Yuri Gagarin: 50 anni di voli spaziali « TuttiDentro

A volte il tempo è un tiranno implacabile, avrei voluto scrivere qualcosa sull’impresa storica di Jurij Alekseevič Gagarin, parlare delle prospettive che si aprivano all’Umanità con quel  volo, i sogni che dai tempi di Icaro improvvisamente diventavano realtà.
L’ha fatto la bravissima Sabrina prima di me con queste immagini che valgono più di mille trattati.
Perdetevi pure negli occhi di questo ragazzo di 27 anni e vedrete i sogni che avrei voluto raccontarvi io.

Il 12 aprile 1961 il cosmonauta russo Yuri Gagarin divenne il primo uomo a viaggiare nello spazio. Fu lanciato in orbita con la navicella Vostok 3KA-3 (Vostok 1). CREDIT: ESA

Yuri Gagarin nella stampa americana… CREDIT: http://www.nasa.gov/mission_pages/shuttle/sts1/gagarin_anniversary.html

… e in quella russa.

Articolo originale scritto da Sabrina Masiero per il blog TuttiDentro:
Yuri Gagarin: 50 anni di voli spaziali

Meritocrazia e libertà fondamentali

Tra le libertà fondamentali garantite all’essere umano e sancite nelle Costituzioni democratiche moderne ci sono la libertà di espressione e di credo religioso. Ma quanto vale l’abuso di questi diritti?

Nei giorni scorsi, in alcuni interventi a Radio Maria, il vice presidente del CNR Roberto De Mattei ha affermato che le catastrofi naturali,  come il terribile terremoto che ha devastato il nord del Giappone  a cui faceva esplicito riferimento, “sono una voce terribile ma paterna della bontà di Dio”.
Non contento della discutibile sparata, se non altro per rispetto per le migliaia di vittime giapponesi a cui vanno aggiunte le vittime della centrale nucleare di Fukushima che verranno nei prossimi mesi o anni,  ha invitato a riflettere, sempre dai microfoni dell’emittente fondamentalista,  sulle affermazioni – io le chiamo farneticazioni – di uno storico cristiano del V secolo, Salviano di Marsiglia, che attribuiva  la caduta dell”Impero Romano ai comportamenti immorali e innaturali di pochi cartaginesi  omosessuali e che i barbari provenienti dal nordest dell’Europa fossero una sorta di spirito purificatore.

Personalmente non mi importa un fico di cosa pensi il creazionista De Mattei, esso è libero di pensarla come vuole, che il mondo sia stato creato da Dio il 23 ottobre del 4004 a.C. alle 12:00 in punto  1giusto all’ora di pranzo, che i resti fossili dei dinosauri siano un’invenzione del Diavolo come anche il decadimento radioattivo delle rocce che indica la reale età della Terra, e che la Terra è piatta al centro dell’Universo.
Anzi, se gli fa piacere, può anche mutilarsi la carne se il suo credo religioso glielo impone per quanto me ne importa.

Quello che penso sia discutibile e anche di cattivo gusto è che approfitti della sua posizione politica di vice presidente del CNR per divulgare al resto del mondo le sue poco scientifiche e balzane idee.
Da privato cittadino può anche andarsene in televisione, alla radio o nelle piazze a divulgare il suo pensiero, perché è un suo sacrosanto diritto, ma comunque dopo essersi allontanato da un incarico così prestigioso come la vice presidenza di un istituto di ricerca scientifica nazionale.

Si fa un gran parlare di meritocrazia e di valore della ricerca scientifica, allora De Mattei si dimetta dall’incarico e rinunci ai 100 000 euro  -tutti dei contribuenti – di stipendio all’anno, lasci il posto a scienziati più meritevoli, così che possa fare quello che veramente ama fare: il telepredicatore.

Link esterni:

Roberto de Mattei, sodomiti, castigo, provvidenza

”Il terremoto? Voce della bontà di Dio”: bufera sul vicepresidente Cnr Roberto De Mattei

Fermilab e nuove scoperte

Nelle prossime ore forse ne sapremo sicuramente di più, al Fermilab di  Batavia, Illinois,   potrebbe essere stata scoperta un nuova particella sconosciuta tra quelle finora note alla nostra fisica.

La deviazione della gaussiana rossa potrebbe indicare una nuova particella. - Credit: Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Padova

Facendo collidere protoni e antiprotoni nel Tevatron del Fermilab, fisici provenienti da ogni parte del mondo, cercano di riprodurre i bosoni W e Z per comprendere e affinare il Modello Standard che comprende tutte le particelle e le forze finora conosciute e che furono unite in un’unica teoria già dalla metà del secolo scorso.
I bosoni sono responsabili della forza elettrodebole, la forza responsabile del decadimento radioattivo dei nuclei degli atomi.  Le coppie di bosoni WW e WZ che danno origine al decadimento in leptoni carichi (elettroni e muoni) non sono affatto facili da rilevare, mediamente solo una coppia WW è prodotta in 5 miliardi collisioni, e una coppia WZ  ogni 20 miliardi collisioni, pochissime in un mare di collisioni che producono singoli bosoni W e jet di adroni.

In questo marasma di dati sono state rilevate lievissime deviazioni nelle collisioni WW alle energie più alte che l’attuale Modello Standard ha difficoltà a spiegare 1.
In sostanza, studiando le collisioni degli ultimi 2 anni di ricerca al Tevatron è stato rivelato un picco di energia nelle collisioni delle coppie di bosoni che solo la generazione di un nuovo bosone  ancora non identificato di massa di massa attorno ai 140-150 Gev.

La segnale registrato sembra corrispondere ad una versione massiccia del bosone Z. - Credit: Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Padova

Guarda caso, l’intervallo proposto per l’altro elusivo e mai osservato bosone di Higgs è compreso tra i 118 e i 180 Gev, ma quasi certamente, se i dati del Tevatron venissero confermati dal più potente Large Hadron Collider del CERN, si tratterebbe di una nuova esotica particella, forse una versione pesante del bosone Z  2 o un nuovo tipo di gluone. Infatti i ricercatori si aspettano che il bosone di Higgs decada subito perlopiù in due quark bottom, cosa di cui i ricercatori non hanno trovato traccia.

Infine, tutto questo potrebbe tutto essere dovuto ad una interpretazione errata dei calcoli statistici.
Solo il tempo, Grande Maestro, potrà svelare il mistero…

Arcobaleno di sera buon tempo si spera

Credit: Ethan Tweedie, Spaceweather

Questo è un rarissimo fenomeno ottico: l’Arcobaleno Notturno, in inglese Moonbow. Pochi l’hanno visto o fotografato, queste splendide immagini riprese da Ethan Tweedie a Kamuela, nelle isole Hawaii ne sono testimonianza.

Pochi ne hanno visto uno e molti anche se fossero così fortunati da incontrare tutte le condizioni per vederlo, non lo riconoscerebbero. Si tratta di qualcosa di molto sottile e debole per l’occhio omano che in condizioni di scarsa luminosità vede in bianco e nero; dopotutto si dice che al buio tutti i gatti paiono grigi.
Sicuramente questa immagine è stata ottenuta con un lungo tempo di esposizione, 5-10 secondi con un 28 mm probabilmente per poter catturare appieno i colori, ad occhio nudo si vedrebbe solo la tenue e sottile linea bianca.

Ma quali sono queste condizioni?

Moonbow at the lower Yosemite Fall - Credit: Wikipedia

Innanzitutto deve piovere, come per la controparte diurna, dalla parte opposta della sorgente luminosa, che di giorno é il Sole e di notte, ovviamente, la Luna.
Sempre ovviamente è necessario che la sorgente luminosa non sia offuscata da nubi, poi se la fase è intorno alla luna piena, meglio, altrimenti basta che la luce sia abbastanza forte da generare un arcobaleno percettibile e che il cielo di contrasto sia di conseguenza, molto scuro.
Per ultimo, è fondamentale che la sorgente luminosa, la Luna, sia ad una altezza dall’orizzonte inferiore a 42°, altrimenti la diffrazione della luce non sarebbe visibile.

In genere sono visibili sul bordo delle cascate, dove l’aerosol prodotto da queste compensa bene la necessità di una pioggia rivelatrice opposta alla sorgente luminosa: basta scegliersi il posto giusto!

Un’ultima cosa:  i Mooonbow non vanno confusi con un altro fenomeno simile nel meccanismo di genesi ma che non ha nulla a che spartire con l’arcobaleno: mi riferisco agli aloni che si generano in genere quando nubi di microscopici cristalli di ghiaccio chiamate cirri passano davanti alla Luna e formano appunto degli aloni a 22° dalla sorgente luminosa.

STEREO Serendipity: scoperto pianeta gemello.

Dopo aver fornito la prima immagine completa del Sole ad alta risoluzione lo scorso 2 febbraio 2011 1, il Solar Terrestrial Relations Observatory (STEREO), lanciato nell’ottobre 2006, ha compiuto un’ulteriore importante osservazione.

Parametri orbitali

Semiasse maggiore 0,97000479 UA
Perielio 0,95021731 UA
Afelio 0,96799347 UA
Circonf. orbitale 6,03185789 UA
Periodo orbitale 365,2564985 giorni
Velocità orbitale 28,593335 km/s (media)
Eccentricità 0,01
Longitudine del
nodo ascendente
215,374°
Satelliti 0 ?
Anelli 0
Dati fisici
Diametro equat. 11862,63 km
Diametro polare 11818,09 km
Diametro medio 11840,36 km
Volume 1,007382789 × 1021
Massa
5,507663 × 1024 kg
Periodo di rotazione 28,474 ore

Il sistema STEREO è costituito da due sonde gemelle, STEREO A e STEREO B, posizionate a circa 90° di distanza dalla Terra sulla sua stessa orbita, una che precede e una che segue il pianeta, quindi a 180° l’una dall’altra per consentire una visione globale della superficie del Sole. Durante un ciclo diagnostico di taratura di uno strumento a bordo di STEREO A, la sonda è stata puntata in una regione esterna al campo di vista del Sole e ha registrato quella che all’inizio si era ritenuto un grossolano errore di manovra. Ripetendo la stessa e assicurandosi che non ci siano errori nel sistema, gli scienziati hanno avuto modo di registrare la presenza di un pianeta gemello della Terra. I dati al momento sono stati confermati dalla seconda sonda STEREO B che ha ripetuto le osservazioni inquadrando la medesima porzione di cielo.

Una simulazione al calcolatore di come del nuovo pianeta STA-1 2011 Eden. Fonte: http://planetquest.jpl.nasa.gov/planetMakeover/planetMakeover.html

Il pianeta si trova a transitare vicino alla Terra ogni 1 378 723 anni, data la minore dimensione della sua orbita rispetto alla Terra, pari a 0,96 UA. E’ rimasto nascosto dal Sole e quindi alle osservazioni da Terra per un periodo di oltre 4 000 anni. Infatti, il nuovo pianeta, battezzato STA-1 2011 Eden, si sposta rispetto alla Terra di 0, 47” in un anno. Al momento è nascosto dal Sole e sarà visibile a partire dal febbraio-marzo 2013 dato che la sua velocità orbitale è di appena 1,18 km/s più lenta rispetto a quella della Terra.
Le analisi spettrali – ancora in fase di studio – mostrano la presenza di un’atmosfera più tenue di quella terrestre e di una massa un po’ inferiore a quella della Terra, pari a 0,93 volte la massa terrestre. Non sono stati rilevati satelliti naturali attorno al pianeta.

Ulteriori informazioni saranno date appena queste saranno rese disponibili.

Umberto Genovese, Sabrina Masiero,  Marco Castellani

Missione STEREO della NASA: http://www.nasa.gov/mission_pages/stereo/main/index.html
Altro link importante a questo indirizzo.


Un IFO contro al Sole

Credit: Larry Landolfi and John Stetson, Spaceweather.com

Il 26 marzo nei cieli del Maine, USA, è apparso un oggetto straordinario contro il Sole, fotografato da 2 astrofili che stavano fotografando il gruppo di macchie solari 1176. Il transito del misterioso oggetto sul disco solare è durato solo 0,65 secondi, ha detto Landolfi.
L’oggetto non è altro che la Stazione Spaziale Internazionale in orbita attorno la Terra e non ha niente di misterioso, ma solo di straordinario: è il frutto della tecnologia e dell’ingegno umano e dello spirito di collaborazione delle diverse Nazioni della Terra.
Potrete osservare i transiti organizzando le vostre osservazioni con le informazioni che potrete ricavare dal sito www.calsky.com che offre anche la posizione dei transiti con Google Map.
Sapevate che la ISS nelle più favorevoli condizioni brilla quanto Venere?

[Nota]: IFO e l’acronimo in inglese di Identified Flying Object


Quando Marte parlava a Guglielmo Marconi

 

 

 

Copyright: The New York Time

Guglielmo Marconi

Tempo fa trovai qui questo articolo in cui veniva commentato un vecchio articolo del New York Times che parlava di Guglielmo Marconi, l’inventore e fisico bolognese che per primo realizzò un sistema di comunicazione senza fili (oggi si direbbe wireless).

La cosa più mi colpì fu che Marconi si era convinto di ricevere segnali extraterrestri attribuendoli a fantastici abitanti di Marte che stavano comunicando, anche loro, per mezzo di un alfabeto composto da punti e linee come l’alfabeto Morse.
Marconi pensava che alcuni segnali spuri da lui ricevuti non fossero di origine terrestre e di questo ne nacque una discussione con gli altri scienziati impegnati nelle ricerche sulle radiotrasmissioni.

L’antenato del diodo al germanio: il coesore.

Uno di questi fu Edouard Branly, fisico francese che si era occupato dei miglioramenti dei sistemi di ricezione perfezionando il coesore, un tubetto di vetro dotato di elettrodi contenente polveri di nichel e argento e tracce di mercurio inventato da un altro fisico italiano: Temistocle Calzecchi Onesti 1.

Branly sosteneva che infatti i segnali Morse ricevuti da Marconi fossero di origine terrestre, prudentemente negando ogni ipotesi di origine  extraterrestre (esisteva un premio di 100.000 franchi francesi dell’epoca per chiunque fosse stato in grado di stabilire una comunicazione radio con altri mondi).
Altri scienziati come il direttore dell’Osservatorio di Parigi Edward Benjamin Baillaud dichiarandosi ignorante in materia affermò che le osservazioni radio svolte dalla Torre Eiffel non mostravano traccia di quei segnali.
Qualcun altro parlò di disturbi atmosferici, altri ipotizzarono una correlazione con l’attività solare, altri forse ci risero su pensando che forse questa vota il genio italiano l’aveva sparata troppo grossa 2.

Guglielmo Marconi si mosse quasi certamente dietro l’onda emotiva scatenata dalla scoperta dei canali di Marte da parte dell’astronomo Giovanni Schiaparelli che credeva di aver scorto sulla superficie del Pianeta Rosso una teoria di depressioni che chiamò canali nei suoi scritti, che, per un banale errore di traduzione in inglese, presero il nome di canals, ovvero strutture artificiali, trovando nell’astronomo americano Percival Lowell un fervente sostenitore.

Credo che invece Marconi ascoltò veramente dei segnali Morse provenienti dal cielo, ma che questi fossero di chiara origine terrestre, influenzati dall’attività solare e dal momento diurno: sono infatti convinto che Marconi stesse rivelando segnali Morse trasmessi da qualche parte sulla Terra e riflessi dalla ionosfera, scoperta solo qualche anno più tardi nel 1926 dal fisico scozzese Robert Watson-Watt, inventore del radar 3, e studiata dal fisico inglese Edward V. Appleton che gli valse il Premio Nobel.

Anche nelle storie più strampalate può esserci un pizzico di realtà.


 

Guglielmo Marconi

Guglielmo Marconi

Uno scrigno nel cielo australe

Nebulosa Tarantola. Credit: ESA/NASA

Uno dei miei desideri è quello di andare a vivere  nell’emisfero sud del mondo per qualche anno e così osservare le meraviglie celesti del cielo meridionale: le Nubi di Magellano, la Nebulosa Carena, la Croce del Sud … l’elenco è talmente vasto che occorrerebbe un atlante per contenerlo, qui non è proprio il caso.

Questa fotografia ripresa dal telescopio spaziale Hubble mostra uno di questi oggetti: la Nebulosa Tarantola o NGC2070 o 30 Doradus , a seconda di come ognuno scelga di chiamarla, situata nella Grande Nube di Magellano.
La 30 Doradus è enorme: 200 parsec 1 e dista 160-170 mila anni luce da noi: se si scambiasse di posto con la Nebulosa di Orione apparirebbe 60 volte più grande della Luna Piena e riuscirebbe proiettare ombre!
La sua natura nebulare fu riconosciuta sotanto nel 1751 dall’astronomo e abate francese  Nicolas Louis de Lacaille, noto per aver dato un nome a molte costellazioni dell’emisfero sud, prima si pensava che fosse soltanto una normale stellina di ottava grandezza.

La regione stellare R136 al centro della Nebulosa Tarantola Credit: ESA/NASA

In realtà 30 Doradus è la più grande regione di formazione stellare conosciuta nell’Ammasso Locale: una regione di idrogeno  ionizzato enorme, spazzata da venti stellari prodotti da antiche e nuove supernove e da giovani stelle blu, come quelle della regione R136 riprodotta qui a fianco.
Sono praticamente tutte delle giganti azzurre del tipo O3 2, uno scrigno di gioielli veramente unico!

Un giorno probabilmente 30 Doradus si evolverà in un ammasso globulare, uno dei tanti che circonda la nostra Galassia.

Sapete perché continuo a chiamare la nebulosa col nome di 30 Doradus? io non sopporto i ragni….

Le maree scatenano i terremoti?

Il mito della Superluna.

La teoria della Superluna: L’attrazione gravitazionale della luna piena al perigeo è in grado di deformare la crosta terrestre fino a scatenare i terremoti

In questi immediati momenti susseguenti una catastrofe naturale come il sisma in Giappone o lo tsunami del Natale 2004, ci sono strani personaggi che fantasticano sulle più disparate teorie sulle cause degli eventi e sulle certezze di poterli prevedere per il futuro.
Uno di questi – un astrologo –  chiama in causa un fenomeno lunare che lui chiama Superluna 1, ossia una luna piena che avviene al momento della minima distanza Terra-Luna chiamato perigeo.
Peccato che al momento del terremoto giapponese né l’una nè l’altra condizione si sia verificata, ma che questa si verificherà,ad esempio, il 19 di marzo 2011.

Parametri orbitali Luna
(All’epoca J2000)
Perigeo 363 104 km
Apogeo 405 696 km
Circonf. orbitale 2 413 402 km
Periodo orbitale 27,321 661 55 giorni
(27 d 7 h 43,2 min)
Periodo sinodico 29,530 588 giorni
(29 d 12 h 44,0 min)
Velocità orbitale
968 m/s (min)

1 022 m/s (media)

1 082 m/s (max)
Inclinazione
sull’eclittica
5,145396°
Inclinazione rispetto
all’equat. di Terra
da 18,30° a 28,60°
Eccentricità 0,0554

Questo è un fenomeno che, contrariamente a quanto racconta lo ‘strologo,  si verifica piuttosto spesso, ogni 413 giorni, anche se, la contemporaneità dei due eventi – l’opposizione esatta della Luna col Sole e il suo perigeo – è più difficile che combacino.
Anche l’evento del 19 non fa eccezione: infatti la luna piena sarà alle 18:06 UT, mentre il perigeo sarà alle 19:00 UT.
Il problema per la teoria della Superluna è che il terremoto  si è verificato invece proprio nel momento in cui l’azione mareale della Luna – a meno del primo quarto – e con la Luna che non era certo al perigeo (l’apogeo la Luna l’aveva raggiunto il 6 di marzo).
Questo dimostra senza ombra di dubbio che il mito della Superluna è sfatato.

Cosa sono le maree.

Le maree 2  sono alterazioni della superficie terrestre dovuti all’interazione gravitazionale dei corpi celesti con la Terra.
Le più evidenti e note sono quelle marine, che seguono l’andamento della  posizione della Luna nel cielo. Se la Terra fosse ricoperta da uno strato uniforme di acqua, queste avrebbero un’oscillazione di circa due metri, ma siccome  – per nostra fortuna – non lo è, l’escursione di una marea dipende anche da altri fattori come l’altezza dei fondali, la morfologia dei litorali etc.

La distanza media tra il centro della Luna e il centro della Terra (trascurando quindi il fatto che l’orbita lunare è ellittica) è di circa 384400 chilometri; questo significa che la parte della Terra rivolta alla Luna è 6373 chilometri più vicina e la parte opposta è altrettanto più lontana. Ponendo quindi a 1 la distanza tra la faccia rivolta alla Luna e il suo centro, la parte opposta è 1.0337 più lontana; non sembra molto, ma significa che sul lato opposto la Luna esercita un’attrazione che è il 93.58% rispetto al lato a lei rivolto.
L’effetto di questa differenza di attrazione è che entrambi i lati si gonfino, uno in direzione della Luna, l’altro dalla parte opposta.
La frizione dovuta al continuo rigonfiamento e rilascio della superficie terrestre e dei mari dissipa parte dell’energia di rotazione della Terra equivalenti a circa 1 secondo ogni 100000 anni. Se questo ritmo fosse stato costante avremmo perso circa 12 ore da quando si è formata la coppia Terra-Luna, ma il ritmo di dissipazione nel lontano passato era sicuramente molto più importante, data la vicinanza della Luna di allora rispetto alla Terra.
Infatti, rallentare la rotazione di un corpo significa una perdita del momento angolare, che per la legge di conservazione non può essere perso. Quindi questo comporta un allontanamento della Luna dalla Terra, quello che viene perso nella rotazione dalla Terra  viene recuperato in momento angolare attorno al più distante centro di gravità comune con la Luna.

Quanto incidono i corpi celesti sulla crosta terrestre.

Mentre la differenza gravitazionale tra i lati opposti del pianeta è sufficiente per una azione sensibile sulle masse liquide slegate come mari e oceani,  per quanto riguarda la parte solida della crosta terrestre, l’influenza  è molto più piccola, ma non del tutto insignificante.
L’effetto mareale dei corpi celesti si estende ovviamente anche alle parti solide della crosta, a cui si attribuiscono 55 centimetri di variazione per effetto mareale lunare e circa 15 centimetri per effetto del Sole all’equatore. Queste deformazioni della crosta sono importanti per la calibrazione dei sistemi GPS, ma anche per il corretto funzionamento degli accelleratori di particelle 3.
Anche queste, come le maree marine,  seguono lo stesso ciclo di 6 ore, ma a causa della maggiore inerzia della crosta solida le maree sulla componente solida del pianeta sono in fase con la Luna con un ritardo di circa 2 ore.
Il Sole è 27 milioni di volte più massiccio della Luna ma 389 volte più lontano,  quindi il suo effetto mareale è solo il 46% di quello lunare, mentre quello di Giove, il pianeta più massiccio del sistema solare, è appena un centesimo di quello sempre della Luna.

Se le variazioni di altezza sono evidenti  sulla componente liquida della superficie terrestre, molto meno lo sono quelli della componente solida. Ma queste sollecitazioni possono scatenare un terremoto?
Semplicemente non lo sappiamo. Certo è che la continua interazione mareale  può contribuire allo stress delle faglie tettoniche, ma è il calore interno del pianeta la principale fonte di energia delle placche.
Al loro reciproco movimento, le placche oppongono una grande resistenza che si accumula, un po’ come se cercaste di far scorrere due fogli di carta vetrata o di gomma antisdrucciolo tra loro. All’inizio questi non si muovono per l’effetto dell’attrito, ma poi uno dei due fogli cede sotto la spinta e si muove all’improvviso, senza alcun preavviso. È quindi questo che rende imprevedibile un terremoto, magari può capitare che un evento minore scateni l’energia fino ad allora accumulata da una faglia, come questa sia insensibile all’evento. Oppure un processo lubrificante come l’acqua o la composizione chimica o minerale di un punto particolare di una faglia impedisca a questa di accumulare abbastanza energia da scatenare un sisma violento; le variabili in gioco sono migliaia dove tutte sono importanti e nessuna è necessaria.

Non sono un geologo, ma non credo che possa esserci un metodo universalmente efficace e sicuro che possa aiutarci a prevedere un terremoto, né tanto meno può dircelo la posizione della Luna nel cielo.

La condivisione delle idee

Oggi non parlerò di scienza, di astronomia o politica.

Voglio solo farvi sapere che alcuni articoli de Il Poliedrico sono stati ripubblicati col mio consenso in altri siti. I siti in questione sono TuttiDentro e Gruppo Locale.
Sono orgoglioso che il lungo lavoro di ricerca e la cura che cerco continuamente di mettere nello scrivere per gli altri sia stata così ricompensata. Potrà capitare come è successo in passato che alcuni preziosi lavori di questi due siti vengano ospitati su Il Poliedrico che comunque continuerà la sua opera di divulgazione originale.

A questo punto volgo un ringraziamento a Sabrina Masiero per la sua preziosa collaborazione, invitandola a scrivere qualcosa di originale per il Blog.

La condivisione delle idee è stata fondamentale per lo sviluppo della civiltà umana.
Immaginate se la scoperta del fuoco, l’invenzione della ruota o della scrittura non fossero mai state condivise; se la matematica araba non fosse stata diffusa in Occidente, se Newton avesse raccolto e mangiato la mela 1 e avesse tenuto per sé le sue idee sulla gravitazione….
Oggi saremmo ancora vestiti di pelli d’animale, costretti a morire per un banale taglio sulla pelle e moriremmo a venti – trenta anni di vecchiaia, o forse non esisteremmo più, estinti principalmente per il nostro egoismo primitivo.
Invece oggi, abbiamo gli antibiotici 2 che ci curano dalle abrasioni, sappiamo – non tutti – leggere scrivere e far di conto, mentre tutti abbiamo le automobili con quattro ruote fatte di ferro. Il risultato è che abbiamo quasi quadruplicato la nostra aspettativa di vita e siamo una cività – nonostante i danni ambientali che purtroppo combiniamo.
Quindi tutto sommato l’aver condiviso esperienze e scoperte e avere inventato la scrittura, ci ha resi un pochino migliori di quello che eravamo.

A questo aspira anche Il Poliedrico, ad essere migliore. Cosa ne pensate voi lettori di questa nuova collaborazione?
Lasciate un commento…