provate a chiedere il programma presso le segreterie della vostra università più vicina e, nel caso fosse una di quelle che ancora non partecipano, beh chiedete di farlo nelle prossime edizioni 🙂


Note:

BRIGHT 2015

Questo simpatico spot per la Notte Europea dei Ricercatori anno 2015 è stato realizzato dall’università di Pisa, coordinatrice per la Toscana dell’importante evento promosso e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma europeo Horizon 2020 e coordinato per l’Italia  dall’Associazione Frascati Scienza.
Il 25 settembre prossimo, ossia il quarto venerdì del mese, saranno proposti al pubblico incontri, dibattiti e dimostrazioni dalle diverse università europee con lo scopo di promuovere il mondo della ricerca, oggi più che mai impegnato per risolvere le sfide future: dalla sostenibilità (il tema principale di questa manifestazione), fino alle emergenze climatiche in atto, solo per citarne un paio. A questo appuntamento internazionale, che ha raggiunto quest’anno la sua decima edizione, si sono aggiunte dal 2012 le Università toscane.
Il  titolo scelto per la notte toscana è lo stesso dello scorso anno, BRIGHT, un aggettivo inglese che indica l’atto di splendere, di luccicare, giusto per sottolineare il tenace lavoro dei ricercatori di questa regione nel cercare di comprendere tutto quello che ancora è inspiegato e sconosciuto1. Con questa scelta si è anche voluto rendere omaggio all‘Anno Internazionale della Luce, proclamato dall’Assemblea Generale dell’ONU  (International Year of Light and Light-based Technologies o IYL) [cite]http://www.light2015.org/Home.html[/cite].
BRIGHT 2015 prevede attività in ben sette città toscane: Firenze, Pisa, Siena, Arezzo, Cascina, Lucca, Prato.

Molti altri sono gli atenei italiani impegnati nella Notte Europea dei Ricercatori, come è possibile consultare dalla pagina interattiva dedicata [cite]http://ec.europa.eu/research/researchersnight/events_it.htm[/cite]. Il programma completo per l’Università di Siena-Arezzo è disponibile qui [cite]http://www.unisi.it/bright2015[/cite], mentre per le altre università impegnate nello stesso evento potrete rivolgervi ai loro rispettivi siti o alle loro segreterie universitarie.