il primo volo della Orion

 
Il primo lancio della nuova capsula Orion.
Credi: NASA
Schema della Orion e il suo inserimento nell'ogiva del vettore. Credit: NASA. Fonte: Wikipedia

Schema della Orion e il suo inserimento nell’ogiva del vettore.
Credit: NASA. Fonte: Wikipedia

Con un solo giorno di ritardo sul programma, Il nuovo veicolo spaziale Orion della NASA è stato lanciato con successo ieri mattina 5 dicembre 2014 alle ore 12:05 GMT (13:05 ora italiana) dallo Space Launch Complex 37 di Cape Canaveral, Florida.
Il lancio è stato effettuato da un razzo Delta 4 Heavy della United Launch Alliance, un razzo alto ben 73 metri per un peso di 740 tonnellate.
Rispetto alle antiche capsule Gemini e Apollo, la Orion vanta dimensioni di tutto rispetto: ben 3,4 metri di altezza per 5 metri di diametro di base. Così la Orion sarà in grado di trasportare fino a sei astronauti per escursioni di tre settimane  e quattro per le missioni più lunghe.

Il volo di prova della navicella è durato appena 4 ore e mezza, il tempo di percorrere un paio di orbite raggiungendo il punto più alto a 5800 chilometri di quota, ben 14 volte di più della Stazione Spaziale Internazionale (413 km) durante la seconda.
Così è stato possibile testare la tenuta del più grande scudo termico mai costruito per una navetta, che in fase di rientro ha raggiunto i 3200 chilometri orari (0,9 m/s) e una temperatura allo scudo di 2200° Celsius. Lo scudo della Orion non è in mattonelle riciclabili come quello dello Space Shuttle che era sottoposto a temperature ben inferiori, ma di materiale ablativo, cioè che si disperde durante il rientro in atmosfera.

L’ultimo viaggio di un veicolo adatto ad accogliere astronauti oltre l’orbita bassa fu nel 1972 con l’ultima delle missioni Apollo, la 17. 

 

Il rientro della Orion

 

Where no one has gone before!

Il lander Philae osservato dalla navicella Rosetta subito dopo il suo lancio.

Il lander Philiae osservato dalla navicella Rosetta subito dopo il suo lancio.

È ormai su tutti i blog del genere ma non potevo esimermi dal partecipare a questo evento storico. Alle 17:05 circa ora italiana il lander Philae che era partito dalla sonda madre Rosetta  stamani alle 10:00 si è adagiato sulla superficie della cometa  67P/Churyumov-Gerasimenko

La storia della missione è stata piuttosto travagliata e in origine era stato immaginato che dovesse addirittura riportare alcuni campioni cometari sulla Terra. Poi i soliti pesanti tagli di bilancio alla NASA fecero abortire l’idea di una doppia missione congiunta che prevedeva di usare hardware comune 1 per la sua Comet Rendezvous Asteroid Flyby e Rosetta dell’ESA, nate sull’onda dei successi astronautici raggiunti nel 1986 con la cometa di Halley. Il progetto americano morì e Rosetta fu completamente riprogettata dall’ESA, che però fu costretta a rinunciare all’invio dei campioni raccolti alla Terra per i soliti motivi di bilancio.
Poi nel 2002 un incidente al vettore Ariane 5 posticipò la missione al 2004, costringendo così a rivedere il bersaglio finale della missione che divenne l’attuale cometa.

Ma Rosetta in questi 10 anni non è mai stata con le mani in mano: il 5 settembre 2008 ha sorvolato da 800 chilometri l’asteroide 2867 Šteins e il planetoide metallico 21 Lutetia il 10 luglio 2010. Poi una ibernazione che prima del risveglio aveva procurato qualche apprensione. Ma niente paura, Rosetta ce l’ha fatta, alla faccia dei barbagianni che raccontano che la missione Rosetta sia stata soltanto uno spreco di soldi.

Le veterane dello spazio: le sonde Voyager

Voyager2

Riproduzione artistica della Voyager 2. Credit: il Poliedrico

Voyager 1 e 2, così come Pioneer 10 e 11, si stanno avvicinando ai margini del sistema solare. Credit: NASA / Jet Propulsion Laboratory

Voyager 1 e 2, così come Pioneer 10 e 11, si stanno avvicinando ai margini del sistema solare. Credit: NASA / Jet Propulsion Laboratory

Sono passati 37 ani e le due sonde Voyager sono a oltre 17 ore luce da noi. Il loro segnale quando giunge sulla Terra è appena un miliardesimo di miliardesimo di watt. Eppure entrambe ancora oggi paiono in buona salute, tanto da far sperare che lavorino ancora per i prossimi 10 anni. Costruirle ha rappresentato una sfida ingegneristica incredibile e quasi irripetibile, con la tecnologia degli anni ’70 che oggi tutti riteniamo obsoleta.

Le prime luci di Gaia

Il punto lagrangiano L2, dove orbita l'osservatorio spaziale Gaia. Credit: Wikipedia

Il punto lagrangiano L2, dove orbita l’osservatorio spaziale Gaia.
Credit: Wikipedia

Il 19 dicembre 2013 un vettore Soyuz ST-B/Fregat-MT 1 partito dallo spazioporto di Kourou (Guiana Francese), ha lanciato nello spazio Gaia 2, l’erede della fortunata missione Hipparcos (1989 – 1993).
Il 7 gennaio scorso il satellite Gaia ha finalmente raggiunto il punto lagrangiano L2, del sistema Terra-Sole, un’ottima, anche se affollata 3, finestra verso lo spazio. Il punto lagrangiano L2 è stato scelto per la sua  stabilità ‘orbitale 4 e perché offre una schermatura quasi totale alla radiazione solare grazie al cono d’ombra della Terra 5.

La prima luce di Gaia. α Aquarii. Credit: ESA/Gaia

La prima luce di Gaia. α Aquarii.
Credit: ESA/Gaia

Il 15 gennaio Gaia ha trasmesso la sua prima immagine pubblica: Il bersaglio scelto era Sadalmelik, una supergigante gialla distante 161 parsec (525 anni luce) conosciuta anche come α Aquarii.
L’immagine non era ancora perfettamente a fuoco, e anche tutti gli altri strumenti hanno bisogno di essere calibrati prima di diventare pienamente operativi. Ma già il 9 gennaio, quindi poco dopo aver raggiunto la sua orbita operativa, aveva dato un piccolo assaggio delle sue capacità mostrando di riuscire a vedere ben 17000 stelle in sole tre ore. Gaia sta dimostrando di essere un ottimo osservatorio.

Gaia si propone di compilare un catalogo tridimensionale dello spazio di circa un miliardo di oggetti astronomici della Via Lattea cercando anche di evidenziare così anche il loro moto. Si spera a questo modo di comprendere meglio la struttura della nostra galassia e la sua evoluzione futura.
Le misure spettrofotometriche di Gaia forniranno le proprietà fisiche dettagliate di ogni stella osservata 6, la loro luminosità assoluta 7, la temperatura effettiva , la gravità e  la composizione.

Come Hipparcos prima di lei, Gaia rivoluzionerà le nostre conoscenze del nostro angolo di cosmo. Studierà anche altre galassie e quasar, scoprirà un sacco di altri sistemi planetari extrasolari e darà la possibilità di confermare gli altri già identificati dagli osservatori a terra. Sarà un vero coltellino svizzero, anzi europeo, del cosmo nelle mani degli scienziati.


Note:

Neil Armstrong è morto

Neil Alden Armstrong
5 agosto 1930 – 25 agosto 2012.
Credit: NASA

Ci sono cose che avrei non voluto mai scrivere.

Di Pacini, Dulbecco, oppure di Bernard Lovell, morto solo l’altro giorno.
Eppure sono qui a raccontarvi di un altro lutto, quello del Primo Uomo che ha messo piede su un altro mondo.
Neil Alden Armstrong aveva compiuto 82 anni lo scorso 5 agosto – era nato nel 1930 – e oggi si è spento a Cincinnati, nell’Ohio.

Era poco dopo le 22:00 del 20 luglio del 1969 che lo vidi per la prima volta;  forse ora non sarei qui a scrivere per Voi se quel momento non ci fosse mai stato.
Ero ancora un infante, e quella sera non non volevo andare a letto. Volevo stare lì incollato alla televisione come milioni di altre persone sparse nel Globo. Ero troppo piccolo per poterlo capire, ma intuivo che quello era un momento speciale, per me e per tutta l’Umanità.
Mi ricordo del simpatico siparietto fra Tito Stagno e Ruggero Orlando in America su quando il LEM si era posato sul suolo lunare e delle parole che Neil Armstrong pronunciò al momento in cui posò il suo piede sul suolo lunare.
Per tanto tempo per me è stata una frase sbiascicata e incomprensibile, ovviamente avevo letto la traduzione delle sue parole ma non riuscivo a intenderle nelle registrazioni, e al tempo in cui furono pronunciate non le compresi affatto.

Nemmeno un anno dopo, poco dopo il tramonto vidi una sottile falce di Luna nel cielo e poco sotto e un po’ più indietro un puntino luminosissimo. Chiesi a mia madre cos’erano e lei mi spiegò che quella era la Luna, dove erano stati gli astronauti.
Quel tramonto accese la mia fantasia e la mia passione per il vasto Oceano Cosmico, mentre sognavo  di essere uno di quei astronauti che come  buffi pupazzoni goffamente si muovevano su quello strano mondo senz’aria, proprio come aveva fatto Neil.

Poi ho fatto tutt’altro nella vita, ma il ricordo di Armstrong che scendeva la scaletta  del LEM ha segnato il mio percorso di vita.
Con vero affetto, grazie Neil Alden Armstrong.

Curiosity è arrivato

Mars Rover Curiosity in Artist’s Concept, Credit: NASA/JPL-Caltech

Dopo 36 settimane di volo e 567000 chilometri percorsi (circa 3755 metri al secondo), la missione Mars Science Laboratory è arrivata a destinazione.
Il rover Curiosity – che pesa una tonnellata! – è atterrato sano e salvo su Marte pochi minuti fa, alle o7:31 ora italiana (05:31 UTC).

Il plauso del Blog va ai tecnici e gli ingegneri del Jet Propulsion Laboratory della NASA per l’eccellente lavoro svolto.