L’enigma dei neutrini solari

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L'interazione debole di un antineutrino elettronico con un neutrone all'interno di un nucleo atomico può spingerlo a decadere in un protone e un elettrone. Credit Il Poliedrico.

L’interazione debole di un antineutrino elettronico con un neutrone all’interno di un nucleo atomico può spingerlo a decadere in un protone e un elettrone. Credit Il Poliedrico.

Abbiamo visto nello scorso articolo che i neutrini sono delle particelle molto particolari, non solo per la loro impalpabilità – interagiscono solo con la forza nucleare debole e la forza gravitazionale – ma anche perché pur essendo una particella sola può assumere tre diversi stati diversi tra loro che si differiscono nella massa, mentre il Modello Standard pur prevedendo  i tre tipi diversi di neutrino associati ai tre leptoni (elettrone, muone,tau) li propone senza  1.
Ma è appunto la massa che permette ai neutrini di oscillare, ossia di cambiare stato, o sapore come volete chiamarlo.
Già con i primi esperimenti di lettura della quantità dei neutrini provenienti dal Sole fu chiaro che qualcosa non andava: i conteggi dei neutrini mostravano che solo un terzo dei neutrini elettronici arrivava sulla Terra rispetto alla quantità prevista per mantenere il Sole acceso. Dunque, o qualcosa non andava nelle reazioni termonucleari del Sole oppure ⅔ dei neutrini elettronici prodotti dalla catena  protone-protone trovavano il modo di non farsi vedere.
La risposta che ora appare evidente è che durante il loro cammino di 150 milioni di chilometri molti neutrini cambiano sapore e che quindi sfuggono ai rivelatori.

Possiamo considerare ogni neutrino come una miscela delle tre diverse masse caratteristiche al loro sapore che continuamente interferiscono l’una con l’altra come fanno frequenze radio diverse, sommandosi o abbantendosi ritmicamente cambiando le loro proporzioni. La probabilità di trovare un dato tipo di neutrino ad una certa distanza dal punto in cui è stato creato dipende valori chiamati angoli di mescolamento (indicati con la lettera greca theta $\theta$), che esprimono la proporzione tra le diverse masse – autostati –  1, 2 e 3 del neutrino.

(continua)


Note:

Neutrini nel Modello Standard

SAPORI_NEUTRINOVi ricordate i neutrini e le loro controparti anti?
Sicuramente sì, non fosse peraltro per la figura cacina del famoso “tunnel Gelmini” su cui non mi dilungherò oltre per non infierire.
Comunque sappiate che ogni secondo il nostro corpo è attraversato da almeno 50 mila miliardi di neutrini provenienti per la maggior parte dal Sole, ma anche dalle centrali atomiche presenti sul nostro pianeta, da quelli prodotti dal decadimento beta delle rocce terrestri, etc. Addirittura anche noi curiosamente produciamo i nostri neutrini, dal decadimento naturale del potassio 40 presente nei nostri corpi.
I neutrini sono ovunque nell’Universo ma non avendo quasi massa  e nessuna carica elettrica questi interagiscono pochissimo con la materia ordinaria: un muro  di piombo spesso un anno luce riuscirebbe a fermare solo la metà dei neutrini che lo attraversano.

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Qui si parla di “autostati di sapore del neutrino”, in analogia on i “sapori” dei quark; questi ultimi, però, oltre ad essere in numero doppio (6 invece di 3), identificano gli autostati di massa e non quelli dell’interazione debole di corrente carica.

Scoperto solo nel 1956, ma teorizzato da Wolfgang Pauli nel 1930 per spiegare il decadimento beta e battezzato nel 1934 da Enrico Fermi, nel 1962 si è capito che non esiste una sola natura del neutrino, ma che esso è uno e trino, cioè capace di trasformarsi nel tempo da un tipo all’altro, come potete vedere dal disegno qui sopra e dalla tabella qui accanto.
I fisici chiamano la capacità del neutrino di mutare da un tipo all’altro oscillazione dicendo che il neutrino ha cambiato sapore 1.
E proprio questa capacità del neutrino di oscillare fra i tre diversi stati indica come il Modello Standard 2 sia così accurato.

Cercare i neutrini da studiare non è difficile.
Si possono prendere i neutrini solari, che sono prodotti dalle reazioni di  fusione termonucleare nel nucleo del Sole – catena Protone-Protone – di sapore elettronico, oppure quelli prodotti dai raggi cosmici che collidono con gli atomi della nostra atmosfera che possono essere dei tre diversi sapori, oppure si possono produrre sparando protoni adeguatamente accelerati contro un bersaglio di grafite, così si ha anche il più completo controllo del fascio uscente piuttosto che aspettare che Madre Natura ci dia il neutrino giusto, al posto giusto, al momento giusto e nella direzione che si vuole.

Quindi per ottenere dei neutrini non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il problema è semmai riuscire a vederli.
Una particella così piccola da quasi non avere massa, che si muove quasi alla velocità della luce 3 e che non ha carica elettrica, riuscire a vederla direttamente è impossibile, ma se ne possono vedere gli effetti indiretti mentre occasionalmente un neutrino interagisce con un atomo di un mezzo che funge da rilevatore. Questi effetti possono essere un flusso di particelle cariche oppure lampi di luce Cherenkov, o anche trasmutazioni chimiche, come accadeva ad esempio nei primi rivelatori al cloro-argon secondo una felice intuizione di Bruno Pontecorvo 4.
Pertanto se – per ora – pare impossibile catturare un neutrino, è possibilissimo invece vedere e misurare gli effetti del suo passaggio. Tutto sommato basta aguzzare l’ingegno!

(continua)


Note:

Neutrini superluminali? quasi sicuramente no.

Umby

Ormai è quasi certo. Oppure come i vostri gusti preferiscono, i clamorosi risultati di OPERA sono quasi definitivamente smentiti.

A settembre dello scorso anno fu annunciato dai ricercatori dei Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso che alcuni neutrini sembravano viaggiare più veloci della luce tra l’LHC di Ginevra e i rivelatori italiani.
Tutto faceva supporre che si stesse schiudendo un nuovo orizzonte per la fisica … fino a quasi un mese fa, quando saltò fuori la notizia che potevano esserci stati un paio di errori nella strumentazione usata nell’esperimento OPERA: uno che ritardava la risposta – un cavo malmesso – e uno che l’anticipava – un errore nel calcolo del tempo di volo dei neutrini fra la stazione emittente e il ricevitore.

Adesso la conferma che i neutrini viaggiano alla velocità della luce dentro i classici margini di tolleranza è apparsa su Arxiv a questo indirizzo: Measurement of the neutrino velocity with the ICARUS detector at the CNGS beam.
In pratica il rivelatore ICARUS (Imaging Cosmic and Rare Underground Signals) ha misurato un anticipo δt del tempo di volo dei neutrini emessi tramite il CERN-SPS (Super Proton Synchrotron) 1 rispetto a c di 0.3 ns con un errore statistico di ±4.0 ns ed un errore sistematico di ±9.0 ns. La misura è compatibile con una velocità vμ dei neutrini muonici non superiore a c.
Questo si può quindi considerare il primo test ufficiale che avrebbe potuto smentire o confermare i controversi risultati di OPERA.
Per dirla come i Mithbuster: Neutrini superluminali? mito sfatato.

Neutrini più veloci della luce? forse forse proprio no …

Umby

Certamente vi ricorderete la clamorosa notizia dei neutrini più veloci della luce scoperti l’anno scorso nel corso dell’esperimento Opera del CENR Ginevra/Gran Sasso.
Forse vi ricorderete di più la barzelletta del Tunnel Gelmini che uscì fuori nel celebre comunicato del Ministro dell’Università e Ricerca 1 che partiva dai laboratori di ricerca di Ginevra e attraversava l’Italia perfetttamente dritto per 750 chilometri dentro la crosta terrestre fino ai laboratori del Gran Sasso.

Bene, nel settembre 2011 fu illustrato in una conferenza stampa del CERN che i risultati dell’esperimento Opera mostravano che un tipo di neutrini associati al muone (\nu_\mu\,) 2 percorreva la distanza di 750 km giungendo con 60 millisecondi di anticipo rispetto a quanto avrebbe fatto un raggio di luce nel vuoto a percorrere la medesima distanza.

In questi cinque mesi le elucubrazioni scientifiche o meno su come esistano dei neutrini superluminali si sono sprecate, dagli universi paralleli alle dimensioni extra e così via, ma a quanto pare era colpa della più infida delle bestie della scienza sperimentale: la riduzione degli errori strumentali.
Pare infatti che sia stato un  cavo ottico  del sistema GPS (un po’ più sofisticato di quello dei nostri normali navigatori satellitari) non serrato bene, o forse un errore nel timer del tempo di volo dei neutrini abbiano causato un errore sistematico nella lettura dei dati dell’esperimento 3.

Certo che magari la ricerca scientifica italiana non ne esce proprio bene; potevano essere controllati  meglio tutti gli strumenti e le apparecchiature di controllo prima di emettere un comunicato che attestava la fine dell’era di Einstein, come qualcuno l’aveva chiamata 4.

Però vorrei tirare le orecchie anche a coloro che ora sono pronti a scagliarsi contro i fisici italiani 5: la Scienza è fatta anche – e soprattutto – di errori che vengono riconosciuti come tali e risolti. Questo è progresso scientifico, sfido altri campi del pensiero umano – come l’economia o la politica – a riconoscere e correggere i propri errori altrettanto bene e in fretta.

Neutrini più veloci della luce? forse sì forse no …

È di queste concitate ore la notizia che gli scienziati dei laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare  del Gran Sasso in collaborazione con quelli del CERN di Ginevra avrebbero scoperto che una forma dei neutrini associati al muone (\nu_\mu\,) supera la velocità della luce nel vuoto è 1 di circa 20 parti per milione.

Di per sé se venisse confermata la scoperta sarebbe semplicemente devastante: infatti per la meccanica relativistica niente può superare la velocità della luce purché abbia una massa – per quanto piccola – ma non nulla. E i neutrini, per pur piccola che sia, hanno una massa e per questo non dovrebbero nepure eguagliare la velocità della luce nel vuoto c, anche se dopo i fotoni sono le particelle più veloci.

Le prospettive che si aprirebbero a mio avviso possono essere sostanzialmente due:
la meccanica relativistica e la sua controparte quantistica potrebbero risultare essere una versione semplificata di una più ampia meccanica superluminare, forse una vera TOE (acronimo inglese per Theory Of Everything), un po’ come la meccanica newtoniana lo è per quella relativistica, oppure l’oscillazione neutrinica durante il percorso ha subìto uno strappo – ha preso una scorciatoia – sfruttando una di quelle dimensioni arrotolate che le bozze delle TOE attuali richiedono per essere coerenti.
Infine potrebbe anche essere un errore di riduzione dei dati raccolti, uno di quelli a cui proprio non si penserebbe mai, un po’ come quando si perde un pomeriggio a cercare gli occhiali e che poi si hanno sulla testa.

Basta, tra tunnel spaziali, passaggi extradimensionali, sto solo facendo della fantascienza anche se l’occasione di dire la mia era troppo ghiotta anche a costo di scadere nel ridicolo per lasciarla perdere.
Aggiungo solo che i dati della – per ora presunta – scoperta sono disponibili su Arxiv a questo indirizzo. Leggeteli e poi venite a commentare qui, o sul forum o su Facebook.