Gli smartphone moderni sono molto più che dei semplici strumenti di comunicazione. Opportune configurazioni e programmi possono perfino essere usati nell’astronomia amatoriale, e non solo per stabilire semplici effemeridi.
[virtual_slide_box id=”16″]
Dal 26 al 28 febbraio scorso il più elusivo dei pianeti visibili ad occhio nudo, Mercurio, era alla sua massima elongazione orientale, cioè alla sua massima distanza angolare dal Sole (18.1°) in direzione est. Quello è il miglior momento per poterlo osservare, immerso nelle luci del crepuscolo vespertino, anche se va detto che non sempre è facile.
Non sempre porto con me le fotocamere, i cavalletti — e i loro attacchi — e tutto il resto; ma lo smartphone sì. Quando presi questo nel lontano 2016, lo scelsi per la sua fotocamera interna: essa era tra le migliori che offriva allora il mercato e il software di gestione dello scatto era tra i più versatili ed evoluti dell’epoca. In verità esistono applicazioni terze che vantano all’incirca le stesse caratteristiche, ma l’app originale è studiata proprio per offrire il massimo dal suo hardware — come ad esempio registrare gli scatti nel formato RAW — e le fotografie che riesce a produrre lo dimostrano ampiamente.
Ma non meno importante è la funzione di geolocalizzazione, quella che manda in bestia tanti paranoici della privacy, ad essere essenziale. Questa funzione, cooordinandosi coi sensori cinetici e della bussola, è in grado di rintracciare ed evidenziare la posizione degli oggetti nel cielo proiettandola sull’ampio display principale: una specie di realtà aumentata per astrofili.
Queste non sono certo grandiose quanto le immagini ottenibili con sensori CCD iper raffreddati e costosissime montature motorizzate ma in un certo senso le preferisco così: ottenere belle foto con mezzi non espressamente progettati per il medesimo scopo, lo trovo immensamente appagante. E sapete una cosa? Nonostante pose lunghe dell’ordine di decine di secondi (posso arrivare fino a 30, come le comuni reflex), qui non è stato fatto uso di alcun cavalletto ma di un più banale borsetto come appoggino e uno stecco come zeppa (può testimoniarlo il mio buon amico Stefano che in genere mi accompagna in queste sortite).
Quindi ricapitolando, possedere non soltanto un telefono assai evoluto ma addirittura un computer che mi aiuta, quando questo potesse servire, a riconoscere la posizione degli astri nel cielo in tempo reale, e le effemeridi di qualsiasi oggetto visibile, è una cosa per me preziosa. E le foto che qui vi presento ampiamente lo dimostra:
Quella indicata dalla freccia è Menkib (zeta Persei), una gigante azzurra di appena 10 milioni di anni che è 19 volte più pesante del Sole e 100 mila volte più luminoso di questo. È distante da noi quasi 1000 anni luce, la luce che ha eccitato il sensore del mio smartphone è partita mezzo secolo prima della I Crociata!
Questa invece era conosciuta dagli Arabi come Alhabor e dai Romani come Sidus Canicula, stella del cagnolino (piccolo cane). Infatti è α Canis Majoris, meglio conosciuta come Sirio. Il periodo dal 24 luglio al 26 agosto, che coincide con la levata eliaca di Sirio, è anche il periodo più caldo e afoso di questa parte del mondo e prende appunto il nome di canicola proprio dalla celebre stella. La costellazione, il Cane o Canis Majoris in latino, era conosciuta fin dall’Antico Egitto perché la levata eliaca dell’aforisma celeste annunciava le periodiche inondazioni del fiume Nilo.
Certo che spesso le cose più facili spesso prendono la via più difficile, ma così …
[virtual_slide_box id=”15″]
A volte sembra che le Leggi di Murphy siano delle vere e proprie leggi naturali. Poi però come recitava un vecchio adagio dei cartoni animati “tutto è bene quel che finisce bene“, m’è riuscito di portare a casa, questo risultato.
Ma andiamo con ordine: domenica scorsa ho valutato attentamente le migliori -per me – condizioni per cercare di riprendere la 46P/Wirtanen nelle sue migliori condizioni di visibilità. Però anche la sempre maggiore presenza nel cielo della Luna in fase crescente poneva dei vincoli di visibilità non indifferenti, ormai non sono più un giovanotto e dopo cena preferisco il tepore di una coperta che il freddo zucchino di queste serate invernali! Per questo le date suggerivano di non andare oltre al 12 dicembre scorso. Ma anche le previsioni meteo erano impietose e prevedevano cielo sereno solo per il 10 e l’11. Il 10 dicembre è quello che infine ho scelto.
Il mio intento iniziale era quello di rendere omaggio a Siena riprendendola come sfondo ideale ma ogni sito che avessi in mente avrebbe sofferto di un notevole inquinamento luminoso e quindi questa idea è stata quasi subito abbandonata. Allora ho cercato altri siti con paesaggi bucolici come ce ne sono a bizzeffe da queste parti. Avrei dovuto scegliere un sito piuttosto lontano dai centri abitati ed il gioco sarebbe stato fatto. Purtroppo un altro vecchio adagio racconta che “Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni“. E così che io e l’altro mio amico che solitamente mi accompagna in questo genere di avventure, siamo rimasti impantanati con l’auto nel nulla della campagna senese lontano da strade frequentate. Niente che non potessimo risolvere da soli con qualche manovra degna di una competizione fuoristrada fatta con una vettura ibrida da oltre 1300 kg!
Pensate che le difficoltà siano così finite? Macché! Figurarsi quando ho scoperto di avere ben due cavalletti fotografici e nessun loro attacco! Per questo ho solo immagini dell’evento riprese col grandangolare da 10 mm: non potevo usare un cavalletto necessario per foto con focali più lunghe. In più, ogni mio sforzo di allontanarmi dall’inquinamento luminoso pur rimanendo in un punto comunque elevato si è dimostrato inutile: alla fine il luogo migliore si è rivelato essere una conca naturale tra due colline che di fatto hanno funto da schermo dal riverbero delle luci artificiali. Non proprio il massimo ma è stata la miglior soluzione possibile in quel momento. Poi con un supporto di fortuna e qualche spessore di sostegno mi è bastato puntare alla giusta zona di cielo e via; tanto ogni regolazione dei tempi e degli ISO li faccio tutti da remoto da dentro l’auto.
Sono comunque abbastanza fiero dei miei risultati che date le premesse potevano essere ben peggiori. Giusto ieri (il 15 n.d.a.) le mie foto principali – quelle in cima alla pagina – sono state usate al Gal Hassin da Sabrina Masiero in una presentazione al pubblico della cometa di Natale e dello sciame meteorico delle Geminidi che a causa del maltempo sulla regione non hanno potuto sfruttare il loro magnifico cielo. Ho saputo anche che sono state apprezzate. Sono piccole soddisfazioni anche quelle!
Cieli Sereni 🙂
Il mezzo flop delle riprese della scorsa eclissi lunare avrebbe potuto gettarmi nello sconforto e farmi abbandonare il mio progetto. E invece …
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum dice un vecchio detto latino, e spesso è vero. Ma non sempre: qualche volta perseverare dopo aver fatto tesoro dei propri errori è la vera chiave del successo.
Ho ordinato nuovi cavetti per lo scatto remoto, modificato il supporto del motore del mio Astro Dollyper sostenersi a un cavalletto fotografico (per ora c’è il nastro telato per non rovinarvi la sorpresa) e aggiornato il software di controllo del mio progetto (che presto renderò pubblico sul mio canale Github). Il risultato è che nella notte del 13 agosto (quella per intenderci tra il 12 e il 13) tutto ha funzionato a dovere: tra le 00:12 e le 02:41 sono state riprese 529 foto da 15 secondi di esposizione a 800 ISO con un intervallo di 2 secondi tra l’uno e l’altro scatto.
Nonostante l’inquinamento luminoso (ero in giardino) della vicina città di Siena e degli antipatici lampioni stradali poco più sotto, ho potuto registrare un paio di meteore delle Perseidi.
Non molte per la verità ma quello passava il convento e sono comunque soddisfatto del risultato.
Ora non mi resta che continuare con i test e avviare la progettazione della nuova versione dell’Astro Dolly, dopotutto questo è soltanto un prototipo, con schermo per la programmazione e la raccolta di informazioni come la durata dello scatto, la sua ora e la posizione GSM del sistema e soprattutto un bulb ramping per riprendere i tramonti.
Mi piacerebbe implementare anche un sistema di controllo remoto ma ho uno schermino touch screen da sfruttare in qualche modo e comunque il primo non esclude il secondo.
Ho un sacco di idee da realizzare e il tempo non è mai abbastanza.
Cieli sereni
[video_lightbox_youtube video_id=”Dng78msOL4c&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]
Timelapse di 529 fotogrammi ripresi con una Canon EOS 7D e un Samyang 10mm f 2.8 – 800 ISO per 15 secondi
Mea culpa: lo scorso mese non sono riuscito a scrivere niente. Nemmeno per finire la seconda parte riguardo alla scoperta di molecole organiche su Marte — tema che senz’altro voglio concludere — perché in questi ultimi mesi sono stato preso dall’evento clou di questo periodo: l’eclissi di Luna del 27 luglio scorso. Ma come insegna la celebre legge empirica di Murphy: « Se qualcosa può andar storto, sicuramente lo farà. » E al primo tentativo sul campo, aggiungo io.
Il mio dolly (per ora un prototipo) durante i primi test. Credit: Il Poliedrico
È noto che avrei voluto costruire un astroinseguitore cercando un approccio molto diverso dalla classica barn door tracker, dove la rotazione di una tavoletta su un suo asse esattamente in sincronia con la volta celeste permette di fotografare le stelle fisse senza moto apparente. Non voglio ripetermi sulla geometria di tale strumento, basti ricordare che l’asse va posizionato esattamente parallelo all’asse terrestre: in pratica è il medesimo schema di una montatura equatoriale. Concettualmente è banale ma la realizzazione del mio progetto richiede una precisione meccanica che io non possiedo e da solo non posso ottenere: sarebbe ben più pratico e meno costoso comprarmi una montatura equatoriale motorizzata e concentrarmi esclusivamente sulla parte elettronica e di programmazione.
Per questo ho ridimensionato il progetto a un semplice dolly, un aggeggio motorizzato che fa muovere la macchina fotografica mentre scatta. Il risultato è un time-lapse che ruota. Per evitare il mosso nelle esposizioni lunghe come richiede l’astrofotografia, la rotazione viene fermata durante lo scatto e ripresa durante l’intervallo tra due riprese. Per rendere il progetto più interessante ho pensato di sfruttare un sensore di luce (TSL2591) estremamente sensibile (da 0.000118 a 88000 lux) per determinare automaticamente la durata del tempo di scatto, quello che in gergo fotografico è chiamato bulb ramping, ovvero una compensazione graduale dell’esposizione nella transizione tra il giorno e la notte,
Il piano A
La variazione di luminosità del fondo cielo durante una eclissi di Luna appare evidente in questo curioso collage emerso durante la creazione del timelapse. Il puntino rosso in basso è Marte, il quale offre un inaspettato riferimento: esso diviene via via meno importante con l’aumentare della luminosità ambientale dovuta dall’uscita della Luna dal cono d’ombra. Credit: Il Poliedrico
Chi ha assistito a una eclissi di Luna avrà senz’altro notato come la luminosità del fondo cielo varia drasticamente durante questa: l’idea di una graduale compensazione dell’esposizione era troppo ghiotta perché me la facessi sfuggire.
Così ho scritto un po’ di codice per ottenere un effetto bulb ramping pilotato dal TSL2591 e questo … funzionava! O meglio, ottenevo una lettura dei lux corretta in ogni condizione di luce e da qui ho ricavato una routine che avrebbe poi regolato il tempo di scatto. Purtroppo quando andavo a integrare il sensore e le sue routine nel circuito di controllo del dolly ottenevo sempre dei crash di sistema del tutto casuali e imprevedibili.
Ho rivisto il codice, l’ho riscritto per buona parte, ma niente; Il problema era più un limite hardware: sia il sensore che io nel dolly stavamo usando lo stesso timer a 16 bit dell’ATmega328P dell’Arduino Nano (l’unico a 16 bit disponibile) e pasticciare con lo stesso timer per fare due cose diverse non è mai una bella cosa.
Avrei dovuto riprogettare la parte elettronica con un ATmega2560 ma ormai non c’era più tempo. Ed ecco:
Il Piano B
Il panorama era fantastico! Credit: Il Poliedrico
Vi ricordate il Canon Hack Development Kit (CHDK) di cui parlai qualche anno fa [1][2]? Ebbene, ne esiste una versione più evoluta e completa per le Canon EOS che si chiama Magic Lantern [3]. Anche questo è un firmware alternativo che, come il CHDK delle Canon Powershot, si installa nella RAM della fotocamera senza distruggere il firmware originale. Esso semplicemente aggiunge delle funzionalità alle preesistenti nel firmware ufficiale. Basta togliere il programma dalla memory card e tutto torna come prima.
Tra queste utilissime nuove funzioni c’è anche una specie di bulb ramping integrato piuttosto evoluto ma non avevo il tempo materiale per studiarne le regolazioni.
È pure disponibile perfino un grazioso intervallometro che non avrei mai immaginato quanto questo mi sarebbe stato utile. Ma andiamo con ordine.
Il Piano C
Questo è il mio power bank per le riprese sul campo. Alimentato da una batteria piombo/acido da 12 V-10 Ah. Le uscite avio e jack per il telescopio e altri accessori a 12V sono controllate e stabilizzate elettronicamente, poi prevede due uscite USB e una presa accendisigari. Credit: Il Poliedrico
Il bulb ramping interno alla fotocamera avrebbe risolto il primo problema: programmando il dolly di fare una pausa di scatto di 10 secondi mi avrebbe comunque permesso di fare riprese corrette come avrei voluto, ma la mancanza di esperienza nel regolare tutte le variabili necessarie mi ha costretto a rinunciare anche al piano B. A quel punto il dolly avrebbe dovuto semplicemente muovere la fotocamera e ordinare uno scatto di 3-4 secondi di esposizione a 400 ISO (per minimizzare il rumore) e via; d’altronde la configurazione da me scelta aveva dato buoni risultati con la Luna quasi piena delle sere precedenti.
Avete presente la nuvola nera di Fantozzi? La mia era uno sciame di moscerini (o erano zanzare?) che danzavano proprio sopra la mia testa; letteralmente! E per la fretta, le mie dita a prosciutto o la Maledizione della Prima Luna, mi è capitato anche che spezzassi il jack di scatto dentro la fotocamera 1: di conseguenza niente dolly e scatto remoto.
Se credete che questo basti per scoraggiarmi vi sbagliate. È a questo punto che l’intervallometro, mai sperimentato, dentro al firmware Magic Lantern ha in parte salvato la mia serata osservativa e consentito comunque di fare un timelapse dell’eclissi.
Avevo portato anche un’altra fotocamera sul campo ma imprevisti problemi di carica della batteria mi hanno impedito di fare riprese dell’evento a lunga focale.
Dicono che la fortuna è cieca ma nel mio caso la sfiga ci vede benissimo!
Conclusione
Nonostante tutte le avversità che mi sono capitate, io e chi si è unito a me per la serata cii siamo divertiti, mentre di tutto quello che mi è successo per questa occasione mi servirà di lezione per l’eclissi del 16 luglio prossimo 2, perché in questo campo non si smette mai di imparare. Se mi vorrete sarò molto probabilmente nello stesso posto, perché a parte il discreto viavai di coppiette in cerca di intimità 3 (i flash nel filmino sono dovuti ai fari delle loro auto 😀 ) perché trovo che quel luogo sia incredibilmente bello e suggestivo.
Cieli sereni
[video_lightbox_youtube video_id=”5-PdwKj0DRM&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]
Timelapse di 240 fotogrammi ripresi con una Canon EOS 7D e un Samyang 10mm f 2.8 – 400 ISO per 6 secondi
Suggestiva, vero? LG V10 appoggiato a un sasso per 8 secondi a 700 ISO. Unico tentativo!
Credit: Il Poliedrico
Cercando di fare scienza occorre tenere sempre a mente che i fallimenti, proprio come nella vita, sono sempre dietro l’angolo. Il fallimento in questi casi non va inteso come esperienza negativa. E come spesso accade o dovrebbe accadere nella vita, ogni fallimento nella scienza insegna sempre comunque qualcosa; come iersera. Era previsto che sarebbe stato assai arduo provare a fare una sessione fotografica per immortalare il picco delle Perseidi: sapevo che l’alzarsi della Luna proprio intorno alle 23:00 avrebbe vanificato ogni mio sforzo per cercare la località perfetta. Per questo me ne sono restato buono nel mio giardino, che è lo stesso abbastanza buio per questo genere di riprese.
Anche se deludente dal punto di vista del risultato, almeno mi è servito come ennesimo banco di prova per i prossimi sciami meteorici.
Comunque posso però dire che è stato bello anche solo provarci. Cieli sereni.
[video_lightbox_youtube video_id=”yCoPEsQxks4&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]
Timelapse di 307 immagini RAW
Canon EOS 70D
Samyang 10mm F/2,8
ISO 1600 – tempo 14.9 secondi
La colonna sonora è Cast A Tall Shadow (royalty free)
Ed eccoci qua. ci risiamo. Tra pochissimi giorni si ripresenterà la celebre pioggia meteorica delle Perseidi, conosciuta anche come Lacrime di San Lorenzo.
Il picco è previsto nella notte tra il 12 e 13 agosto, con un tasso medio previsto intorno alle 50 tracce orarie verso le 5 del mattino del 13 agosto per l’Italia Centrale.
Il mio consiglio è lo stesso di ogni anno: trovatevi un bel cielo sgombro da oggetti e da luci cittadine e portatevi una seggiola, una sdraio oppure una coperta per sdraiarvi per non giacere sulla nuda terra e godetevi lo spettacolo che vi offre gratis la Natura.
Purtroppo questo è uno degli anni in cui la Luna Calante sorge piuttosto presto: infatti ella sorgerà alle 23:05 ora locale, vanificando in parte l’osservazione del cielo.
[virtual_slide_box id=”13″]
Fare foto al fenomeno sarà arduo, la presenza della Luna illuminata per il 72% saturerà l’esposizione del cielo piuttosto in fretta, ma se avrete l’accortezza di cercare un posto che vi ripari dalla luce diretta, come una parete di roccia, un muro anche al limite una pianta potreste comunque riuscire a vedere anche qualche traccia più debole.
Quindi mi raccomando: sedetevi o sdraiatevi comodi magari dando le spalle a Est — tanto a guardare verso il punto radiante si vedono solo le tracce più corte e non ne vale la pena, secondo me — e alla Luna, portatevi qualche spuntino e una bevanda, magari calda dentro un thermos (la notte fa — finalmente! — fresco) e una coperta per se dovesse prendervi freddo. Se poi foste un buon bersaglio per le zanzare, non dimenticatevi lo zampirone!
Sono ormai molti giorni che non aggiorno queste pagine. Ho anche trascurato in parte anche la stesura del mio libro, anche se ogni giorno mi riprometto di scrivere qualcosa. Il fatto è che ultimamente mi sono dedicato – forse troppo – alla realizzazione di quell’astroinseguitore di cui ho tanto parlato. Eccovi gli ultimi aggiornamenti.
NGC 869 e NGC 884 Ammasso doppio di Perseo Somma di 5 fotogrammi ripresi con una focale di 200 mm e 3 secondi di esposizione. senza alcuna montatura di inseguimento (dicembre 2013). Credit: Il Poliedrico.
L’idea originale era quella di riuscire a fotografare le stelle prevedendo il loro moto apparente per evitare il famoso effetto scia. Le strade per fare questo sono diverse ma con troppe limitazioni, soprattutto a grandi focali. Un metodo piuttosto economico ma molto difficile da mettere in pratica con buoni risultati è quello dell’esposizione multipla: si fanno più (molte) esposizioni del singolo oggetto o scena, cercando di rimanere entro la benedetta regola del 500 (vedi riquadro sotto) per evitare il mosso e poi si sommano i singoli fotogrammi usando software di elaborazione come il buon Deep Sky Stacker (che per giunta è anche gratuito).
Una grave limitazione di questo sistema è la rotazione di campo ai bordi delle immagini a largo campo: mentre presso il polo celeste, quindi a basse declinazioni, è possibile spingere anche di molto sui tempi di esposizione, nei pressi dell’equatore celeste la rotazione si fa sentire, eccome!
Come potete osservare dallo stesso riquadro, nei pressi dell’equatore galattico si può tralasciare di calcolare il coseno della declinazione (\(cos(0) =1\)) e così rendere giustizia alla ben nota formula empirica semplificata \(k/f\) dove appunto \(k\) è 500 e \(f\) è la focale usata, tanto usata dai fotografi del cielo stellato. Volendo osare, si possono usare tempi di esposizione molto più lunghi avvicinandosi ai poli celesti, sempre a patto che si stia entro l’esposizione prevista per le declinazioni più basse visibili nel campo inquadrato. Il grave aspetto negativo di questo metodo è che se usiamo sommare troppe immagini di uno stesso campo riprese in un periodo troppo lungo, la rotazione di campo risultante sarà comunque troppo ampia per essere corretta via software, col risultato che solo una piccola porzione dell’immagine finale sarà abbastanza buona essere conservata.
La soluzione a tutti questi problemi è quella di usare un sistema meccanico che potesse compensare il moto apparente della volta celeste facendo ruotare la fotocamera in asse con l’asse terrestre ma in direzione opposta. Una montatura equatoriale è l’ideale per questo scopo. Concettualmente è anche la soluzione più economica, peccato però che le montature equatoriali in commercio siano pensate per essere usate con i telescopi, dove le esigenze meccaniche (in termini di peso supportato) e di precisione di puntamento siano molto al di sopra delle più blande esigenze richieste nell’astrofotografia a largo campo (\(f.\) fino a 200 -300 mm). Una soluzione piuttosto semplice ed economica poteva essere la costruzione di una tavoletta equatoriale (vedi post precedenti sull’argomento), ma le tolleranze di costruzione e gli errori di tangente indotti da una vite che amplia una corda d’arco che segue l’opposto della rotazione terrestre ne limitano l’uso tra pochi minuti fino a qualche decina nel caso di un sistema a quattro bracci prima che vengano in bella evidenza i limiti costruttivi. Ci sono casi di tavolette equatoriali mosse a mano seguendo a mano i secondi di un quadrante d’orologio, di quelle azionate col meccanismo dei girarrosto a molla, perfino. Ci sono anche tavolette costruite con leghe di alluminio aeronautico e controllate da un PC che si occupa di correggere gli errori tangenziali. La fantasia degli astrofotografi è infinita.
All’inizio l’idea di costruire anch’io una tavoletta equatoriale mi aveva allettato assai: un sistema a quattro bracci per minimizzare gli errori di tangente, costruita in alluminio e pilotata da un Arduino Mega 2650; avevo buttato giù anche una buona parte del codice per il microcontrollore [cite]https://github.com/UmbyWanKenobi/Astroinseguitore[/cite].
La regola del 500 completa per un uso esclusivamente astrofotografico.Credit: Il Poliedrico
Ma si sa, l’appetito vien mangiando. Secondo le mie intenzioni Arduino avrebbe dovuto anche occuparsi dello scatto remoto della fotocamera inserendo il tempo di esposizione previsto nelle impostazioni di avvio; avrebbe avuto un sistema di ausilio alla calibrazione e puntamento verso il Nord per un più facile stazionamento tramite una bussola elettronica, e una compensazione degli errori di tangente attraverso la modulazione della velocità del motore passo-passo. Erano previsti perfino un led rosso ad alta luminosità per illuminare il terreno intorno alla stazione e un cicalino sonoro al termine della sessione di ripresa!
Però fatti due conti sulle difficoltà costruttive (ho il raro dono di avere le dita a prosciutto!) a fronte di una manciata di minuti buoni per l’inseguimento, ho deciso di passare ad un approccio molto più semplice, compatto e forse perfino meno costoso, un semplice derotatore di campo equatoriale.
Oggi la tecnologia di lavorazione dei materiali permette di avere un motore passo-passo demoltiplicato fino a 0,018° (o 64.8” d’arco se preferite) per step, equivalenti a 20 000 step per un singolo giro ad un costo veramente basso. questo si traduce in uno step ogni 4,308 secondi: $$Tempo_{Siderale} /\left(\frac{Step}{Giro}\right) = 86164.0419 / 20000 = 4.308$$
Sfruttando poi le peculiarità di alcuni circuiti pilota per i motori passo-passo come i Pololu DRV8825 che permettono di suddividere i singoli passi in micropassi più piccoli (il DRV8825 consente fino a 32 micropassi per step!) si ottengono veramente dei risultati incredibili: fino alla risoluzione teorica di inseguimento di ben 2 secondi d’arco 1 !
Un sistema siffatto basta che abbia l’asse di rotazione correttamente allineato col Polo Celeste, esattamente come si impone a qualsiasi altro sistema di inseguimento equatoriale, mentre ogni sbilanciamento di peso può essere compensato con un peso equivalente opposto come si usa nelle analoghe montature. In pratica è lo stesso identico schema di una qualsiasi montatura equatoriale, dove si richiede di compensare il moto terrestre con una rotazione opposta, solo che qui non sono necessarie le stesse doti di precisione e stabilità previste per le montature equatoriali professionali che sono sottoposte a carichi maggiori .
Tutto questo si traduce in una minore complessità geometrica, un notevole risparmio nella potenza di calcolo e di conseguenza una maggiore disponibilità di questo per altre operazioni, come la registrazione dei dati meteo e dei dati di scatto per scopi scientifici e così via.
Anche impostare tempi diversi come il tempo sinodico lunare, il tempo solare e così via è molto più facile ed immediato rispetto alle tavolette equatoriali che sono espressamente progettate in funzione di un’unico tempo, in genere quello siderale. In queste modificare la velocità di inseguimento può introdurre errori agli errori già sottolineati in precedenza.
Questo mio nuovo approccio 2 aumenta la flessibilità di inseguimento, come ad esempio quella richiesta per le eclissi, i transiti 3 e così via.
Insomma: se continua così, ce sarà pure da divertisse(come usiamo dire noi romani)!
Cieli sereni.
Ed eccoci qua con uno dei primi appuntamenti più visibili di quest’anno. Per tutto il mese di febbraio infatti saranno visibili nel cielo subito prima dell’alba tutti e cinque pianeti noti fin dall’antichità: Mercurio e Venere, i due pianeti più vicini al Sole di noi, e Saturno, Marte e Giove in ordine di distanza apparente dal Sole sul piano dell’eclittica; come è evidente dalla foto qui sopra. Qui in effetti Mercurio sta sorgendo dietro ai cipressi (qui siamo in Toscana, il cipresso è un po’ l’albero tipico di questa regione) poco sotto la Luna e non è ancora visibile, mentre Venere – che è appena sorto – fa capolino proprio nel momento dello scatto.
Questa immagine è in realtà un mosaico ben sette fotogrammi (su otto) uniti in un unico puzzle; non è stato facile unire così tante immagini in una ma con un po’ di pazienza e un potente software libero (HUGIN) sono riuscito ad unirli là dove software ben più blasonati avevano miseramente fallito.
E ora vi offro un’altra immagine da me ripresa sempre il 6 mattina inseme a tanto freddo (-2° C.):
Qui invece è visibile la bella congiunzione Luna – Venere – Mercurio, dove il Pianeta Messaggero degli Dei è appena spuntato sopra i tipici cipressi toscani e disegna un magnifico triangolo con gli altri due corpi celesti.
Spesso la gente crede che la scienza, e l’astrofisica in questo caso, uccide la poesia del mistero del Creato; a me invece sapere dare un nome a quei puntini sospesi nel cielo, saper distinguere i diversi pianeti, alcune (non tutte) costellazioni, dare un nome a qualche stella e sapere cosa le fa brillare così tanto da anni luce di distanza tanto da permettermi di scorgerle ad occhio nudo o in qualche foto, mi emoziona allo stesso modo, e probabilmente, ancor di più.
Era da molto che mi ero riproposto di prendere in mano un vecchio argomento, la costruzione di un astroinseguitore, o tavoletta equatoriale, se preferite. Lo dico, ho una manualità da far schifo ma tanti buoni propositi e tante idee. Forse ne uscirà qualcosa di buono.
RISO.II = distanza tra il fulcro del braccio pilota (rosso) e la vite motrice (giallo) lungo la base portante (grigio). B = distanza tra punto di contatto del braccio pilota con il braccio della fotocamera (blu) e il suo fulcro. C = distanza tra i fulcri dei due bracci lungo la base portante.
Ho deciso di passare ai fatti. Per il progetto di un astroinseguitore ho scelto quella che senz’altro dal punto di vista tecnico presenta più difficoltà, la soluzione a doppio braccio per annullare gli errori di tangente presenti – o in agguato – nelle soluzioni a braccio singolo. In pratica si tratta di un braccio di alzata motorizzato su cui semplicemente appoggia un secondo braccio che si muove sotto la spinta del primo.
Ma prima di passare alla costruzione della complessa struttura mi sono messo a studiare cosa occorre per muovere tutto e rendere il più automatico possibile i diversi processi, dal movimento equatoriale motorizzato alla gestione da remoto delle immagini. Qui serve un sistema che consenta di scattare più fotogrammi da diversi secondi fino ad alcuni minuti consecutivamente mentre il braccio dinamico guida la fotocamera nel percorso apparente del cielo senza sbavature. Potrebbe in questo caso bastare un banalissimo telecomando remoto magari in radiofrequenza, ce ne sono di molto validi e abbastanza economici in commercio – come l’ottimo Pixel TW-282TX, io stesso ne ho uno – ma perché non gestire tutto con un unico sistema?
Per automatizzare il movimento 1 ho pensato – come già avevo anticipato nei precedenti articoli – ho pensato ad un motore passo-passo, ideale per tutte quelle applicazioni che richiedono precisione nello spostamento angolare e nella velocità di rotazione; infatti vantano un ampio arco di impieghi, dalla robotica fino alle montature dei telescopi.
Per pilotare un motore passo passo occorrono diversi impulsi consecutivi in corrente continua, non è quindi possibile farli girare applicandovi una semplice tensione. Però con un circuito digitale che invia impulsi con una specifica frequenza è possibile guidarne il funzionamento e anche la velocità senza ricorrere a complicati meccanismi di demoltiplica. Una struttura hardware del genere che non richiede eccessive conoscenze ingegneristiche esiste già e si chiama Arduino.
Una scheda Arduino sormontata da un display LCD 1602 (16 caratteri per 2 righe) Credit: Il Poliedrico
Arduino è una piattaforma hardware nata nel 2005 a Ivrea, Italia, come progetto open-source a basso costo per gli studenti della facoltà di Interaction Design Institute Ivrea [cite]https://goo.gl/ZSyuLR[/cite]. Nonostante che l’istituto in sé non esista più, negli anni il progetto si è sviluppato e, grazie all’idea iniziale Open Source, è stato possibile progettare e creare una miriade di dispositivi hardware aggiuntivi e schede logiche a costi irrisori. Di conseguenza anche la comunità intorno a quest’idea è cresciuta allo stesso modo. Oggi si possono trovare progetti che con una singola scheda Arduino e pochi altri componenti di contorno fanno di tutto: dall’automazione degli irrigatori da giardino a stazioni meteorologiche complesse gestibili da remoto, dall’automazione casalinga alla robotica industriale e alla prototipizzazione di sistemi complessi. Di suo la scheda non fa poi molto, se non quello di mettere a disposizione alcune porte digitali e analogiche in ingresso e uscita. Ma la sua incredibile potenza deriva dalla straordinaria capacità di essere interamente programmabile con un linguaggio che deriva direttamente dal celebre C, addirittura. È questo che la rende un eccellente strumento, può addirittura eseguire dei calcoli matematici.
Di fronte a cotanta flessibilità la mia scelta di affidarmi ad Arduino per questo progetto mi è apparsa naturale. Ora non mi resta che sperimentare (ahi! il metodo galileiano anche qui) le varie soluzioni e vedere cosa ne esce. Spero che siano rose!
Cieli sereni.
Un giovane pastore chiamato Niulang (牛郎, il pastore, la stella Altair) incontra sulla sua strada sette fate sorelle che facevano il bagno in un lago. Incoraggiato dai suggerimenti del bue malizioso, Niulang ruba i vestiti delle fate per scherzo. Le sorelle mandano la più giovane e più bella di loro Zhīnǚ (織女, la tessitrice, la stella Vega) a recuperare i loro vestiti. Lei va, ma come Niulang la vede nuda, le chiede di sposarlo. Zhīnǚ accetta e si scopre essere una moglie meravigliosa e Niulang un buon marito; la coppia vive momenti felici. Ma la dea del cielo s’infuria quando scopre che un comune mortale ha sposato una giovane fata. allora devia il Grande Fiume Celeste (la Via Lattea) e lo fa scorrere tra i due amanti, separandoli per sempre.
Così Zhīnǚ è costretta per sempre dalla sua parte del fiume, a lavorare col suo telaio (la Lira), mentre Niulang si prende cura dei loro due figli (Beta e Gamma Aquilae). Ma una volta l’anno, il settimo giorno del settimo mese lunare [1.七夕鹊桥会(qi xi que Qiao hui), è l’equivalente cinese della festa di San Valentino.], tutte le gazze del mondo hanno pietà di loro e volano in cielo per formare un ponte sopra la stella Deneb per unire per un giorno i due sposi.
Per le meteore non occorre poi molto: Una DSRL, un obìettivo abbastanza luminoso, un cavalletto robusto e un telecomando. Credit: Il Poliedrico
Veramente ero uscito sperando di beccare qualche luminosa Perseide ma la notte tra il 13 e il 14 agosto, Il momento del picco previsto per questo sciame, è stata un mezzo fiasco.
Non disponendo di un grandangolo a un fish-eye con cui riprendere buona parte della volta celeste, ho ripiegato sul ben più modesto 18 mm puntando la fotocamera a circa 90 gradi dal radiante dello sciame sperando che qualche traccia venisse immortalata. Purtroppo cirri in quota e un seeing veramente pessimo mi hanno concesso di vedere solo qualche traccia più luminosa e totalmente fuori dal campo inquadrato dalla fotocamera.
Ma non tutto è andato perduto. infatti sono riuscito ad immortalare un paio di centinaia di scatti da 10 secondi l’uno da cui ne ho estratti i 40 che ho usato per questa immagine del Triangolo Estivo in cui sono evidenti le bande di polvere della Fenditura del Cigno (Great Rift per gli anglofoni).
Questa è una vastissima nube molecolare distante 2600 anni luce dalla Terra e grande almeno 900 anni luce che ci nasconde in parte la vista del Braccio del Sagittario; essa contiene la massa per almeno un milione di stelle come il Sole!
Non male per una notte infruttuosa!