Come il V2H può cambiare l’Italia (parte prima)

L’autonomia energetica non è solo un sogno. È una scelta tecnica, culturale e personale. Da un paio di anni vivo in una casa alimentata da un impianto fotovoltaico da 8 kWp, con 15 kWh di accumulo e una gestione intelligente orchestrata da intelligenza artificiale. Risultato? La mia ultima bolletta bimestrale è di 48 €, di cui 16 € sono il canone TV. Il resto è energia. E anche quella, è tutta mia.

Ho dovuto, malvolentieri, suddividere l’articolo i due tronconi: ci sono troppe cose da dire rispetto al tempo di attenzione di un lettore medio. Questa m’è parsa la soluzione migliore per tutti, e ne varrà la pena aspettare qualche giorno affinché l’importanza di un veicolo elettrico V2G e del fotovoltaico casalingo con accumulo venga compresa al meglio dal lettore.
Nel prossimo, le considerazioni finali.

L’auto come batteria: il concetto di V2H/V2G

Con l’arrivo della mobilità elettrica, le auto non sono più solo mezzi di trasporto. Sono accumulatori mobili da 60–100 kWh, parcheggiati per il 90% del tempo. Il V2H (Vehicle-to-Home) permette di scaricare energia dalla batteria dell’auto per alimentare la casa. Il V2G (Vehicle-to-Grid) consente di immettere energia nella rete nazionale, contribuendo alla stabilità e ricevendo compensi.

 

Simulazione: un milione di auto elettriche V2G

ParametroValore stimatoNote / fonte
Numero di auto V2G1.000.000
Plausibile al 2028-2030 (oggi ~334k EV totali, proiezione PNIEC: 6,5M al 2030).
Percentuale attiva contemporanea50% → 500.000 autoBasato su soste medie (notte/lavoro), ~50% connesse in orari di picco.
Capacità media batteria60 kWh (conservativa)Media attuale 53 kWh; sale con nuovi modelli.
Energia disponibile per V2G50% della batteria → 30 kWh/autoLimite per non intaccare mobilità; ciclo round-trip 80%.
Totale energia disponibile500.000 × 24 kWh = 12 GWhUtile per ~1-2 ore di scarica di picco.
Potenza media erogabile/auto3 - 7 kW (scarica controllata, non massima)Conservativo; fino a 7 kW domestico, 22 kW aziendale.
Potenza istantanea totale1.5 - 3,5 GWDipende da aggregazione; es. 500k × 3-7 kW.
Impatto sulla rete nazionale
12 GWh di energia immediata disponibile → sufficiente a coprire:
Il fabbisogno giornaliero di 2 milioni di abitazioni (media 6 kWh/giorno/abitazione)
1.5 - 3.5 GW di potenza istantanea → pari a
circa una grande centrale nucleare.
O il 10–15% del picco serale medio italiano in inverno

 

La rete italiana (gestita da Terna) ha un picco di domanda attuale di circa 56 GW (luglio 2025), con consumi medi giornalieri di circa 800 GWh. Un parco V2G come immaginato nella simulazione agirebbe come una batteria distribuita mobile: essa assorbe senza sforzo gli eccessi rinnovabili (ex. il solare diurno) e rilascia in picchi serali, stabilizzando la rete senza bisogno di storage stazionario costoso. Ecco l’impatto stimato, in termini percentuali e benefici:

  1. Su Picchi di Domanda (Peak Shaving)
    • Riduzione potenziale: 1.5-3.5 GW, ovvero il 2.7-6.2% del picco nazionale (56 GW).
    • Esempio locale: A Roma, stime Areti indicano circa 400 MW solo con lo smart charging più il V2G iniziale; su scala nazionale si potrebbe arrivare a 2-4 GW con un milione di auto.
    • Beneficio: Eviterebbe blackout o investimenti di rete per un risparmio di circa 1-2 miliardi di euro fino al 2030.
  2. Su Energia Totale e Integrazione Rinnovabili
    • 12 GWh netti equivalgono a circa l’1.5% del consumo giornaliero, stimati oggi 800 GWh, ma concentrati tutti in 2-4 ore di picco; questo scenario dimezzerebbe i vuoti serali, integrando il surplus del 10-15% di solare/eolico (oggi al 42% della domanda energetica).
    • Al 2030, con 6.5 milioni di veicoli elettrici V2G (stimati) si otterrebbe un potenziale accumulo totale pari a 300 GWh (pari alla produzione giornaliera di 12 centrali nucleari da 1000 MW), riducendo le emissioni CO2 di 200-300 mila tonnellate all’anno (valore economico 0.8-4.8 €/kWh evitato).
  3. Benefici Economici e Ambientali
    • Economici: Almeno 700-800 milioni di euro all’anno per il sistema (riduzione costi dispacciamento del 40%); mentre gli utenti guadagnerebbero intorno ai 100 €/auto/anno vendendo il surplus di energia.
    • Ambientali: Maggiore quota di rinnovabili significa meno emissioni (la doppia vita delle batterie ridurrebbe il bisogno di litio); il degrado extra batteria <1% in 10 anni con gestione smart.
    • Rischi: Congestioni locali se non aggregati bene, ma mitigabili con le Unità Virtuali Abilitate Miste (UVAM) da 1 MW [1]

Sala tecnica operativa di Terna (RM)

Secondo Motus-E e ARERA [2] il V2G potrebbe diventare una delle leve principali per la transizione energetica italiana, con incentivi fino a 600 €/anno per utente e un significativo – come abbiamo visto — impatto strutturale sulla bilancia energetica nazionale.
In pratica, se anche solo metà delle auto elettriche italiane diventassero V2G-ready, potremmo trasformare il parco circolante in un gigantesco UPS nazionale, capace di assorbire e restituire energia in modo intelligente.

Un esempio molto simile è il californiano V2G Curbside [3] dell’aprile 2025. Il California Energy Commission ha finanziato un progetto da 1.1 milioni di dollari per sviluppare il primo sistema V2G curbside al mondo 1. È stato pensato in collaborazione con UC Berkeley e University of Delaware per creare colonnine bidirezionali installabili sui marciapiedi urbani, dove milioni di auto sono parcheggiate ogni giorno, con l’obiettivo di trasformare le auto elettriche in sosta in risorse energetiche attive, capaci di scaricare energia nella rete durante i picchi e ridurre la pressione sulle infrastrutture elettriche.
Solo in California, si parla di 7 milioni di veicoli leggeri parcheggiati quotidianamente. Se anche solo il 10% di questi fosse V2G-ready, si otterrebbero 21 GWh di energia disponibile in caso di necessità. Il progetto include lo sviluppo del J3068 Active Cable [4], un cavo intelligente che gestisce comunicazione, autenticazione e flussi bidirezionali.

24 Giugno 2025, California. Un Modello Perfetto

il 24 giugno 2025, la California ha vissuto un momento storico. Durante una fascia critica tra le 19:00 e le 21:00, la rete elettrica era sull’orlo del blackout a causa di un picco di richiesta e una produzione rinnovabile in calo (picco +15-20% rispetto alla richiesta prevista). Ed è lì che è entrata in gioco la Virtual Power Plant (VPP) di Tesla e Sunrun: una rete di 25.000 Powerwall domestici aggregati e gestiti in tempo reale.
Sunrun ha dispacciato oltre 340 MW prelevate dalle batterie domestiche in serata, mentre Tesla ha testato un evento con migliaia di Powerwall, iniettando potenza extra durante le ore critiche e evitando blackout diffusi. Si è trattato di un salvataggio da 100 MWh in un colpo solo, simile a una centrale termoelettrica di medie dimensioni ma distribuito e scalabile. E il sistema ha risposto in modo sincrono, stabile e distribuito, evitando il collasso della rete. Il modello  californiano, con la sua straordinaria capacità di adattamento — domanda di picco intorno ai 50 GW, ha tagliato i costi emergenziali per centinaia di milioni di dollari e integrato un 15% di surplus di energia rinnovabile senza ricorrere a nuovi impianti centrali.

In Italia, con i nostri picchi estivi (tipo +7% consumi a giugno 2025), un setup VPP da un milione di auto e accumuli casalinghi potrebbe replicarlo alla scala nazionale, coprendo 1-3 GW extra senza muovere nemmeno un mattone.
L’esperienza californiana dimostra che l’energia decentralizzata è affidabile e che l’applicazione concreta dell’intelligenza artificiale nella gestione della rete elettrica distribuita è in grado di coordinare migliaia di dispositivi privati senza sforzo. E questo è un modello perfettamente replicabile in Italia grazie all’integrazione del modello casa-auto elettrica tramite il V2H/V2G.

28 aprile 2025. Caos nella Penisola Iberica

Il blackout del 28 aprile 2025 in Spagna e Portogallo è stato un campanello d’allarme per tutta l’Europa [5]. In pochi secondi, 15 GW di potenza sono spariti dalla rete iberica, causando oltre 10 ore di interruzione in molte zone e gravi disagi nei trasporti, telecomunicazioni e servizi essenziali. E tutto questo, paradossalmente, in un momento di alta produzione rinnovabile.
Non è stata la sovrapproduzione delle fonti rinnovabili, come qualche incauto il giorno dopo azzardò a proporre, ma una rete non sufficientemente flessibile per gestire sbilanciamenti improvvisi. Più precisamente fu proprio l’assenza di sistemi di bilanciamento del carico elettrico nazionale come sistemi di accumulo distribuito configurati in una VPP attiva a far crollare il sistema o, almeno, questa soluzione avrebbe ridotto di almeno un 40/50% le probabilità di un blackout estremo come quello che si è verificato dando il tempo necessario ai gestori di riallineare gli impianti tradizionali.

28 settembre 2003: Blackout italiano

L’Italia vista dallo spazio la notte del blackout nazionale del 2003

Dopo il blackout del 28 settembre 2003 [6], l’Italia ha invece investito pesantemente in reti intelligenti (le smart grid) con sistemi di protezione e riaccensione automatica, e interconnessioni europee più robuste coi paesi europei più vicini (Francia, Svizzera, Slovenia). Anche i sistemi di accumulo stazionario e fotovoltaico residenziale sono in crescita costante.
L’adozione della normativa CEI 0-21 che ora include anche il V2G [7] consentirà alla rete elettrica nazionale italiana di essere ancor più resiliente di quanto sia oggi.

Ora, immaginiamo di adattare l’ipotesi di cui sopra di un parco di un milione di auto elettriche V2G, esteso magari anche alle batterie domestiche per chi ha il fotovoltaico: con ARERA che promuove le Unità Virtuali Miste (UVAM [8]) regolamentate dal Testo  Integrato del Dispaccciamento Elettrico (TIDE [9]) dal 2025, è fattibile: aggregatori come Enel X o nuovi player potrebbero coordinare via app, pagando 0.10-0.20 €/kWh per scarica.
Ecco l’impatto stimato da questo scenario:

  1. Sul picco italiano del 28 giugno scorso  (eccesso di rchiesta di energia intorno a 1-2 GW):
    • La VPP coprirebbe il 75-175% dell’extra domanda: 1.5-3.5 GW iniettati nelle 2-4 ore serali di picco dimezzerebbero il calo del fotovoltaico, evitando così onerose importazioni lampo da Francia e Austria (+20% nei prezzi spot).
    • Beneficio: Risparmio rete di circa 100-200 milioni di euro a evento senza emissioni di gas extra,  grazie al surplus  fotovoltaico (Italia al 10% quota, sale al 25% con VPP).
  2. Rispettto al blackout spagnolo (un distacco generale causato dalla perdita di 30-36 GW):
    • Scala nazionale: La rete italiana (picco 56 GW) è simile; una VPP da un milione di auto V2G mitigherebbe  del 5-6% un guasto simile (appoggiandosi comunque anche alla rete europea). Con espansione a 2-3 milioni di auto V2G al 2027,  si raggiungerebbero i 4-7 GW. Abbastanza per tamponare un 10-20% di caduta, dando tempo a Terna per reindirizzare il sistema.
    • Scenario ottimista: In picco di domanda dovuta a un’ondata di caldo anomalo imprevisto,tipo il caso californiano, o un guasto alla rete , nel caso spagnolo, una VPP e le smart grid ridurrebbero i rischi di blackout totale del 40-50%, come in CA.
    • Economicamente: Gli utenti guadagnerebbero per il loro surplus 100-200 €/auto/anno; il sistema nazionale risparmierebbe intorno ai 500-1 miliardo di euro all’anno in investimenti di stoccaggio.

 

Quando la politica distrugge la Scienza

Dubium sapientiae initium, Nel dubbio inizia la sapienza.
Forse con questo post mi attirerò gli strali di molti voi lettori ma ritengo che le dimissioni della Commissione Grandi Rischi sia stato un pessimo autogol della comunità scientifica italiana che stavolta non è andata di là del proprio naso.

Innanzitutto un po’ di storia.

Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile.
Queste sette persone sono stati ritenute colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose dal tribunale dell’Aquila per i fatti del terribile terremoto che il 6 aprile 2009 distrusse la città, uccise 308 persone e causò migliaia di sfollati e senza tetto.
I fatti contestati riguardano una riunione – alquanto irrituale a detta poi di  Enzo Boschi, uno dei condannati, visto che di solito gli incontri avvenivano a Roma – della Commissione Grandi Rischi tenutasi a L’Aquila il 31 marzo 2009, sei giorni prima del catastrofico sisma.
Quella riunione fu imposta dall’allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso che definì la convocazione degli esperti “un’operazione mediaticaperché vogliamo tranquillizzare la gente“, come risulta da una intercettazione telefonica registrata dai Carabinieri per un’altra indagine in cui lo stesso Bertolaso era indagato.
La riunione durò solo 45 minuti e e da esse non uscì alcun verbale, anzi, sempre lo stesso Enzo Boschi rivela che il verbale che appare adesso lui lo firmò solo dopo il terremoto: “Il verbale che mi inchioda non so chi l’abbia scritto, è apparso dopo il sisma, mi hanno fatto mettere una firma quando era già successo tutto”.
Per solidarietà verso i loro colleghi, l’attuale ufficio di presidenza della Commissione Nazionale dei Grandi Rischi – composto dal Presidente, Luciano Maiani, dal Presidente emerito, Giuseppe Zamberletti, e dal Vicepresidente, Mauro Rosi – ha rassegnato le sue dimissioni al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Questi sono i fatti, nudi e crudi.
Penso che le motivazioni della sentenza siano comunque assurde – mi riservo di leggere le carte della sentenza quando queste saranno depositate e rese pubbliche –  e che la pena di sei anni inflitta ai membri della Commissione sia comunque eccessiva,  soprattutto quando in questo Paese chi ruba Denaro Pubblico, chi paga tangenti ai politici (!) in cambio di lucrosi appalti, oppure evade le tasse, non rischia praticamente niente grazie allo smantellamento ininterrotto dello stato di diritto perpetrato ininterrottamente in questi ultimi venti anni di II Repubblica, mentre le carceri sono strapiene di ladruncoli di strada, tossicodipendenti e gente disperata.
Ritengo però che il dolo da parte dei membri della Commissione in quei giorni ci fu, e che sia particolarmente grave perché fatto da accademici che in quel momento abiurarono la scienza, al di là del loro colore o credo politico.
Essi si mostrarono pavidi verso un’operazione puramente mediatica voluta dal governo politico di allora, chinarono il capo con piaggeria al volere del potere politico, cosa che un vero uomo votato alla scienza non dovrebbe mai e poi mai fare.
Non è possibile prevedere i terremoti, lo so e l’ho scritto diverse volte, né con i cassoni per raccogliere il radon, né guardando le fasi lunari, l’allineamento dei pianeti e neppure con i fondi di caffè o le frattaglie di bove.
Loro non potevano raccontare alla popolazione che nessun terremoto di forte intensità sarebbe mai arrivato o che ci sarebbe stato dopo sei giorni, nessuno di loro avrebbe potuto prevederlo. Non erano semplicemente in grado di dirlo e proprio per questo avrebbero dovuto far emergere il principio di precauzione, e quindi il dubbio, dicendo:
Non siamo assolutamente in grado di dire se ci sarà o meno un forte sisma in futuro. Suggeriamo che comunque siano prese misure particolari per evitare – o limitare – una eventuale emergenza almeno finché l’attuale sciame sismico in atto continua la sua attività.
Ma siccome un simile sensato annuncio non uscì – e un finto verbale della riunione apparve solo dopo il terremoto – è fin troppo evidente l’assoluta sottomissione della Commissione Grandi Rischi al volere politico. Questo non è il senno del poi, ma assoluto buonsenso che quella sciagurata sera non emerse.

Infine voglio fare esternare, in questo Paese tutti lo fanno – anche a sproposito, il mio disappunto su come vengono gestite le calamità naturali:
l’Italia è un paese a forte rischio sismico, come lo sono la penisola della California e il Giappone. Nonostante questo innegabile fatto scientifico la stragrande edilizia di questo paese non è costruita su principi e tecnologie antisismiche, tutt’altro: la famosa Casa dello Studente dell’Aquila era costruita in maniera molto approssimativa, con materiali scadenti, come allo stesso modo era stato costruito l’Ospedale San Salvatore dell’Aquila 1, con la sabbia al posto del cemento.
Purtroppo è così, è innegabilmente da irresponsabili non ammetterlo, che molta edilizia italiana sia così malmessa, tangenti, appalti al massimo ribasso e criminalità organizzata hanno prodotto questo in Italia: edifici fatiscenti già prima della loro inaugurazione, levitazione spropositata dei costi di realizzazione e sperpero di denaro pubblico 2.
Un’edilizia moderna e sicura, progettata secondo le ben collaudate regole edilizie adottate negli altri paesi ad elevato rischio sismico avrebbe un positivo impatto sull’economia del Paese.
La messa in sicurezza del territorio dai rischi di disastro idrogeologico ha costi non indifferenti all’inizio, ma ripaga rispetto alle spese da sostenere nelle infinite emergenze che accompagnano i disastri che si sarebbero potuti evitare.

Infine rivolgo un appello al Prof. Maiani affinché ritiri le sue dimissioni e prenda invece le distanze da chi non ha saputo – o voluto – opporsi a una mera manovra politica come fece quando il suo vicepresidente glorificava il terremoto in Giappone come Volontà Divina 3.
La scienza non può e non deve mai scendere a compromessi con la politica, il costo sarebbe poi troppo alto.

Non voglio parlare di (anti)politica!

L‘Italia è proprio un posto strano: tutti sanno che le rivelazioni del pentito di mafia Ciancimino sono roba nota e risaputa da anni, che dell’Utri e il suo compare maggioresono  da sempre contigui agli interessi di mafia come lo era stato Andreotti primadi loro, che esiste un problema di razzismo sottoculturale nelleregioni del nord, che gli industriali italiani preferiscono andare ad investireall’estero dopo aver intascato gli aiuti di stato piuttosto che creare occupazione in Italia, che i nostrifigli staranno sicuramente peggio sotto tutti gli aspetti dei lorogenitori: poi alle votazioni scopriamo che però a noi ci va benecosì, che all’estero ci vedano Italiano: Pizza, Mafia, Mamma, Tv, Vaticano e Mandolino,che in quei trenta secondi dentro l’urna con le nostre azioni stiamo negando un futuro alle successive generazioni perché le vecchiepossano restare abbarbicate ai loro meri interessi di casta: allora dico fanculo a tutti gli italiani, di destra, di sinistra e di centro: questo è ciò che ci meritiamo e ben ci stà!
Mi spiace ma nonostante tutto il mio impegno non riesco proprio a condividerel’idea di queste ore che il PD debba cercare di assorbire i movimenti a 5 Stelle di Grillo e quelli di Nichi Vendola (che poi non sono loro ma di chi vi partecipa): ormai tutto l’impianto della politica, adesso all’opposizione(quella al governo ora è solo un comitato d’affari), è marcia dentro,persone e strutture decotte dalla storia e dagli interessi meramentepersonali dei loro dirigenti che con le loro azioni hanno disgregato lafiducia dei Cittadini nei partiti, il 37% di astensioni alle regionali lo dimostra ed è una cifraimportante. Se è intenzione di ridare una casa e una speranza a questielettori non si può ripartire puntellando una struttura ormai vecchia e fatiscente,bisogna avere coraggio di demolirla e ricrearne una nuova più solida,con basi (i Cittadini) e un’idea di progetto (un Programma) nuovi e vicini agli interessi del Popolo, dovegli aggiustamenti in corso d’opera debbano essere continuamentesottoposti al giudizio di tutti e vincolati da normecomunque inderogabili come ad esempio la nostra Costituzione. Quando io parlo di Politica parlo di Cittadini non di organi di partito, parlo di Personenon di classe dirigente. Ne ho viste talmente tante combinare daipartiti e da singole persone che si sono prostituite per essi che se dico di avere la nausea e il disgusto è sempre troppo poco: nonbasta perciò iniettare cellule sane a un corpo malato di cancro terminale, le metastasi dell'(anti)politica distruggerebbero anche queste.
Scusate lo sfogo ma era necessario.

Il male oscuro della politica italiana

Ci sono state raccontate troppe menzogne, troppa fiducia ci è stata carpita; quello a cui assistiamo ora è il rigurgito di quelle menti che  una scellerata ideologia aveva creato, che si erano ridipinte nell'”anti” per assopirsi un attimo nell’attesa di una rivincita che è  di questi giorni, di questi anni. Ora però è giunto il momento per la Società Civile di progettare il Nuovo Rinascimento Italiano.
Ne avevo già parlato in un mio post precedente, Il patto dello Scorpione, su quali fossero le cause che, secondo me, hanno impedito all’Italia di evolversi in una nazione moderna, capace di competere con le altre moderne nazioni europee nel campo dei diritti civili e nella qualità di vita. Ma c’è un aspetto del nostro rapido declino di cui nessuno , soprattutto nell’area che si vuol definire di centrosinistra, vuol sentire parlare, chi ne parla viene tacciato di essere reazionario o peggio, fascista.
Molti intellettuali che hanno ridato vita all’estinto PCI dopo il periodo fascista, si erano formati nelle scuole di pensiero del `ventennio` e, nonostante manifestassero la loro conversione alla filosofia marxista del primo PCI, dubito che in qualche occasione la loro formazione non si sia fatta sentire, come avvenne ad esempio durante la Rivoluzione di Praga del 1956, quando alcuni esponenti di rilievo (uno) si espressero in favore della repressione sovietica dei moti rivoluzionari con i carri armati, anche se per inciso poi lo stesso ha fatto autocritica verso le  posizioni esposte allora.
Comunque, vista la naturale propensione a cambiar linea di pensiero, o casacca, dell’italico popolo a seconda dei momenti storici imperanti, personalmente sono scettico e non mi fido del ravvedimento (quantunque legittimo) a posteriori di questo: durante l’epopea fascista, finché le cose promettevano gloria e prebende (ad ex le Colonie d’Oltremare) erano tutti fascisti (tranne la solita pattuglia di malcontenti), poi tutti Partigiani, poi dal ’48 tutti repubblicani; anche in quell’occasione ci furono i soliti malcontenti, ma quelli ci sono sempre.
Con la nascita della Repubblica sembrava che tutto il caos susseguente al conflitto mondiale potesse essere risolto, Il boom economico, grandi opere infrastrutturali portarono la scolarizzazione e un certo benessere  più o meno a tutti, mentre un’immane fiume di denaro proveniente dagli Stati Uniti attraverso il Piano Marchall aiutò la ripresa economica del Paese facendo pensare che il periodo oscuro della dittatura fosse definitavamente terminato.
L’Italia, culla di alcune delle più grandi rivoluzioni sociali del mondo, come il Rinascimento, ma anche di feroci dittature come il Fascismo, viveva gli anni della ricostruzione economica con una grande anomalia al suo interno: quello che era il più grande partito di fede marxista di tutta l’area del blocco occidentale, il PCI, forte almeno di un terzo dei consensi dell’intera popolazione, rischiando di far cadere il paese nell’area di influenza del patto di Varsavia. Per questo motivo era importante per la coalizione occidentale che aveva aiutato l’Italia a combattere il nazifascismo, che un partito che si richiamasse all’ideologia socioeconomica opposta e numericamente importante non andasse al governo del paese, e nemmeno che gli fosse consentito di entrare in una coalizione di governo, per questo il Compromesso Storico che si riprometteva di allargare il governo a questa forza fu fatto saltare col rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. In quel periodo il PCI raccoglieva consenso nell’area più povera e sfruttata della società, ovvero dal mondo operaio e contadino nel quale era nato e che segretari di partito come Enrico Berlinguer avevano sempre bene a mente, il quale per discostarsi dal sottobosco di intrecci oscuri che gravitavano attorno al principale partito di governo, la DC, pose al centro della sua azione politica la questione morale del partito, questo anche per tentare di ricucire lo strappo del 1948 di quando Papa Pio XII scomunicò i comunisti italiani.
Alla scomparsa nel 1984 di Berlinguer la questione morale e il mondo operaio persero di importanza nella visione del nuovo PCI, il craxismo fece la sua comparsa sulla scena politica italiana,  permettendo così al sottobosco di interessi ai confini della legalità che prima era secondario nella vita politica, di diventare sempre più forza trainante della politica italiana, culminata nel rampantismo e nella Milano da bere, dove la politica e l’imprenditoria si incominciarono a farla nei salotti e nei night club dove un bottiglia di champagne costava quanto uno stipendio mensile di un operaio non specializzato. Erano gli anni che videro salire il debito pubblico italiano da un rapporto DP/PIL del 58% nel 1980 al 117,4% nel 1993 (secondo un’analisi econometrica del debito pubblico in Italia dal 1980 al 1998 firmata dal Prof. Luca Matteo Stanca nel 2002) ovvero da 224.000 miliardi nel ’80 a 1.813.000 miliardi allo fine dell’anno 1993, l’anno dello scoppio di Tangentopoli.
Ma torniamo ai Figli della Lupa che si erano in qualche modo, convintamente o meno non ha poi importanza, riciclati nel vecchio PCI: fino a che esisteva l’esigenza di affrancarsi dal ruolo di eterno oppositore, il partito si identificava nella base sociale per ottenere la sua legittimazione e poneva al centro del dibattito politico la questione morale. Il ruolo di questi personaggi, che avevano creato una corrente interna al PCI, l’area migliorista, restava in secondo piano, ma come la linea politica di Berlinguer venne meno alla sua morte, ecco che questi, che spesso erano entrati in contrasto con la guida dello storico segretario, stabilirono contatti con l’area socialista ormai craxiana, venendo poi coinvolti anche nelle successive inchieste culminate con Tangentopoli. Nel frattempo con il crollo dell’impero sovietico e del sogno comunista, il PCI cambiò nome in PDS con la svolta della Bolognina, sancendo di fatto l’abbandono degli interessi della classe operaia tra i suoi obbiettivi primari, dando così campo libero all’affermazione di una nuova organizzazione politica che fece man bassa di voti nel ceto operaio: la Lega Nord.
Dopo lo scoppio dello scandalo di Tangentopoli, la gran parte della corrente migliorista, soprattutto nell’area lombarda, espresse forti perplessità alla scelta del segretario Occhetto di dare l’appoggio del PDS alle azioni della magistratura, da loro definite come eccessivamente “giustizialiste”.
Gli esponenti milanesi del PDS che furono oggetto di indagine da parte dal pool di Mani Pulite, da molto tempo vicini ai vertici del PSI milanese provenivano quasi tutti da questa corrente: Giulio Caporali (consigliere d’amministrazione delle Ferrovie dello Stato), Roberto Cappellini (segretario del PDS milanese), Luigi Carnevale (presidente della Metropolitana Milanese), Gianni Cervetti (deputato PDS), Massimo Ferlini (poi membro di Comunione e Liberazione e successivamente esponente di Forza Italia), Lodovico Festa (negli anni ’80 direttore del giornale di area migliorista Il Moderno, finanziato da Silvio Berlusconi e Salvatore Ligresti), Barbara Pollastrini (segretaria provinciale del PDS milanese, vicina ad Achille Occhetto), Renato Pollini (ex-tesoriere del PCI), Sergio Soave (Lega cooperative), Marcello Stefanini e Primo Greganti (l’indagato più famoso del PDS).
Attualmente, molti dei miglioristi fanno parte del PD, divisi tra la corrente di Piero Fassino (già segretario dei DS, e quella “Liberal” (erede principale della tradizione migliorista), guidata da Enrico Morando.
Il Riformista, diretto da Antonio Polito fino alla sua elezione in Parlamento nelle file della Margherita il 13 aprile 2006, è il giornale considerato più vicino a quest’area, oltre che al presidente DS Massimo D’Alema; vi collabora fra l’altro Emanuele Macaluso.
Altri personaggi nati nell’area migliorista del PCI, spiccano i nomi di Massimo Ferlini, Lodovico Festa e Sandro Bondi, che hanno aderito o sono vicini a Forza Italia di Silvio Berlusconi.

Principali esponenti (fonte Wikipedia)

Mario Alicata
Giorgio Amendola
Paolo Bufalini
Gianfranco Borghini
Gianni Cervetti
Gerardo Chiaromonte
Napoleone Colajanni
Guido Fanti
Nilde Iotti
Luciano Lama
Emanuele Macaluso
Giorgio Napolitano
Edoardo Perna
Giovanni Pellegrino
Giovanni Pellicani
Michelangelo Russo
Antonello Trombadori
Lanfranco Turci

Quindi è proprio nell’ambiente migliorista, in questa corrente di vecchi (anagraficamente parlando) che si è maturata la rottura con lo schema della “questione morale” che invece fino ad allora ne era stato vanto, permettendo la copertura, se non in alcuni casi addirittura di corresponsabilità negli atteggiamenti impropri che nel craxismo erano sorti e che col susseguente berlusconismo sono poi addirittura diventati sistema. Come non dimenticare le alquanto singolari pagine pubblicitarie sul giornale di riferimento della corrente (Il Moderno, 500 copie) di Berlusconi e le sperticate lodi su di esso apparse, la legittimazione alla candidatura nel 1994 di Berlusconi quando mancarono di partecipare alla Giunta per le Elezioni (fonti: Wikipedia e la Stampa) quasi tutti gli esponenti di area del centrosinistra creando così il precedente che ne ha poi garantito l’eleggibilità alle successive elezioni, tutte le leggi e leggine che durante la XIII Legislatura dal 1996 al 2001 hanno comunque favorito la Fininvest e la sua proprietà, la mancata risoluzione del conflitto di interessi (bastava che fosse applicata la legge n. 361 del 1957), l’ostinazione di non voler risolvere i problemi reali del paese in tema di salari e di occupazione, anzi, proponendo e di fatto imponendo anche attraverso l’inazione, il concetto della moderazione salariale che ha progressivamente eroso il potere d’acquisto della classe operaia innescando cosi un meccanismo perverso che, riducendo i consumi interni, ha impoverito l’intero paese con Amato, Ciampi e Prodi, personaggi che provenienti comunque da un area politica contigua o vicina all’area migliorista sono poi confluiti nell’attuale PD, erede diretta di quell’area della destra del PCI e con una visione statalista più vicina ad una destra del ventennio che al socialismo liberale di cui discuteva Berlinguer nella sua corrispondenza con il Vescovo Luigi Bettazzi.