la polvere del Falco Pellegrino

La troilite deve il suo nome all’abate italiano Domenico Troili (1722–1792) che nel 1766 assisté alla caduta di un meteorite ad Albaredo (Parma). L’abate non riconobbe la natura extaterrestre della pietra che pensava fosse di origine vulcanica. nel 1862 il mineralogista tedesco Gustav Rose identificò la composizione del meteorite,in una forma di solfato di ferro (FeS) che chiamò appunto troilite in onore dell’abate italiano.

Credit: http://www.jaxa.jp

La sonda spaziale giapponese Hayabusa ha riportato il 13 giugno scorso sulla Terra una capsula contenente campioni di polvere dell’asteroide Itokawa raccolti alla fine del 2005, qui troverete un filmato del rientro.
Come era previsto, la sonda è andata distrutta al suo rientro nell’atmosfera rilasciando la preziosa capsula che ci è giunta intatta. Comunque gli scienziati giapponesi erano in apprensione per il contenuto della capsula, che per quanto era dato loro sapere poteva anche essere vuota. Infatti la missione aveva subito un guasto (uno dei tanti) poco prima di incontrare l’asteroide che avrebbe potuto compromettere la raccolta del materiale meteoritico e invece… dal magico cilindro della capsula sono usciti (non molti) dei campioni di autentico materiale extraterrestre molto, molto interessanti.
Infatti i materiali raccolti narrano di alcuni materiali abbastanza comuni sulla Terra come l’olivina, un materiale  vetroso di origine vulcanica, pirosseni e plagioclasio, con rapporti di ferro/magnesio assai diversi da quelli terrestri,  e da troilite,  un minerale sconosciuto sulla Terra simile alla pirite.

A questo punto, in attesa di analisi più definitive, possiamo tranquillamente dire che la missione Hayabusa nonostante tutto è stata un successo.

Fonte:
http://www.jaxa.jp/press/2010/11/20101116_hayabusa_e.html

Suicidio di una cometa

Credit: spaceweather.com

Credit: http://spaceweather.com

Scoperta dal cacciatore di comete  giapponese Masanori Uchina, il suicidio in diretta di una cometa.
Si tratta probabilmente di uno dei  tanti resti di una gigantesca cometa che andò distrutta circa due migliaia di anni fa che fu osservata anche dal filosofo greco Aristotele.
Oggi questi frammenti vengono chiamati “comete radenti di Kreutz” dal nome di Heinrich Kreutz che nel 1888 studiò le orbite di alcune grandi comete del passato arrivando a concludere che esse potessero essere frammenti di una unica grande cometa che si era sbriciolata passando al perielio troppo vicino al Sole molto tempo prima.

Masaori Uchina non è nuovo a queste scoperte, anche in passato ha identificato altre comete radenti del gruppo di Kreutz [1].

[1] http://sungrazer.nrl.navy.mil/index.php?p=tables/comets_table_2010

Flare verso la Terra dalla regione attiva 1123

Credit: SpaceWeather.com

la formazione 1123 accanto alla 1121 - Credit Spaceweather

Avevamo lasciato qualche giorno fa la regione attiva 1121 che aveva emesso il suo flare di classe M 5,4 uno dei più intensi flare degli ultimi anni, che questa si è affievolita riposizionandosi subito accanto (ad est)  in una nuova formazione di macchie solari, la 1123, che si è mostrata fin da subito esuberante quanto la precedente. Infatti nelle prime ore di oggi 12 novembre, ha prodotto un flare di classe C 4 proprio in direzione della Terra. Si prevedono magnifiche aurore boreali e australi.

Voyager1 trenta anni fa…

Credit: NASA – Saturn’s Kinked F Ring

L’immagine a sinistra ha giusto 30 anni. Fu scattata dalla gloriosa Voyager 1 il 12 novembre 1980. La foto di destra è stata scattata dalla sonda spaziale Cassini che ancora è in stand-by per il piccolo problema dell’altro giorno, ma dovrebbe ritornare pienamente funzionante il 23 novembre prossimo.

Queste immagini mostrano l’anello F di Saturno, notate la diversa risoluzione delle immagini. Le onde ben visibili nell’immagine a destra mostrano gli effetti gravitazionali dei satelliti Prometeo (all’interno dell’anello)  e Pandora (all’esterno) sull’anello.

La zona riccioli d’oro

Credit: Kepler: Graphics.


Questa rappresentazione grafica proveniente dal sito dedicato al telescopio Kepler spiega meglio di mille parole cos’è la fascia «Riccioli d’oro» o «Goldilocks» e come essa varia in funzione della luminosità superficiale della stella del sistema.
La Goldilocks è una  fascia teorica in cui un pianeta riceve abbastanza energia dalla sua stella da permettere l’esistenza dell’acqua liquida sulla superficie  necessaria per la biochimica del carbonio come la conosciamo noi.
Quindi la zona riccioli d’oro seguirà grossomodo la legge dell’inverso del quadrato della luminosità di una stella, ovvero più questa è luminosa più lontana è la zona da essa.
Ad esempio nel lontano passato, il Sole era meno luminoso di oggi, e solo un massiccio effetto serra delle prime atmosfere impedì al pianeta Terra di congelarsi forse definitivamente.

L’importanza di un nucleo fuso

Credit: http://arxiv.org

Le stelle simili al Sole, per quanto stabili e costanti possano essere, hanno la peculiarità di attraversare ciclicamente fasi di turbolenza superficiale che sfociano in spettacolari  eruzioni di materia dalla fotosfera e dalla corona. Sono comunque dispersioni di materia di quantità estremamente piccola in proporzione alla notevole massa della stella e assolutamente ininfluenti per la stella, ma non per i pianeti che la circondano.
Abbiamo visto in un precedente articolo come agli albori del nostro sistema solare il Sole si sia spogliato della polvere e gas che lo circondava durante la fase chiamata T Tauri, dal nome della stella che per prima è stata studiata in questa fase.
Questa fase spogliò anche i pianeti più interni delle loro prime atmosfere,  compresa la Terra che in quei momenti si stava formando. Ora il Sole non è più così esuberante, ormai è quasi un signore di mezza età, ma continua con i suoi ruttini al plasma un po’ come fanno tutte le altre stelle sue simili.

 

Il nucleo della Terra si formò quando si formò la Luna, la Terra era più piccola e probabilmente non ancora del tutto differenziata nelle sue parti interne quando si scontrò con un corpo analogo grande circa quanto Marte. L’impatto fuse completamente di nuovo la giovane Terra permettendo la genesi del suo enorme nucleo ferroso e proiettando il materiale più leggero in orbita dove questo si sarebbe ricondensato formando la Luna

Con la scoperta via via dell’esistenza  di altri pianeti extrasolari rocciosi c’è chi si è chiesto [cite]https://arxiv.org/abs/1010.5133[/cite] se questi potessero sostenere un campo magnetico analogo a quello terrestre in grado di proteggere la vita che possa essersi generata sulla superficie del pianeta.Alla Terra questa attività stellare non dà quasi più alcun fastidio, grazie al suo magnifico nucleo di ferro fluido che genera un immenso campo magnetico planetario in grado di proteggerla dalle radiazioni del vento solare e da qualche bolla di plasma che ogni tanto  viene emessa dal Sole ormai da quasi 5 miliardi di anni. Se non fosse per il suo campo magnetico la Terra non sarebbe un buon posto per viverci, la sua superficie sarebbe costantemente sterilizzata dal vento solare e la sua atmosfera sarebbe molto più sottile. Forse una vita batterica potrebbe essere ancora possibile, magari sotto la superficie al riparo dalla radiazione, ma per fortuna, per noi, questa è solo speculazione.

La sorprendente risposta è che perché possa esistere un nucleo di ferro liquido necessario a produrre le enormi correnti elettriche per generare un campo magnetico  analogo a quello terrestre esiste un limite ben definito: all’incirca attorno alle due masse terrestri.
Oltre questo limite le pressioni e le temperature del nucleo non sembrerebbero consentire l’esistenza di un nucleo di ferro allo stato liquido, anche se è importante sottolineare che le impurità nella composizione chimica, le dimensioni, il tasso di decadimento del  calore, etc… possono alterare le condizioni fisiche necessarie per garantire la necessaria fluidità del nucleo capace di generare un campo magnetico.
Quindi scopriamo che che ci possono essere dei seri limiti fisici  per i pianeti adatti  ad ospitare forme di vita sulla superficie come il nostro: non solo è necessario che il pianeta orbiti all’interno di una zona Goldilocks attorno alla stella che permetta l’esistenza dell’acqua allo stato liquido, ma che anche le dimensioni  di questo siano racchiuse in un arco abbastanza ben definito per ospitare un nucleo di ferro fuso capace di sprigionare un campo magnetico protettivo importante.

Macchie molto brillanti sul Sole

Credit: NASA Solar Dynamics Observatory

La regione di macchie solari conosciuta come  1121, oggi 6 novembre alle 15:36 T.U.  ha scatenato uno dei più grossi brillamenti nei raggi X degli ultimi tempi: classe stimata M 5,4 (per vedere la scala potete consultare questo articolo), provocando un’ondata di ionizzazione  nella nostra atmosfera superiore alterando la propagazione delle onde radio LF.

Questa regione la si può osservare per adesso in basso a sinistra nell’emisfero meridionale del Sole qui. Per ora nessuna di queste eruzioni ha interessato direttamente il nostro pianeta, ma questa regione si è fino ad adesso dimostrata particolarmente attiva, avendo scatenato il terzo flare di classe M in altrettanti giorni.
La rotazione del Sole (antioraria come la Terra) porterà la regione 1121 i n direzione della Terra nei prossimi giorni e, se l’attività esplosiva dovesse rimanere più o meno la stessa, dovremmo attenderci che almeno una nuvola di plasma ci possa investire. Al di là delle bellissime aurore che potrebbe regalarci un tale evento, speriamo che questo non accada.

la sonda Cassini in safe mode

Image credit: NASA/JPL-Caltech

il 2 novembre scorso la sonda spaziale Cassini in orbita attorno a Saturno è entrata in modalità safe-mode, una modalità di sicurezza che sospende l’invio dei dati scientifici verso la Terra tranne i dati sullo stato tecnico della sonda.
Questo mette a rischio il prossimo incontro con Titano previsto per l’11 novembre prossimo, anche se ne sono previsti altri 53 da qui al 2017.
Già altre sei volte la sonda si è mesa in safe-mode, questa modalità viene comandata automaticamente dal computer di bordo ogni qual volta viene riscontrata una situazione che richiede l’intervento diretto dei tecnici da Terra.
Sarà interessante vedere se stavolta ci saranno sedicenti esperti ufologi (vedi Binario Alieno) che invocheranno una mano aliena, o saturnina, sullo spegnimento della sonda per farci un dispetto.

Engineers Assessing Cassini Spacecraft – NASA Jet Propulsion Laboratory.

La 103P/Hartley2 in falsi colori

Ho appena rielaborato con Gimp una foto dell’ormai nota cometa. Così sono venute fuori delle strutture piuttosto interessanti. Premetto che di computer garfica non ne capisco un’acca, magari intervenendo con strumenti software più potenti e avendo tra le mani le immagini grezze e i corretti valori dei filtri da applicare sicuramente il risultato sarebbe sicuramente migliore, ma non mi lamento del mio.

Intanto si può notare una serie di getti sul lato inferiore oltre che sul lato destro della cometa che punta verso il Sole.  La superficie più scura nella parte meno illuminata e la solita forma a patata di ogni buona comota che si rispetti. Chi riesce a trovare altro?