Il brillamento del 22

Classe
Piccco (W/m2) di raggi X tra 1 e 8 Angstroms (I)
X I > = 10-4
M 10-5 < = I < 10-4
C 10-6 < = I < 10-5
B I < 10-6
Un flare solare (o brillamento)  è una esplosione sul Sole che si verifica quando l’energia immagazzinata in un intreccio di campi magnetici (di solito sopra le macchie solari) viene improvvisamente liberata. I flares producono uno scoppio di radiazioni su tutto lo spettro elettromagnetico, dalle onde radio ai raggi X e raggi gamma.
I brillamenti solari vengono classificati in base alla loro luminosità nei raggi X nell’intervallo  di lunghezze d’onda compreso tra gli 1 e 8 Angstrom.
I brillamenti di classe  X sono i più grandi, sono  eventi che possono innescare un radio blackout planetario e  tempeste di radiazioni di lunga durata.
I brillamenti di classe M sono di medie dimensioni e possono causare blackout radio brevi che colpiscono la Terra e le regioni polari. Tempeste di radiazioni più piccole a volte seguono un flare di classe M.
Rispetto agli  eventi di classse  X e di classe M, quelli di classe C  sono piccoli, con poche conseguenze evidenti qui sulla Terra.
Infine gli eventi di classe B sono esigui, poco più di rumore di fondo.
Ogni categoria di brillamenti di raggi X ha nove suddivisioni che vanno da B1 a B9, C1 a C9, da M1 a M9, X1 a X9, in ordine di importanza crescente.
Il 22 settembre, tra le 02:30 e le 06:00 UT, Il Sole ha avuto una discreta attività nell’emisfero settentrionale. Almeno due filamenti magnetici sono diventati instabili provocando un flare  classe B8 sprigionato dal gruppo di macchie solari n° 1109, e una espulsione di massa coronale, qui ripresi nel filmato dal Solar Dynamics Observatory.
L’eruzione è simile a quella del 1 ° agosto, quando un filamento di massa coronale fu espulso scatenando aurore boreali negli Stati Uniti, addirittura fino all’Iowa. Questa volta, però, la massa coronale espulsa non ha investito direttamente la Terra, e quindi non sono state segnalate aurore particolarmente significative .
Potete seguire le evoluzioni della nostra stella a questo indirizzo.
.

L’involuzione della specie: da Darwin alla filosofia del piccione

La cultura che viene oggi promossa dalla televisione e dai programmi trash  io la chiamo la Filosofia del Piccione:
mangiare, bere, sporcare e non capire niente…
(nemmeno quando poi il piccione viene fatto arrosto).

Pennacchio di cenere del vulcano Planchon-Peteroa (Cile)

Questa foto della Nasa ripresa dall’Earth Observing-1, mi ha fatto ritornare in mente un  saggio del celebre Charles Darwin pubblicato per  la Geological Society nel 1838 intitolato “Sulla connessione che esiste tra certi fenomeni vulcanici nel Sud America e la formazione di catene di montagne e di vulcani, come effetti della stessa forza per cui vengono sollevati i continenti1.

Charles Darwin era un naturalista, e nel 1835, anno in cui scrisse il saggio, non si conosceva ancora la deriva dei continenti e le placche tettoniche. Ma non era uno stupido o un visionario, come alcuni integralisti religiosi fanatici del biblico creazionismo vogliono far credere. Vide un plausibile nesso tra il terremoto del 20 febbraio 1835 in Cile, la precedente eruzione del vulcano Osorno a cui assistì e le formazioni geologiche e naturali che osservò esplorando le Ande durante il suo lungo viaggio col brigantino Beagle.
Ora magari alcune supposizioni di Darwin possono farci sorridere, ma lui era figlio del suo tempo e delle sue conoscenze. Oggi abbiamo portato avanti le sue e le nostre conoscenze, quindi se troviamo delle inesattezze sulle teorie di Darwin come ad esempio sull’evoluzione della Vita (non sull’impianto ma sull’interpretazione di alcuni dati) lo si deve unicamente ad una maggiore comprensione che abbiamo oggi della meccanica evolutiva.

Andando oltre Darwin, c’è chi ancora si briga di raccontarci che la Terra è piatta, che Galileo Galilei e  Keplero avevano torto, che l’uomo moderno non è mai stato sulla Luna, mentre gli Antichi 2  facevano le piramidi usando forze occulte e spostavano i blocchi di pietra di Stonehenge col pensiero o magari  con l’aiuto di qualche alieno, come quello che qualche sedicente esperto asseriva avesse  manomesso la Voyager 2.
Quando sento di queste notizie, non so se arrabbiarmi o riderci su, allora mi prende lo sconforto.
Penso alle migliaia di studenti (e mi fermo a questo Paese) a cui è stata tolta la geografia come materia di insegnamento, mentre non viene toccata l’ora di indottrinamento religioso (la chiamo così perché non è insegnamento delle religioni) e si vuole donare loro una Bibbia, forse perché nell’era dei navigatori satellitari non serve sapere i nomi dei fiumi, le regioni che attraversano, i nomi dei mari in cui ogni agosto, come animali al pascolo, vengono spinti, magari pregando che durante il tragitto il mezzo di trasporto non si rompa e li faccia arrivare a destinazione.
Penso a quelli che la mattina nemmeno si vestono senza consultare gli oroscopi, o si rivolgono ai maghi  o alla televisione per ogni problema, quando spesso basta andare dal medico per i problemi di salute o da un amico che sappia ascoltare per gli altri.
Penso alla dilagante ignoranza che sta sommergendo  questo Paese che aveva dato i natali ai Ragazzi di Via Panisperna, Galileo Galilei e Leonardo da Vinci, a centinaia di migliaia di ricercatori poi costretti ad emigrare, nonostante gli innumerevoli sacrifici delle loro famiglie e di loro stessi.
Penso al colpevole disinteresse per la trasmissione della conoscenza contrapposto all’interesse squisitamente politico di avere un popolo ignorante e passivo che non sa porre domande e avanzare  legittime pretese.
Penso all’ignavia della classe politica di questo Paese, succube alle ingerenze illecite e anticostituzionali di uno Stato estero che impone la sua visione limitata, distorta e molto di parte della Scienza in funzione della restaurazione del potere temporale che aveva temporaneamente perso 140 anni fa.

Ora facciamo un gedankexperiment (esperimento ideale): un alieno cosa potrebbe pensare di noi?
Che stiamo regredendo nello stato intellettivo in maniera caotica e disordinata: invece di dare spazio alla conoscenza, la stiamo eliminando dal futuro dei nostri figli,  in compenso diamo largo respiro all’ignoranza e alla superstizione: 2012, Nibiru, il geocentrismo, la Terra piatta, il creazionismo, l’odio per la diversità e l’omologazione del pensiero unico. Sicuramente penserà, a ragione, che non potrà esserci una prospettiva futura per un popolo così.

Come seguire la 103P/Hartley 2 con Kstars

Kstars

Al posto di software spesso costosi e di scarso interesse per un uso puramente amatoriale, si può spesso ricorrere a software shareware o GNU/GPL per ottenere le stesse informazioni a costi pressoché nulli.

Questo è il caso di Kstars, un software disponibile gratuitamente per le piattaforme GNU/Linux e perfettamente integrato nelle soluzioni desktop che utilizzano KDE, ma che si può tranquillamente installare anche sui desktop con GNOME, XFCE etc.
Il problema però è che le mappe integrate in Kstars sono molto vecchie, risalgono al 2006, per cui per oggetti piccoli come comete e planetoidi i cui parametri orbitali debbono essere continuamente aggiornati, ovviamente non sono più validi.
Quello che stò per illustrare è il metodo, prendendo l’esempio dalla 103P/Hartley 2, per illustrare come aggiornare i parametri orbitali nei cataloghi (a noi interessano le comete) di Kstars.

Il catalogo originale di Kstars per le comete si chiama, ovviamente, comets.dat ed è un comune file di testo, ne esistono due copie, una è in /usr/share/kde4/apps/kstars/comets.dat e l’altra in ~.kde/share/apps/kstars/comets.dat, noi andremo a modificare quest’ultimo, così in caso di problemi avremo sempre una copia di riserva pulita.

L’originale, con i veccchi parametri, mostra per la nostra cometa di riferimento:

103P/Hartley 2 53480 1.03718776 0.69956650
13.60743 180.89995
219.86459 20040517.97208 JPL 49

noi sovrascriveremo alcuni valori (quelli sottolineati) con altri:

103P/Hartley 2 53480 1.05593935
0.69544078 13.63163
181.29142
219.77681
20101028.25980 MPC
49


1.05593935 
> è il perielio in unità astronomiche
0.69544078 > è l’eccentricità dell’orbita
13.63163    
> è l’inclinazione orbitale in gradi e decimali
181.29142  
> è l’argomento del perielio in gradi e decimali
219.77681   
> è la longitudine del nodo ascendente in gradi e decimali
20101028.25980  
> è la data del perielio [1]

Per aggiornare i parametri di Kstars c’è anche un altro metodo, che purtroppo però attualmente non contiene i dati per la Hartley 2: basta un  piccolo programmino in java da scaricare dal suo sito che si chiama MpcReader. Per le spiegazioni nel suo uso vi rimando al suo sito, vi suggerisco solo di controllare se avete la ~.kde/ o la ~.kde4/, altrimenti se avete solo la prima create un symlink con il comando ln -s .kde .kde4.
Per i parametri orbitali corretti potrete far riferimento al sito del IAU Minor Planet Center dove sono descritti gli ultimi disponibili.

Come vedete, è semplice modificare i parametri orbitali di Kstars, ora potrete utilizzare Kstars per seguire con successo anche i corpi  minori del Sistema Solare.


[1] http://www.minorplanetcenter.org/iau/info/CometOrbitFormat.html

Notizie dal cielo

Sono colpevole, lo ammetto, di aver tralasciato il Blog. La colpa? la solita: prima le ferie, poi il ritorno al lavoro. Dopo le ferie ci vorrebbero sempre almeno 15 giorni di riposo. Spero che con questa notizia mi perdonerete…

A fine settembre sarà visibile la cometa 103P/Hartley 2, forse la più brillante cometa del 2010, anche se solo attraverso un buon binocolo, e che nella seconda metà del mese di ottobre potrebbe addirittura essere visibile, seppur in condizioni di cieli molto tersi e bui, Luna e meteo permettendo, ad occhio nudo.

La 103P/Hartley 2 è stata scoperta fotograficamente da Malcolm Hartley nel marzo 1986 a Siding Spring in Australia. Il motivo per cui non era stata scoperta prima  risiede nel fatto che un passaggio ravvicinato a Giove nel 1982 ha modificato l’orbita della cometa in quella attuale.

La distanza di 103P/Hartley 2 dal Sole varia da 1,06 UA al perielio a 5,89 UA all’afelio. Il suo periodo è di 6,47 anni.


NGC 869 e NGC 884 Ammasso Doppio di Perseo

Infatti la Hartley 2 transiterà al perigeo tra il 20 e 23 ottobre, ad una distanza dalla Terra di appena 0,114 U.A. (circa 17 milioni di chilometri), mentre il suo perielio avverrà pochissimi giorni dopo, tra il 27 e 30 ottobre, ad una distanza dal Sole di 1,056 U.A. (circa 156 milioni di chilometri) [1].
Questa particolare vicinanza dei due eventi renderà la cometa particolarmente visibile nei cieli boreali, visto che in quei momenti la cometa sarà in transito nell’emisfero nord fino al 9 novembre[2].
Proveniente dalla piccola costellazione Lacerta (Lucertola), si dirige abbastanza velocemente verso Cassiopea attraversando parte della costellazione di Andromeda, passando accanto a Shedir (α Cas) il 30 settembre.
La luminosità sarà in continuo aumento per tutto il mese di ottobre, anche se la Luna purtroppo sarà ostile alle osservazioni nella seconda metà del mese.
Tra l’8 e il 9 di ottobre la Hartley 2 transiterà accanto all’Ammasso Doppio di Perseo, sarà quindi un’occasione imperdibile da osservare e fotografare, meteo permettendo, per coloro che non volessero perdersi questo appuntamento; rivolgetevi pure al circolo astrofili a Voi più vicino, sapranno aiutarvi.

Buono spettacolo.


[1]http://ssd.jpl.nasa.gov/sbdb.cgi?sstr=103P%2FHartley%202;orb=1;cov=0;log=0;cad=0#orb

[2]http://media.skyandtelescope.com/images/CometHartley2-bw.jpg

Caccia più dura agli esopianeti

La ricerca di esopianeti all’interno di ammassi stellari, come ad esempio 47 Tucanae (47 Tuc), sta dando molti meno risultati di quanto inizialmente si era previsto. Ma per questi dati pare esserci una spiegazione che merita di essere narrata.

47 Tucanae

Come illustrano John Debes e Brian Jackson della NASA Goddard Space Flight Center a Greenbelt, Maryland in un articolo che potrebbe essere prossimamente pubblicato sulla prestigiosa rivista Astrophysical Journal, questo è dovuto essenzialmente alle caratteristiche fisiche dei singoli sistemi negli ammassi stellari: quelli più giovani hanno maggiori possibilità di ospitare stelle con sistemi planetari che quelli più antichi.

Finora sono stati scoperti 490 esopianeti, ma come fa notare Debes, essi orbitano per lo più attorno a stelle singole, perché negli ammassi stellari (e nei sistemi multipli in generale n.d.r.) le perturbazioni gravitazionali possono essere abbastanza importanti da espellere gli eventuali corpi planetari;  inoltre, come spiega Jackson, si dovrebbe tener conto anche di un altro fattore importante, la metallicità delle stelle dell’ammasso: più questo è basso, più è antico e meno materia più pesante dell’idrogeno e dell’elio è stata disponibile per la creazione di pianeti.

Ma il lavoro dei due ricercatori non si ferma a queste considerazioni abbastanza scontate, essi hanno elaborato un modello che tiene conto soprattutto di un altro fattore che finora era stato trascurato: le orbite molto strette dei pianeti gioviani caldi, che rappresentano una grandissima percentuale degli esopianeti finora scoperti -anche perché sono quelli che hanno più possibilità di essere scoperti per la loro notevole influenza sulla stella principale- li espone al rischio concreto di venire cannibalizzati dalle loro stelle per effetto delle perturbazioni mareali che farebbero decadere la loro orbita fino a farli cadere sulla stella nell’arco di pochi miliardi di anni.
Qesto nuovo modello spiegherebbe perché all’interno di 47 Tucanae non sarebbe stato finora scoperto alcun pianeta, nonostante che i ricercatori se ne aspettassero almeno una dozzina su circa 34 mila stelle, senza aver bisogno di ricorrere alla scarsa metallicità del sistema per spiegare i risultati del sondaggio, come dice anche Ron Gilliland, dello Space Telescope Science Institute di Baltimora che ha partecipato allo studio su 47 Tucanae.

Rappresentazione artistica di WASP12-B cortesia NASA

In pratica questi pianeti gioviani caldi, orbiterebbero attorno alla loro stella con orbite molto più piccole di quella di Mercurio (sotto gli 8-10 milioni di chilometri) tanto da creare un effetto di marea, un rigonfiamento, sulla superficie stellare. Questo rigonfiamento segue l’orbita del pianeta e ne riduce l’energia, e quindi il raggio, di conseguenza l’azione mareale aumenta in cascata.
Gli ultimi momenti di vita di questi pianeti sarebbe drammatica: l’attrazione gravitazionale della stella strapperebbe via l’atmosfera del torrido  pianeta per poi assorbirlo completamente nella fotosfera (un po’ come accadrà alla Terra quando il Sole diverrà una gigante rossa, ma quella è un’altra storia). Un candidato ideale per questo fenomeno pare che sia già stato scoperto: si tratta di WASP12-B.

Questo nuovo modello indicherebbe che entro il primo miliardo di anni almeno un terzo dei pianeti gioviani caldi verrebbe distrutto.
La bontà di questo promettente studio potrebbe arrivare dalla missione Keplero, che studierà quattro diversi gruppi di stelle, che non saranno densi come un ammasso globulare, ma che hanno un’età stimata compresa tra meno di mezzo miliardo a quasi 8 miliardi di anni, e tutti dovrebbero avere abbastanza materia prima per formare un numero significativo di pianeti.  Se  i calcoli di Debes e Jackson hanno ragione, ci si dovrebbe attendere una quantità tre volte maggiore di pianeti gioviani caldi negli ammassi più giovani rispetto a quelli più vecchi.
Se questo modello verrà dimostrato, la caccia agli esopianeti potrebbe essere ancora più difficile e la stima di questi sistemi planetari caratterizzati dai gioviani caldi potrebbe essere sopravvalutata. Ciò implica che dovremmo osservare per un tempo molto più lungo un gran numero di stelle con strumenti più sensibili per cercare pianeti più deboli per avere una comprensione migliore dei sistemi planetari extrasolari.


La missione Keplero è gestita dal NASA Ames Research Center, Moffett Field, California.

Un altro incidente ad una piattaforma petrolifera a Vermilion Bay, Louisiana

The Coast Guard is reporting that they have responded to a rig explosion that happened 80 miles south of Vermilion Bay Thursday morning.

The accident reportedly happened around 8:00 a.m. Thursday morning. The Coast Guard was notified by Rotor Aircraft of a report of smoke and fire onboard the Vermillion Oil Rig 380.

The rig is reportedly owned by Mariner Energy which is based in Houston, with an office in Lafayette.

Reports say 13 people were on the rig, and they have all been accounted for. One was injured, but the other 12 are reportedly OK

fonte:

Oil rig explosion off coast of Vermilion Bay – KPLC 7 News, Lake Charles, Louisiana.

Comunicazione di servizio

Purtroppo oggi il sito principale http://ilpoliedrico.com/ è rimasto chiuso per manutenzione per l’intera giornata e solo adesso la situazione sembra tornata alla normalità.

Ce ne scusiamo profondamente con i lettori per il disagio arrecato, anche se gli articoli erano raggiungibili su Facebook presso http://www.facebook.com/pages/Il-Poliedrico/110802622270247.

Se doveste avere altri problemi o per chiedere chiarimenti potete contattarci presso ilpoliedrico@ymail.com. Grazie di nuovo.

Un pensiero contro natura

L’altra sera mi sono imbattuto in una trasmissione televisiva in cui erano ospiti due personaggi politici: una ultraconservatrice cattolica e un esponente di primo piano di un partito politico che non esito a definire xenofobo e razzista; non faccio nomi perché non ritengo sia importante menzionare altro di questi personaggi. Entrambi si scambiavano reciproci  ammicamenti amichevoli sulla loro posizione comune contro la pillola RU486, ma spesso ho visto ben più di questo punto di contatto tra due schieramenti che si definiscono di opposte opinioni.
Entrambi i personaggi sopra citati in diverse occasioni hanno mostrato anche altre posizioni comuni: sull’omosessualità o le coppie di fatto, sull’aborto come sull’eutanasia etc. definendo questi argomenti come contro natura, e pertanto condannabili dal loro punto di vista.

Contro natura: tutto ciò che va contro gli ordinamenti naturali.

Allora  per questo è condannabile una trasfusione di sangue? gli esseri umani non possono scambiarselo così, come fosse un paio di mutande.
Rimuovere un tumore chirurgicamente è contro natura, togliersi un dente, mica è naturale rimuovere un  pezzo di corpo, anche se guasto.
Morire in guerra, morire di fame, morire per produrre qualcosa che non è proprio, è contro natura, non è certo naturale morire così.
La castità è contro natura, il rifiuto del  sesso  al di fuori della procreazione è contro natura, la capacità di trarre piacere dal proprio corpo è naturale, innaturale semmai è l’opposto.
Sforacchiare una montagna per farci passare un treno, distruggere le falde acquifere,  alterare il clima,  è contro natura, come lo è disseminare rifiuti in una discarica,  deviare il corso di un fiume per erigere una diga o bonificare una palude per coltivarne il terreno.
Molte, quasi tutte le attività umane vanno contro natura, nel senso che l’umanità ha appreso nell’arco della sua esistenza la capacità di andare oltre le naturali barriere e lo fa, nel bene e nel male.
Ai due questuanti politici, e anche a tutti gli altri che si appellano a condannare qualsiasi cosa perché essa è o va  contro natura, voglio ricordare che anche non usare il cervello e pretendere dagli ascoltatori di fare altrettanto, è e va contro natura.

Una nuova cosmologia che non fa Bang

Uno dei più grandi meriti della scienza è quello senza dubbio di avere il coraggio di ridiscutere tutti i suoi principi senza perdere di vista il suo obbiettivo, che è quello di spiegare razionalmente l’Universo che ci circonda, che sia un batterio o una galassia, un protone o un fiocco di neve, non importa.
Così, quando Wun-Yi Shu, ha proposto una nuova interpretazione del modello cosmologico attuale conosciuto come Big Bang, ho accolto la notizia con curiosità, senza pregiudizi o speranze o scetticismo, plaudendo alla capacità della scienza di rinnovarsi continuamente.

Legge di Hubble
Questa fu proposta da Edwin Hubble nel 1929 per spiegare lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali di oggetti a distanza cosmologica; questa legge indica una relazione lineare tra il redshift della luce emessa dalle galassie e la loro distanza: tanto maggiore è la distanza della galassia e tanto maggiore sarà il suo redshift secondo l’equazione:

z = H0 D/c

dove z è il redshift misurato della galassia, Dc è la velocità della luce e H0 è la costante di Hubble, che secondo gli ultimi studi è di 74 km/s per Megaparsec con un margine d’errore del 4,3%. è la sua distanza,

Wun-Yi Shu ha proposto una interessante lettura partendo dalla metrica di  Friedmann-Lemaître-Robertson-Walker per creare un modello cosmologico che non facesse uso di due concetti non proprio bellissimi: la singolarità iniziale del Big Bang e l’energia oscura.

La singolarità iniziale nasce quando si tenta di risalire alle condizioni iniziali dell’Universo partendo dagli assunti attuali, come il redshift delle galassie e la massa stimata dell’Universo come ci vengono narrate dalle osservazioni astronomiche,  e le leggi fisiche come le conosciamo.
Il primo ad ipotizzare un punto d’origine iniziale fu Georges Lemaître nel 1927, indipendentemente da Alexander Friedmann; in seguito il modello del Big Bang fu esteso per rispondere ai nuovi interrogativi che sia la fisica quantistica (una asimmetria tra barioni e antibarioni nella composizione dell’Universo) che le osservazioni scientifiche (la radiazione cosmica di fondo da Arno Penzias e Robert Wilson nel 1964) fino ad arrivare a l’attuale modello inflattivo proposto da Alan Guth e a Alexei Starobinski agli inizi degli anni ’80.

L’introduzione dell’energia oscura  nell’attuale modello cosmologico si è reso necessario per spiegare le osservazioni che indicano un universo in accelerazione, ma il primo ad introdurre questo concetto fu Einstein con la costante cosmologica, un’ipotetica forma di energia con pressione negativa sul tessuto dell’Universo per contrastare le osservazioni di Hubble che portavano ad una singolarità iniziale. In seguito Einstein dichiarò che introdurre la costante cosmologica fu il suo più grande errore, ma quando fu sviluppata una teoria quantistica della materia, si scoprì  che il vuoto avesse una energia negativa, con una azione antigravitazionale e capace di accelerare l’espansione dell’universo.

L’importanza di c
Spesso c’è la tendenza di pensare che la velocità della luce sia costante, ma non lo è. In un corpo cristallino come ad esempio un diamante la  luce subisce un fenomeno di assorbimento-emissione che riduce la sua velocità a poche decine di migliaia di chilometri al secondo.
c invece è una proprietà dello spazio-tempo che i fotoni raggiungo nel vuoto perché non hanno massa.

Invece Wun-Yi ha reinterpretato le costanti universali come  c (equivalente alla velocità della luce nel vuoto) e la costante di gravitazione universale G rendendole variabili e postulando nelle nuove equazioni di campo dove G/c2 e quindi  G(t)/c(t)2=1. In questa nuova cosmologia in cui la massa si converte in distanza e viceversa -non voglio tediare il lettore con la dimostrazione matematica- l’unica costante invariabile rimane il tempo, quindi non può esistere né un principio (la singolarità iniziale), né una fine temporale (quindi anche se l’espansione dell’Universo accellera non può esserci una fine, ma questa è dovuta unicamente da G/c2 e non un’energia repulsiva oscura), ma una continua rimestura della massa che si converte in distanza equivalente.
Di ipotesi cosmologiche alternative al Big Bang ce ne sono molte e ne nascono in continuazione, ma questa è facile da confutare o meno: finora queste due costanti cosmologiche sono state oggetto di precise misurazioni e niente finora a dato prova della loro variabilità o di questo loro legame. In più questa ipotesi cosmologica, anche se pretende di spiegare alcune incongruenze nella luminosità delle supernove di tipo I nelle galassie più distanti nello spazio-tempo (questo mi fa ripensare all’apparente incongruenza dell’età degli ammassi stellari più antichi con l’età presunta dell’Universo), ma non spiega ad esempio la radiazione cosmica di fondo e la sua origine.
Mi fa anche pensare ad un’altra teoria cosmologica (smentita dalle osservazioni): quella dello stato stazionario di Hoyle, in cui avviene una creazione continua di materia (un atomo di idrogeno per metro cubo per un miliardo di anni) in palese contraddizione con il postulato della conservazione di massa.
Attualmente tutto il castello teorico del Big Bang includendo il modello inflattivo e l’energia oscura è in grado di fare previsioni sullo stato osservabile dell’Universo in accordo con le osservazioni fino a pochi microsecondi dopo il presunto Big Bang e solo quando arriverà una teoria migliore di questa potrò abbandonarla.

Posso dire che questa cosmologia di Wun-Yi non mi convince, neppure sul piano matematico, ma il bello della scienza è proprio questo: pensare e immaginare l’impensabile e avere il coraggio di esporlo, nella Scienza non ci sono gerarchie. la Scienza non ha dogmi o interessi particolari da difendere se non quello di ampliare la nostra conoscenza; pertanto applaudo a Wun-Li Shu per il suo coraggio, invitandolo a continuare nella sua ricerca.