C/2011-L4 PanSTARRS: la cometa di primavera

In questi ultimi giorni mi sono attardato a studiare l’affascinante mondo dei neutrini. L’argomento ha così attirato la mia attenzione che mi sono completamente dimenticato di parlarvi dell’imminente arrivo dell’altra Grande Cometa di quest’anno che tra pochissimi giorni sarà visibile ad  occidente poco dopo il tramonto. Non me ne vogliate, rimedio subito.

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I tempi sono espressi in UT; per l’Italia basta sommare quindi un’ora per ottenere l’ora standard di Roma.
Credit: Il Poliedrico

Se la C/2012 S1 ISON promette di essere una delle più luminose comete degli ultimi secoli 1, la PanSTARRS già visibile nei cieli australi certo non sfigura.

Per ora la cometa è visibile, sempre con maggiore difficoltà a cusa del suo avvicinarsi al perielio, dall’emisfero sud,  mentre già dai giorni 4 e 5 dovrebbe esser possibile scorgerla, magari con difficoltà, nei bagliori vespertini.
La situazione dovrebbe notevolmente migliorare nelle serate successive mentre la PanSTARRS si allontana dal Sole.

La curva di luce prevista per C/2011 L4 PanSTARRS Credit: http://www.aerith.net/

La curva di luce prevista per C/2011 L4 PanSTARRS
Credit: http://www.aerith.net/

In particolare vorrei segnalarvi lo spettacolo del 12 marzo,  quando una sottilissima falce di Luna, Marte e la cometa staranno un francobollo di cielo grande appena 7 gradi.
La curva di luce prevista per la PanSTARRS  indica che comunque già verso la fine del mese la cometa potrebbe diventare invisibile a occhio nudo Consiglio in tal caso l’uso di strumenti a grande campo per non perdersi la conda che adesso punta decisamente verso Nord. Per le effemeridi del giorno e altre informazioni vi invito a consultare il Calendario di questo sito.

Non mi resta quindi che augurarvi un bocca al lupo per le osservazioni e …
Cieli sereni


Carnevale della Fisica n° 41

Qualche anno fa non mi sarei neppure sognato di mettere su un blog; avevo un sacro terrore a scrivere, io. Poi pian pianino ho iniziato e ora sento che invece ho fatto la scelta più giusta. Oggi (su invito di M. Castellani di GruppoLocale.it)  mi accingo ad ospitare l’evento mensile che coinvolge i bloggers scientifici italiani fin dal 2009, il che ovviamente mi rende orgoglioso.

Credit: Il Poliedrico

Credit: Il Poliedrico

Fin da quando la specie umana ha inventato l’agricoltura, millenni fa, si è scontrata con qualcosa di enormemente più grande di lei, la Natura.
L’uomo ha usato tutto il suo ingegno e infine ha vinto. Ha inventato la geometria proprio per misurare il terreno, ha osservato il cielo e inventato l’astronomia, si è guardato intorno e ha scoperto lo scorrere del tempo.

Prima del boom industriale postbellico le campagne italiane erano molto più abitate di oggi.
I contadini si erano tramandati di generazione in generazione un sapere unico che spesso purtroppo era solo orale e che adesso rischia di andare perduto.
Senza saperlo, molte di quelle conoscenze erano intrise di fisica, di chimica, di biologia o medicina.
Scovare quelle perle e metterle a disposizione dei lettori, è questo il tema che scelgo per il Carnevale della Fisica n°41 : la fisica e la saggezza contadina e per questo ho veramente bisogno del vostro aiuto.

Partecipare al Carnevale non è difficile: qui trovate il regolamento, che è veramente molto semplice. Di mio metto la passione e l’amore che da sempre dedico a scrivere questo blog.
Mandate il vostro contributo a questo indirizzo mail che per l’occasione metto a disposizione per tutto il mese di marzo: carnevaledellafisica@ilpoliedrico.com. Il 30 marzo prossimo leggeremo insieme i vostri preziosi lavori su queste pagine, e come sempre
Cieli Sereni

La stupefacente realtà del neutrino

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Comprendere come nel neutrino le diverse masse associate a ciascun sapore si rendono manifeste aiuta a capire come questa particella così elusiva da sfidare anche il Modello Standard sia importante anche per superare il modello stesso. Nato per spiegare il Principio di Conservazione dell’Energia nel processo del decadimento beta, il neutrino forse può aprire una breccia nel solido muro del Modello Standard e indicare la strada verso una nuova teoria quantistica.

Credit: Il Poliedrico

Credit: Il Poliedrico

La realtà quantistica è molto lontana dalla nostra percezione comune. I neutrini esistono in una sovrapposizione di stati di massa definita. Questo è un concetto un po’ complicato da spiegare, ma non è corretto credere che gli autostati 1  di sapore – elettronico, muonico e tauonico – siano gli autostati di massa. I neutrini sono prodotti dell’interazione debole e nascono con un autostato di sapore a  cui corrisponde una certa combinazione degli autostati della sua massa.
Però a parità di energia le tre diverse masse si propagano in modo diverso. Questo comporta che l’autostato di sapore dei neutrini cambierà nel tempo, perché muteranno gli autostati legati alle diverse masse. Le tre diverse masse del neutrino sono legate fra loro da tre angoli di mescolamento a cui però non si sa esattamente a quali masse  o stati siano associati.
Detto così sembra ostrogoto antico, ma lasciate che vi faccia un esempio un po’ più comprensibile, un gedankenexperiment come lo avrebbe chiamato Einstein: immaginate un Pendolo di Newton con tre sfere di massa diverse collegate l’una all’altra da una debole molla. Ora facciamone oscillare una e vediamo che il movimento viene trasmesso alla seconda e poi alla terza sfera dalle molle $k’$ e $k”$ e da questa il moto ritorna indietro fino alla prima, e così via; In questa riflessione ideale immaginate che non ci sia attrito e che il moto continui indefinitamente. Le sfere si trasmettono il movimento seguendo uno schema oscillatorio, che poi è quello che viene osservato nei neutrini. L’angolo $\theta$ è l’ampiezza dell’angolo che le diverse sfere raggiungono rispetto all’asse di riposo.

Il $\theta\ \ 1-2$ e il $\theta\ \ 2-3$ ormai sono conosciuti con una certa precisione: supponiamo che il $\theta\ \ 1-2$ indicasse la differenza di massa tra l’autostato del neutrino indicato con $1$ e l’autostato $2$, leggermente diverso. Il $\theta\ \ 2-3$, più ampio,  quindi dovrebbe indicare la differenza di massa tra l’autostato di tipo $2$ e l’autostato di tipo $3$.
Ma le masse stesse non sono note, così come il loro ordine. Tutto indica che l’autostato $3$ è molto diverso dagli altri, ma è il più leggero o il più pesante fra gli stati assunti dal neutrino?
Un importante aiuto per la comprensione di questo importante rebus viene dai risultati ottenuti a marzo 2012 dall’esperimento Daya Bay 2, che ha dato un valore, piccolo ma non nullo come era stato ipotizzato in seguito a precedenti esperimenti, all’angolo di mescolamento mancante: il $\theta\ \ 1-3$.
Sarà così possibile stabilire finalmente la gerarchia della massa del neutrino e scoprire se le interazioni dei neutrini violano la simmetria materia-antimateria e perché i neutrini si comportano diversamente dagli antineutrini. Questo a sua volta può riuscire a spiegare perché il nostro Universo sia dominato dalla materia 3.

(continua)


Note:

L’enigma dei neutrini solari

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L'interazione debole di un antineutrino elettronico con un neutrone all'interno di un nucleo atomico può spingerlo a decadere in un protone e un elettrone. Credit Il Poliedrico.

L’interazione debole di un antineutrino elettronico con un neutrone all’interno di un nucleo atomico può spingerlo a decadere in un protone e un elettrone. Credit Il Poliedrico.

Abbiamo visto nello scorso articolo che i neutrini sono delle particelle molto particolari, non solo per la loro impalpabilità – interagiscono solo con la forza nucleare debole e la forza gravitazionale – ma anche perché pur essendo una particella sola può assumere tre diversi stati diversi tra loro che si differiscono nella massa, mentre il Modello Standard pur prevedendo  i tre tipi diversi di neutrino associati ai tre leptoni (elettrone, muone,tau) li propone senza  1.
Ma è appunto la massa che permette ai neutrini di oscillare, ossia di cambiare stato, o sapore come volete chiamarlo.
Già con i primi esperimenti di lettura della quantità dei neutrini provenienti dal Sole fu chiaro che qualcosa non andava: i conteggi dei neutrini mostravano che solo un terzo dei neutrini elettronici arrivava sulla Terra rispetto alla quantità prevista per mantenere il Sole acceso. Dunque, o qualcosa non andava nelle reazioni termonucleari del Sole oppure ⅔ dei neutrini elettronici prodotti dalla catena  protone-protone trovavano il modo di non farsi vedere.
La risposta che ora appare evidente è che durante il loro cammino di 150 milioni di chilometri molti neutrini cambiano sapore e che quindi sfuggono ai rivelatori.

Possiamo considerare ogni neutrino come una miscela delle tre diverse masse caratteristiche al loro sapore che continuamente interferiscono l’una con l’altra come fanno frequenze radio diverse, sommandosi o abbantendosi ritmicamente cambiando le loro proporzioni. La probabilità di trovare un dato tipo di neutrino ad una certa distanza dal punto in cui è stato creato dipende valori chiamati angoli di mescolamento (indicati con la lettera greca theta $\theta$), che esprimono la proporzione tra le diverse masse – autostati –  1, 2 e 3 del neutrino.

(continua)


Note:

Neutrini nel Modello Standard

SAPORI_NEUTRINOVi ricordate i neutrini e le loro controparti anti?
Sicuramente sì, non fosse peraltro per la figura cacina del famoso “tunnel Gelmini” su cui non mi dilungherò oltre per non infierire.
Comunque sappiate che ogni secondo il nostro corpo è attraversato da almeno 50 mila miliardi di neutrini provenienti per la maggior parte dal Sole, ma anche dalle centrali atomiche presenti sul nostro pianeta, da quelli prodotti dal decadimento beta delle rocce terrestri, etc. Addirittura anche noi curiosamente produciamo i nostri neutrini, dal decadimento naturale del potassio 40 presente nei nostri corpi.
I neutrini sono ovunque nell’Universo ma non avendo quasi massa  e nessuna carica elettrica questi interagiscono pochissimo con la materia ordinaria: un muro  di piombo spesso un anno luce riuscirebbe a fermare solo la metà dei neutrini che lo attraversano.

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Qui si parla di “autostati di sapore del neutrino”, in analogia on i “sapori” dei quark; questi ultimi, però, oltre ad essere in numero doppio (6 invece di 3), identificano gli autostati di massa e non quelli dell’interazione debole di corrente carica.

Scoperto solo nel 1956, ma teorizzato da Wolfgang Pauli nel 1930 per spiegare il decadimento beta e battezzato nel 1934 da Enrico Fermi, nel 1962 si è capito che non esiste una sola natura del neutrino, ma che esso è uno e trino, cioè capace di trasformarsi nel tempo da un tipo all’altro, come potete vedere dal disegno qui sopra e dalla tabella qui accanto.
I fisici chiamano la capacità del neutrino di mutare da un tipo all’altro oscillazione dicendo che il neutrino ha cambiato sapore 1.
E proprio questa capacità del neutrino di oscillare fra i tre diversi stati indica come il Modello Standard 2 sia così accurato.

Cercare i neutrini da studiare non è difficile.
Si possono prendere i neutrini solari, che sono prodotti dalle reazioni di  fusione termonucleare nel nucleo del Sole – catena Protone-Protone – di sapore elettronico, oppure quelli prodotti dai raggi cosmici che collidono con gli atomi della nostra atmosfera che possono essere dei tre diversi sapori, oppure si possono produrre sparando protoni adeguatamente accelerati contro un bersaglio di grafite, così si ha anche il più completo controllo del fascio uscente piuttosto che aspettare che Madre Natura ci dia il neutrino giusto, al posto giusto, al momento giusto e nella direzione che si vuole.

Quindi per ottenere dei neutrini non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il problema è semmai riuscire a vederli.
Una particella così piccola da quasi non avere massa, che si muove quasi alla velocità della luce 3 e che non ha carica elettrica, riuscire a vederla direttamente è impossibile, ma se ne possono vedere gli effetti indiretti mentre occasionalmente un neutrino interagisce con un atomo di un mezzo che funge da rilevatore. Questi effetti possono essere un flusso di particelle cariche oppure lampi di luce Cherenkov, o anche trasmutazioni chimiche, come accadeva ad esempio nei primi rivelatori al cloro-argon secondo una felice intuizione di Bruno Pontecorvo 4.
Pertanto se – per ora – pare impossibile catturare un neutrino, è possibilissimo invece vedere e misurare gli effetti del suo passaggio. Tutto sommato basta aguzzare l’ingegno!

(continua)


Note:

Errare Humanum est

Umby

Mi spiace. Forse ho peccato di presunzione, o forse di leggerezza. Fate voi. L’importante è riconoscere i propri errori e cercare sempre di porvi rimedio.
Fatto è che le mappe che in precedenza avevo pubblicato per il passaggio ravvicinato dell’asteroide 2012 DA14 le ho tolte perché sono sbagliate e non vorrei essere successivamente accusato di avervi fatto mancare l’appuntamento del 15 febbraio.
Il principale problema è che è molto difficile ottenere delle effemeridi abbastanza accurate del piccolo asteroide usando software non espressamente dedicati all’elaborazione di coordinate celesti per piccoli corpi. Ce ne sono alcuni 1 che assolvono proprio questo compito, ma non li conosco abbastanza per potermi esprimere.
Il vero problema per cui software come Stellarium, C2A, etc. falliscono è che l’asteroide 2012 DA14 è troppo piccolo rispetto alla Terra e passerà troppo vicino al nostro pianeta perché questi possano dare previsioni abbastanza accurate della traiettoria in cielo del piccolo sasso.
Per avere dati più accurati possibile e poterveli quindi offrire sulla sua specifica pagina del calendario, ho fatto ricorso al programma online Horizons del Jet Propulsion Laboratory / Solar System Dynamics.
Il programma Horizons è disponibile per chiunque e offre diversi metodi di accesso, via telnet, via mail o via web, però restituisce solo coordinate celesti in ascensione retta e declinazione, niente forma grafica quindi, comunque necessarie per centrare l’asteroide o la cometa cercata. Certo una proiezione grafica per chi si approccia con un binocolo o ad occhio  nudo avrebbe fatto comodo, vedrò in futuro di attrezzarmi in questo senso.
Pertanto qui rinnovo il mea culpa per le mappe sbagliate che nel frattempo avevo pubblicato sul calendario, pregandovi di usare piuttosto le coordinate celesti prodotte da software ben più sicuri come Horizons. Vi prometto che in futuro farò più attenzione, perseverare autem diabolicum.


La nebulosa Lamantino e il suo microquasar SS 433

L’uomo ha sempre inteso scorgere figure a lui familiari in ogni dove 1, nelle nuvole come nella volta stellata, proiettandovi immagini di miti e leggende, facendo nascere così le costellazioni, così diverse da cultura e cultura eppure tutte egualmente degne di essere conosciute. Forse un giorno ve ne parlerò.  

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Pensate di scorgere la figura di un lamantino – una specie di grosso tricheco senza zanne – nel cielo e ampia circa 700 anni luce, per noi grande quanto quattro lune piene, in direzione dell’Aquila. Questa è W50 2, conosciuta anche come Nebulosa Lamantino (Manatee in inglese),  il resto di una supernova esplosa almeno 20000 anni fa a 18000 anni luce dal Sole:  SNR G039.7-02.0.

Normalmente si è portati a pensare che il guscio di una supernova sia grossomodo sferico o giù di lì, eppure i resti di questa supernova dimostrano che non sia sempre così. In questo caso infatti il guscio è notevolmente alterato dai poderosi getti e dai campi magnetici emessi  dal curioso oggetto che ne è al centro: SS 433.

SS 433 3 e in realtà un sistema binario ad eclisse composto dai resti dell’antica supernova, una stella di neutroni oppure – più probabilmente – un buco nero, che risucchia materia dalla stella compagna, una vecchia stella di classe A ancora nella sequenza principale, che una volta doveva essere la componente più piccola di questo stretto sistema stellare. La materia risucchiata dall’accrettore crea un disco di accrescimento attorno al resto di supernova che dà origine a due getti perpendicolari di idrogeno ionizzato che si propagano nello spazio a velocità relativistiche: circa il 26% della velocità della luce.

La nebulosa Lamantino e la sorgente SS 433.
Credit: Il Poliedrico

Per tutte queste peculiarità SS 433 viene oggi considerato un microquasar 4, in quanto rispecchia in scala ridotta quello che le galassie attive fanno nella loro  gioventù.
L’asse di rotazione del resto di supernova non è complanare con l’asse del sistema ma inclinato di circa 20 gradi con questo. Il risultato è che l’asse di rotazione ruota di conseguenza intorno alla perpendicolare del sistema con un ciclo di 162,5 giorni. Il moto precessionale conseguente attorciglia le linee del campo magnetico del disco che si propagano nello spazio, mentre i due getti di plasma emessi spazzano lo spazio con un movimento elicoidale che disegna due coni divergenti. Tutto questo si traduce nel bizzarro spettro di SS 433 che appare contemporaneamente avvicinarsi e allontanarsi da noi, ma che in realtà è dovuto ai flussi di plasma che viaggiano in direzioni opposte.
Non solo, oltre all’effetto Doppler lo spettro di SS 433 è influenzato anche dalla relatività: sottraendo infatti gli effetti dello spostamento Doppler rimane una componente di spostamento verso il rosso corrispondente ad una velocità di circa 12000 chilometri al secondo. Questa non rappresenta l’effettiva velocità di recessione di SS 433, ma è dovuta dalla dilatazione temporale che si manifesta alle velocità relativistiche dei getti dove, per le componenti del plasma e di conseguenza anche per la radiazione da loro emessa, il tempo scorre più lentamente.
E sono appunto questi getti a deformare la sfericità del guscio e a farla somigliare più alla figura abbastanza familiare di un lamantino che riposa.

Ecco spiegata quindi la strana forma della Nebulosa Lamantino e il curioso microquasar che ne è al centro.


Quando l’informazione nuoce a sé stessa

Umby

Diversi giorni fa comparve  la notizia, poi riportata senza alcuna verifica anche da molte testate giornalistiche, web e tradizionali, della scoperta di un meteorite precipitato sul villaggio di Arangawila, nello Sri Lanka, il 29 dicembre 2012 contenente presunte forme di vita fossili somiglianti agli organismi unicellulari terrestri conosciuti come diatomee.
Lo scarno comunicato originale fu pubblicato sulla rivista scientifica border line Journal of Cosmology il 10 gennaio scorso 1.
Nei giorni  successivi la comunità scientifica internazionale smontò impietosamente  questa notizia, come tra l’altro era già accaduto riguardo ad altri precedenti scoop di questa stessa rivista, dimostrando che i risultati della scoperta erano grossolanamente sbagliati  2.

Ma il danno se così si può dire, era ormai fatto. Migliaia di siti in tutto il mondo  nei giorni successivi alla pubblicazione del lavoro di N. C. Wickramasinghe 3 ripresero e diffusero la notizia che erano state trovate forme di vita in un meteorite senza attendere alcuna conferma o smentita alla notizia della scoperta da un qualsiasi organo scientifico indipendente.
Certo una notizia è pur sempre una notizia, ma è anche vero che spesso le notizie scientifiche non ancora verificate non si conciliano troppo con l’idea dello scoop 4.

Penso quindi che occorra una certa cautela prima di diffondere una notizia così eclatante come può esserlo la scoperta documentale della vita extraterrestre.
Diffondere questo genere di notizie partendo da un semplice articolo pubblicato su un sito peer review 5  border line senza attendere che si sia espressa la comunità scientifica sull’argomento può solo generare confusione, alimentare false attese e condurre magari a conclusioni sbagliate, come ad esempio far credere che la Scienza Ufficiale con la sua smentita voglia boicottare la scoperta, dimenticando che invece proprio in questo campo La Scienza ha investito tantissimo e continuerà a farlo in futuro.

Infine vorrei fare una chiosa a Wickramasinghe, senza alcun intento polemico.
Il concetto di Panspermia originale è meraviglioso e aiuta a risolvere molti paradossi di cui invece soffre l’Abiogenesi planetaria tradizionale. Forse però un po’ più di cautela e qualche esame in più sul presunto campione meteoritico male non avrebbe senz’altro fatto.
Nelle Scienza non è importante arrivare comunque primi ma contribuire con la solidità delle proprie idee al progresso dell’Umanità.


Le prime novità dell’anno: due nuove iniziative targate Il Poliedrico.

Umby

Anche se alcune maliziose voci possono essere circolate, no, non sono sparito.
Non mi sono ritirato in una sperduta isola del Pacifico e non sono stato rapito dagli alieni. Più semplicemente ho avuto molto da fare per mettere a punto un paio di novità che senz’altro qualcuno di voi saprà apprezzare.
Innanzitutto è tornata la Galleria Immagini che avevo dovuto giocoforza abbandonare già quando ancora questo Blog era ospitato sui server di Altervista. Lo spazio su disco per le immagini era troppo esiguo e con troppi limiti in upload. Inoltre l’avvio del Progetto Drake richiedeva che ad esso fossero destinate le esigue risorse che erano disponibili senza spendere eccessivamente.
Adesso il processo che ha portato al cambio di hosting e di dominio iniziato qualche mese fa può dirsi quasi compiuto.
Dopo che la nuova galleria immagini – a proposito, scegliete e votate le immagini che più vi piacciono – ho creato un nuovo servizio che credo apprezzerete senz’altro.
Si tratta del 
Calendario degli Appuntamenti Astronomici, nato con lo scopo di tenervi informati su eventi come congiunzioni, sciami meteoritici, transiti di comete e altro.
Così che siate astrofili, appassionati o soltanto dei semplici curiosi, pianificare una osservazione sarà così più semplice ed immediato: la Natura ci offre pressoché tutti i giorni  nuovi e meravigliosi spettacoli che aspettano solo di essere visti.
Per questa agenda avrò senz’altro bisogno anche del vostro aiuto: se siete a conoscenza di qualche evento celeste futuro che ancora non è ancora nel calendario, trovate imprecisioni sulle informazioni tradotte, oppure volete offrire il vostro supporto  a questa nuova iniziativa, comunicatemelo con una e-mail, sulla
Comunità Il Poliedrico su Facebook, o anche via piccione viaggiatore. L’importante è partecipare! 

Asteroide Apophis, la storia continua

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Il 2012 è finito in gloria, con buona pace della Fine del Mondo e dei gonzi che ci hanno creduto insieme alle altre balle come Nibiru, le astronavi travestite da comete o da buchi nelle mappe astrali e così via. Invece in sordina …

99924 Apophis osservato da Herschel nelle tre bande di 70, 100 e 160 micron.
Credit: ESA/Herschel/PACS/MACH-11/MPE/B.Altieri (ESAC) and C. Kiss (Konkoly Observatory)

… il nuovo anno ha ben iniziato con l’incontro forse più urgente dell’anno: il passaggio al perigeo di 99942 Apophis 1.
Infatti  il 9 gennaio 2013 l’asteroide Apophis è transitato accanto alla Terra ad  appena a 14,5 milioni di chilometri.
Nell’occasione il telescopio spaziale Herschel è riuscito a stimare le dimensioni e l’albedo dell’asteroide Near-Earth con maggior precisione rispetto alle stime precedenti: così  dai 270 metri finora riconosciuti  si è passati a 325, circa il 20% in più di quanto era stato calcolato prima, mentre l’asteroide è risultato essere un po’ più scuro di quanto si fosse pensato: da un albedo di 0,33, più o meno quello della Terra, a 0,23, quello di un bel pratino.
Ovviamente Apophis non è ricoperto d’erba, non è neppure verde, ma è altrettanto scuro quanto lo è un prato verdeggiante, che non è proprio scuro quanto lo è un pezzo di carbone ma nemmeno bianco come un campo appena innevato. Più tardi vedremo perché questa può essere una informazione importante.
Intanto i nuovi dati raccolti in questo passaggio sono serviti a stimare con una maggiore precisione l’orbita dell’asteroide per gli incontri futuri che si prospettano alquanto interessanti.
Apophis orbita attorno al Sole in un po’ meno di un anno terrestre, 324 giorni, per cui non sempre è così vicino alla Terra mentre altre volte transita un po’ troppo vicino.

Il prossimo incontro ravvicinato accadrà nel 2029,  quando Apophis  sfiorerà la Terra ad appena poco più di 38.000 chilometri, abbastanza lontano da non caderci in testa ma abbastanza vicino per creare forse qualche problema ai satelliti in orbita medio-alta. Comunque, la vastità dello spazio suggerisce che il rischio che l’asteroide spazzi via qualche satellite è piuttosto bassa, la stessa agenzia spaziale americana stima che il rischio di impatto con qualche satellite operativo è piuttosto basso, circa il 2,7%.
Invece qualche motivo di preoccupazione dovremmo averlo per i passaggi successivi: anche se per il passaggio del 2036 la probabilità di un impatto si è ridotta di 30 volte, passando da 1 su 230.000 a 1 su 7 milioni, per il 2068 il rischio di un impatto aumenta, passando da 1 su 400.000 a 1 su 185.000. Le cifre dette così possono spaventare , ma il rischio che Apophis ci cada sulla testa è comunque pari allo 0,000014% per il 2036 e dello 0,0005% per il 2068; è certamente molto più rischioso viaggiare in automobile.

Nel malaugurato caso che comunque Apophis decida di scendere sulla Terra, questo non sarà altrettanto catastrofico quanto l’asteroide di Chicxulub 2 che rilasciò circa 100 milioni di megatoni di energia e provocò l’estinzione dei dinosauri 65 milioni di anni fa, ma di certo non sarà altrettanto indolore come l’Evento di Tunguska 3 del 1908.

Sulla base dei dati precedenti a questo passaggio, la NASA aveva stimato che un impatto di Apophis avrebbe generato energia per 510 megatoni, più del doppio dell’energia rilasciata dall’eruzione Krakatoa del 1883 4, un evento che mutò il clima globale della Terra per i successivi anni.
In attesa che nuove stime del potenziale distruttivo tengano conto delle nuove misurazioni dell’asteroide, si può comunque ipotizzare che questo sarà pari almeno a 850-900 megatoni, pari a circa 17-18 bombe Zar (quella depotenziata) simultanee.

Alcuni anni fa trattai l’argomento su  come deviare un asteroide su questo Blog 5. In quell’articolo illustravo alcuni metodi che la comunità scientifica ha preso in considerazione per deviare un asteroide che si avvicina troppo pericolosamente alla Terra. Ma una nuova proposta 6 è quella di ricorrere all’effetto Yarkovsky 7 per modificare l’orbita di Apophis quel tanto che basta per scongiurare altri incontri pericolosi con la Terra.
Proprio per questo l’ex astronauta americano Russel Schweickart ha proposto di inviare al più presto su Apophis un trasponder per determinarne con estrema precisione l’orbita per decidere entro il 2014 se e quanto è necessario modificare la sua orbita con una missione spaziale. Per Scweickart dopo il 2014 potrebbe non esserci abbastanza tempo per allestire una missione di deflessione prima dell’incontro del 2029. Ogni missione successiva a questa data potrebbe essere molto più difficile, sette anni potrebbero essere non più sufficienti a scongiurare un possibile impatto.

Ma di quanto è necessario modificare l’orbita di Apophis?
Sono tre i parametri di cui occorre tener conto. Il primo è quello che gli anglosassoni chiamano keyhole,  che noi possiamo immaginare come la classica cruna di un ago, in cui deve transitare il centro di massa dell’asteroide nel 2029 perché poi colpisca la Terra nel 2036. Questa finestrella è larga appena 641 metri, per cui basterebbe una deflessione di appena 320 metri.
Un altro parametro è legato all’incertezza dell’orbita, che per ora presenta uno scarto di circa 1800 chilometri sulla posizione effettiva dell’asteroide. Usando una tolleranza di sicurezza di $\sigma$ 5 significa dover apportare una deflessione di almeno 9000 km. Per questo la proposta di  Scweickart di inviare un trasponder sul corpo celeste è da prendere in considerazione assolutamente. Man mano che l’orbita di Apophis sarà conosciuta con una migliore risoluzione il grado di incertezza potrà scendere anche molto sotto ai 100 chilometri.
Il terzo parametro, per questo ho detto all’inizio che era importante conoscere l’albedo di Apophis e i dati ripresi da Herchel sono così preziosi, è invece dovuto al noto Effetto Yarkovsky, che modifica continuamente l’orbita del corpo celeste e su cui la proposta di Sung Wook Paek dovrebbe andare a incidere.

Adesso quando i fuffologi vi annunceranno una prossima fine del mondo per mano di Apophis sapete come stanno realmente le cose.


Altre letture suggerite:

Yarkovsky-driven impact risk analysis for asteroid (99942) Apophis
On the impact of the Yarkovsky effect on Apophis’ orbit