Sono molti i parametri che debbono essere presi in considerazione per poter considerare un esopianeta potenzialmente abitabile. Per inciso è giusto ricordare che anche se un pianeta può superare l’esame di tutti gli indici possibili non significa necessariamente che questo possa essere adatto ad ospitare forme di vita, come un pianeta può benissimo possedere un proprio ecosistema vitale pur avendo indici completamente diversi da quelli sin qui considerati.
Questo perché finora sappiamo di un solo pianeta che ospita la vita su cui possiamo calibrare le nostre conoscenze, il nostro.
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Neutrini più veloci della luce? forse forse proprio no …
Certamente vi ricorderete la clamorosa notizia dei neutrini più veloci della luce scoperti l’anno scorso nel corso dell’esperimento Opera del CENR Ginevra/Gran Sasso.
Forse vi ricorderete di più la barzelletta del Tunnel Gelmini che uscì fuori nel celebre comunicato del Ministro dell’Università e Ricerca 1 che partiva dai laboratori di ricerca di Ginevra e attraversava l’Italia perfetttamente dritto per 750 chilometri dentro la crosta terrestre fino ai laboratori del Gran Sasso.
Bene, nel settembre 2011 fu illustrato in una conferenza stampa del CERN che i risultati dell’esperimento Opera mostravano che un tipo di neutrini associati al muone (
) 2 percorreva la distanza di 750 km giungendo con 60 millisecondi di anticipo rispetto a quanto avrebbe fatto un raggio di luce nel vuoto a percorrere la medesima distanza.
In questi cinque mesi le elucubrazioni scientifiche o meno su come esistano dei neutrini superluminali si sono sprecate, dagli universi paralleli alle dimensioni extra e così via, ma a quanto pare era colpa della più infida delle bestie della scienza sperimentale: la riduzione degli errori strumentali.
Pare infatti che sia stato un cavo ottico del sistema GPS (un po’ più sofisticato di quello dei nostri normali navigatori satellitari) non serrato bene, o forse un errore nel timer del tempo di volo dei neutrini abbiano causato un errore sistematico nella lettura dei dati dell’esperimento 3.
Certo che magari la ricerca scientifica italiana non ne esce proprio bene; potevano essere controllati meglio tutti gli strumenti e le apparecchiature di controllo prima di emettere un comunicato che attestava la fine dell’era di Einstein, come qualcuno l’aveva chiamata 4.
Però vorrei tirare le orecchie anche a coloro che ora sono pronti a scagliarsi contro i fisici italiani 5: la Scienza è fatta anche – e soprattutto – di errori che vengono riconosciuti come tali e risolti. Questo è progresso scientifico, sfido altri campi del pensiero umano – come l’economia o la politica – a riconoscere e correggere i propri errori altrettanto bene e in fretta.
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Le aurore della 1402
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2012; Video by Chad Blakley and Lights Over Lapland (lightsoverlapland.com)
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Lunedì scorso il Sole ha fatto un po’ di capricci com’è sua consuetudine in questa fase del ciclo solare che volge al massimo del suo periodo undecennale.
Nei giorni successivi la Terra è stata bombardata da milioni di tonnellate di plasma caldissimo, composto perlopiù da protoni, prodotto dal gigantesco CME di classe 8,9 di quel giorno.
I risultati di questo bombardamento si sono visti in queste splendide aurore boreali, come potete vedere nel breve time-lapse ripreso in Lapponia (qui sopra).
Queste aurore sono risultate ben visibili anche da latitudini molto basse negli Stati Uniti, come dimostra questa fotografia qui sotto scattata a Marquette, nello stato del Michigan, che ha una latitudine simile a quella di Ginevra in Svizzera.
Intanto, il gruppo di macchie solari 1406 si è fatta risentire il 26 tra le 01:00 e le 06:00 UT con una serie di brillamenti di classe C che non dovrebbero comunque preoccuparci.
La magia della Luna Piena
Questo è un momento magico che si ripete ogni anno.
I pleniluni attorno all’equinozio d’autunno 1 hanno tutti una particolarità unica: nei giorni successivi la Luna non sorge col solito ritardo di 50-60 minuti, ma il ritardo rispetto al giorno precedente si assottiglia talmente da raggiungere per quest’anno, e per le coordinate dello scrivente, i 23 minuti per il plenilunio di settembre e i 29 minuti per quello di ottobre 2.
Nel Nord America il plenilunio di settembre viene chiamato Harvest Moon, La Luna del Raccolto. La paternità di questo nome è da attribuirsi ai nativi americani perché indicava il momento della raccolta del mais. Al culmine del raccolto, gli agricoltori avevano la possibilità di prolungare il lavoro fino a tarda notte grazie alla luce della Luna. Infatti per il paio di notti intorno alla Harvest Moon, la Luna sembra sorgere quasi alla stessa ora ogni notte: con un ritardo di appena 25 – 30 minuti negli Stati Uniti rispetto alla sera precedente, e solo intorno 10 – 20 minuti dopo per gran parte del Canada e del Nord Europa.
Il plenilunio di ottobre – che poi non è comunque troppo distante nel tempo dall’equinozio di autunno – sempre dai nativi americani è conosciuto come Hunter Moon o Blood Moon, la Luna del Cacciatore o la Luna Sanguigna, per ovvi motivi.
È il periodo in cui le foglie degli alberi diventano rosse e cadono. Per i nativi americani era giunto il momento di assicurarsi una buona scorta di carne per affrontare il lungo inverno. Dopo il periodo della raccolta di settembre i minuti in più di luce assicurati dalla Hunter Moon erano preziosi per cacciare gli animali prima che il clima quasi invernale diventasse troppo rigido e spingesse questi nelle tane in letargo.
Siete a conoscenza di tradizioni simili nel nostro Vecchio Continente o nelle nostre campagne? Scrivetemelo, sarò lieto di accogliere i vostri ricordi delle nostre tradizioni ormai quasi dimenticate.
Neutrini più veloci della luce? forse sì forse no …
È di queste concitate ore la notizia che gli scienziati dei laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso in collaborazione con quelli del CERN di Ginevra avrebbero scoperto che una forma dei neutrini associati al muone (
) supera la velocità della luce nel vuoto è 1 di circa 20 parti per milione.
Di per sé se venisse confermata la scoperta sarebbe semplicemente devastante: infatti per la meccanica relativistica niente può superare la velocità della luce purché abbia una massa – per quanto piccola – ma non nulla. E i neutrini, per pur piccola che sia, hanno una massa e per questo non dovrebbero nepure eguagliare la velocità della luce nel vuoto c, anche se dopo i fotoni sono le particelle più veloci.
Le prospettive che si aprirebbero a mio avviso possono essere sostanzialmente due:
la meccanica relativistica e la sua controparte quantistica potrebbero risultare essere una versione semplificata di una più ampia meccanica superluminare, forse una vera TOE (acronimo inglese per Theory Of Everything), un po’ come la meccanica newtoniana lo è per quella relativistica, oppure l’oscillazione neutrinica durante il percorso ha subìto uno strappo – ha preso una scorciatoia – sfruttando una di quelle dimensioni arrotolate che le bozze delle TOE attuali richiedono per essere coerenti.
Infine potrebbe anche essere un errore di riduzione dei dati raccolti, uno di quelli a cui proprio non si penserebbe mai, un po’ come quando si perde un pomeriggio a cercare gli occhiali e che poi si hanno sulla testa.
Basta, tra tunnel spaziali, passaggi extradimensionali, sto solo facendo della fantascienza anche se l’occasione di dire la mia era troppo ghiotta anche a costo di scadere nel ridicolo per lasciarla perdere.
Aggiungo solo che i dati della – per ora presunta – scoperta sono disponibili su Arxiv a questo indirizzo. Leggeteli e poi venite a commentare qui, o sul forum o su Facebook.
Dalla longitudine alla velocità della luce, storia dei satelliti Medicei
“…il giorno 7 gennaio del corrente anno 1610.
all’una di notte , mentre osservavo gli astri
celesti con il cannocchiale, mi si presentò
Giove, e dato che mi ero allestito uno
strumento davvero eccellente, mi avvidi che gli
stavano vicino tre Stelline invero piccole , ma
assai luminose…e mi destarono una certa
meraviglia perché, per il fatto che sembravano
disposte secondo una precisa linea retta e
parallela all’Eclittica e più luminosa di altre
di pari grandezza.”
(Sidereus Nuncius, Galileo Galilei)
Oramai tutti noi abbiamo presente la planimetria del nostro globo, la foma dei continenti e – più o meno – dove sono le più importanti città del mondo.
Ora per ricavare le coordinate assolute in ogni punto del pianeta richede solo una manciata di secondi e un qualsiasi navigatore GPS incluso oramai anche in moltissimi telefonini.
Beh, una volta non era così. La latitudine non era un problema, bastava misurare l’altezza della Polare per stabilirla, ma fino all’avvento delle radiocomunicazioni che permettevano la trasmissione istantanea dei segnali di tempo, era un problema calcolare la longitudine di un qualsiasi luogo.
La longitudine infatti si calcola misurando in maniera più precisa possibile il tempo locale e facendo la differenza con il tempo del meridiano di riferimento (adesso Greenwich Mean Time (GMT)).
Galileo Galilei, studiando i moti dei Satelliti Medicei si accorse ben presto che questi vanno incontro a periodici transiti dietro il pianeta gigante (occultazioni) o dietro il suo cono d’ombra (eclissi), tanto precisi da poterli usare come un orologio celeste.
Nel frattempo una delle potenze mondiali di allora, la Spagna, aveva promesso col suo re Filippo III una ricompensa a chiunque avesse trovato un efficace rimedio al principale problema della navigazione di allora, la determinazione della longitudine, causa principale di innumerevoli sciagure e naufragi dell’epoca.
Galilei mise a punto delle effemeridi e propose il suo metodo ai reali di Spagna, ma fu bocciato dai consiglieri del re 1.
Il metodo galileiano per produrre longitudini esatte vide il successo solo dopo la morte dell’astronomo pisano, e solo sulla terraferma, dove si poteva disporre di osservatori più stabili di un cannocchiale sul ponte di una nave. Per queste vide il successo di cronometri sempre più precisi ed affidabili 2, che facevano ricorso a un altro principio fisico scoperto da Galileo Galilei: l’isocronismo del pendolo.
Nella seconda metà del seicento, Giovanni Cassini (lo scopritore della omonima divisione negli anelli di Saturno e della celebre Macchia Rossa di Giove0) e il suo assistente danese Ole Rømer all’Osservatorio di Parigi si accorsero che vi erano delle discrepanze tra i tempi previsti dei transitti dei Satelliti Medicei e la posizione di Giove e la Terra lungo le loro orbite, in particolare i transiti anticipavano quando la distanza tra i due pianeti era minima e posticipavano quando questa era massima.
Questa fu la prima conferma sperimentale che la velocità della luce è finita. Rømer la calcolò in 210.800 chilometri al secondo, un valore inferiore a quello reale di 299.792,458 km/s dettato unicamente dalla scarsa precisione degli strumenti che Rømer e Cassini avevano a disposizione.
Come amo ripetere ai miei figli non è importante un calcolo sbagliato, quanto capire il concetto e arrivare alle conclusioni giuste. Rømer lo fece.
22 Aprile 2011: Giornata Mondiale della Terra
Il 22 aprile 2011 si festeggerà la Giornata Mondiale della Terra, un giorno speciale per ricordarsi del nostro mondo.
Mi chiedo con quale spirito andremo a festeggiare questo giorno quando siamo rei di aver distrutto – come esseri umani – interi ecosistemi, avvelenato mari e fiumi e terre.
Abbiamo forti responsabilità nel Global Warming 1, nello sterminio di altre specie animali – come le balene tanto per fare l’esempio più noto, eppure pur riconoscendo la gravità delle nostre colpe non facciamo abbastanza per invertire il nostro comportamento.
Siamo ormai una scheggia impazzita dell’evoluzione, capace di commuoversi per un orso bianco isolato su una zattera di ghiaccio nel mare che però ama la comodità del telecomando per accendere la televisione.
Molti nostri elettrodomestici vanno solo in standby, sono specificatamente progettati senza chiedere più il fastidio di azionare un interruttore per accenderli, giusto giusto per succhiare avidamente quel poco di energia da giustificare l’incessante rincorsa alla sempre maggiore produzione di questa.
Nel 2005 l’Unione Europea stimò in oltre 40-45 Twh 2 i consumi degli apparati elettrici in standby in Europa e per questo emise una direttiva 3 per dimezzare questi consumi e oltre, a partire proprio dal 2011. Ma anche solo 20 o 10 Twh sono sempre tanti per un solo continente, troppi per un pianeta al limite del collasso ecologico.
Dovremmo festeggiare il 22 aprile col capo chino e cosparso di cenere, piangere per quello che abbiamo distrutto e chiedere scusa alle future generazioni per lo stato in cui abbiamo ridotto il nostro pianeta: inquinato, sporco e febbricitante.
Dovremmo ricordarci del Nostro Pianeta invece tutti i giorni ed esprimergli il nostro amore con i nostri gesti quotidiani, attraverso il riciclo dei rifiuti o la conservazione dell’acqua, lo staccare la spina agli apparecchi in standby o la manutenzione delle nostre automobili.
Se vogliamo festeggiare degnamente il 22 aprile la Giornata Mondiale della Terra, iniziamo a cambiare le nostre abitudini già dal giorno prima e manteniamole nei giorni successivi, la Terra ce ne sarà grata.
Le combinazioni della Vita
I giorni passati e forse anche quelli futuri saranno per me impegnativi, non so quando avrò il tempo per scrivere qualcosa, in tal caso mi perdonerete spero per la prolungata assenza. Oggi vi voglio illustrare qualcosa che credo sia importante dal punto di vista scientifico e che riguarda un tema principe di questo Blog: la Vita.

Inclusioni fluide sono visibili all'interno di questi cristalli di sale. Credit: Binghampton University
DNA nelle capsule del tempo
Ricercatori dell’università di Binghampton, New York, hanno recentemente scoperto antichi batteri rimasti intrappolati in minuscole goccie d’acqua all’interno di cristalli di sale, conosciute come inclusioni fluide, recuperati nelle Death Valley e Saline Valley in California ma anche in altri luoghi come nel Michigan, nel Kansas e in Italia.
Per gli autori della scoperta, il professore in geologia Tim k. Lowenstein e il collega J. Koji Lum, professore di antropologia e di scienze biologiche, i batteri intrappolati hanno almeno 100.000 anni, ma soprattutto hanno il DNA intatto, nonostante che una minuscola goccia d’acqua intrappolata in un cristallo di sale nella Death Valley sia uno dei luoghi più inospitali per la Vita.
Riferendosi a inclusioni fluide studiate in passato, Lowenstein ricorda: “”Non solo abbiamo trovato i batteri,ma abbiamo scoperto anche molti tipi di alghe intrappolate nelle inclusioni fluide. Le alghe in realtà possono essere il cibo di cui i batteri sopravvivono per decine di migliaia di anni”.
Questa ricerca potrebbe produrre informazioni di valore inestimabile su come la Vita interagisca con l’ambiente in continua evoluzione su scale temporali geologiche e i meccanismi che consentono ai batteri di diventare materia inerte per periodi di tempo lunghissimi e non subire danni al loro patrimonio genetico.
fonte:
http://www.astrobio.net/pressrelease/3688/researchers-open-dna-time-capsules
Vita estrema sotto il mare
All’interno del programma di ricerca “Integrated Ocean Drilling” il microbiologo Stephen Giovannoni dell’Oregon State University ha guidato una spedizione nell’Oceano Atlantico che ha perforato il massiccio Atlantide per 1391 metri attraverso i sedimenti e il basalto, fino a raggiungere lo strato di gabbro, una roccia intrusiva simile al basalto, trovandovi colonie di batteri che si nutrono di idrocarburi come metano e benzene in un ambiente dove la temperatura raggiunge i 102 ° C.
fonte:

Credit ESO
Comete migranti
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La nube di Oort è una immensa |
I ricercatori di un team internazionale [1] coordinato dallo scienziato Hal Levison del Southwest Research Institute (SwRI) hanno simulato al calcolatore modelli matematici per osservare l’evoluzione delle comete durante il periodo della nascita del sistema solare e capire come possa essersi formata la Nube di Oort.
Anche se adesso il Sole non ha nessuna stella compagna, quando nacque non fu sola: la nube protosolare dette origine a molte altre stelle, come testimoniano anche le osservazioni astronomiche dei cosidetti globuli di Bok.
In quel periodo le distanze fra i singoli nodi (le protostelle) era molto inferiore di adesso e le forze gravitazionali nella nube era molto più basse, permettendo così l’interscambio di corpi minori tra le protostelle.
Questo meccanismo di cattura spiega efficacemente le dimensioni e la popolazione di corpi ghiacciati della nube di Oort, cosa che altri modelli non erano in grado di spiegare.
fonte:
http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2010/23nov_aliencomets/
http://www.swri.org/9what/releases/2010/cometorigins.htm
[1] Dr. Hal Levison (SwRI), Dr. Martin Duncan (Queen’s University, Kingston, Canada), il dottor Ramon Brasser (Observatoire de la Côte d’Azur, Francia) e il Dr. David Kaufmann (SwRI)
Conclusioni
A questo punto si può affermare che la Vita quale la conosciamo ha delle capacità di resistenza incredibili, come rimanere inerte per centinaia e migliaia e milioni di anni, come i batteri nelle inclusioni fluide ci mostrano.
La Vita dimostra altresì di sapersi adattare a qualsiasi nicchia ambientale essa trovi: che siano pozzi termali in fondo agli oceani o nelle profondità della crosta terrestre oppure in questa sedia impegnata a scrivere questo articolo o a leggerlo non importa; essa occupa tutti gli habitat che trova disponibili ad accoglierla.
Nessuno ha a disposizione una macchina del tempo per vedere cosa effettivamente accadde 5/6 miliardi di anni fa nella nube protostellare che ha dato origine al nostro Sole e alla nostra esistenza: ma i calcoli dimostrano che è plausibile che sia avvenuto uno scambio di corpi minori all’interno della nube con altre protostelle in formazione, e che questi corpi poi sono quelli che hanno fornito il nostro pianeta di acqua e forse, probabilmente, della Vita stessa, gli ingredienti c’erano tutti, i mezzi pure e anche il movente…








