Un flare solare mai visto prima

 

di Sabrina Masiero

 

 

Il flare solare osservato il 7 giugno 2011. Cortesia Solar Dynamics Observatory/NASA.

Qualche giorno fa, il 7 giugno 2011, un’email del Dr. Jack Ireland del Solar Dynamics Observatory /NASA molto mattutina e di una sola riga annunciava un evento davvero unico nella storia della fisica solare: ”Never seen anything like this before — spectacular” era il titolo di questa mail.
Non stava affatto scherzando.

Un magnifico flare alle 06:41 del Tempo Universale, il campo magnetico solare sopra il complesso di macchie solari 1226-1227 è diventato instabile e ha iniziato ad eruttare. L’esplosione che ne è risultataha prodotto un flare solare di classe M2 e una tempesta solare di classe S1, e un video davvero incredibile ottenuto dal Solar Dynamics Observatory (SDO) a varie lunghezze d’onda.

Ma in questo evento spettacolare c’è di tutto: un flare solare, un’onda coronale, un eruzione a filamento, un’espulsione di massa coronale (CME) e una pioggia coronale solo per dare alcuni nomi.
Qui sotto alcuni video ripresi a varie lunghezze d’onda.

304 Angstrom Video
171 Angstrom Video
211 Angstrom Video

 

Immagine ottenuta dal satellite HINODE XRT – 7 giugno 2011 ore 10:39 UT. Fonte: http://www.lmsal.com

Questo insolito flare causerà in queste ore una serie di interferenze e interruzioni con i satelliti di comunicazione, con i sistemi che forniscono la posizione sulla Terra (global positioning systems) e con altri dispositivi. Tuttavia questo non produrrà gravi danni. I voli dagli Stati Uniti verso l’Asia che attraversano una regione polare, verranno sicuramente modificati, per motivi di sicurezza e per poter mantenere le comunicazione con la torre di controllo.

Sicuramente anche le aurore boreali (Northen Lights) e le aurore australi (Southern Lights) saranno sicuramente ben visibili a partire da questa sera.

L’eruzione sul Sole è stata piuttosto drammatica” ha affermato Bill Murtagh, Program Coordinator presso lo Space Weather Prediction Center del National Weather Service (NWS) americano. “Abbiamo osservato il flare iniziale che non era poi così grande quanto, invece, lo è stata l’eruzione associata ad esso che ha liberato una radiazione di particelle energetiche associata ad un coronal mass injection“.

Gli scienziati che lavorano presso lo Space Weather Prediction Center in queste ore stanno monitorando e determinando la direzione del getto, perchè la maggior parte del materiale eiettato non è altro che gas associato ad un campo magnetico. Una parte di questo materiale probabilmente raggiungerà la Terra  dando vita ad una tempesta geomagnetica.

Non ci sia aspetta che sia tra le più drammatiche registrate finora, probabilmente la tempesta sarà di livello moderato: secondo i calcoli dello Space Weather Prediction Center l’evento dovrebbe produrre una tempesta geomagnetica con un’attività tra G1 (minimo) e G2 (moderato). I calcoli hanno previsto che l’evento possa aver avuto iniziato già a partire dalle 18 GMT di ieri sera.

 

 

Per ulteriori informazioni:

Geeked on Goddard – http://geeked.gsfc.nasa.gov/?p=6438

The Sun Today – http://www.thesuntoday.org/current-observations/a-spectacular-event-a-filamentprominence-eruption-to-blow-your-socks-off/
Helioviewer.org: http://www.helioviewer.org/

SpaceWeather.com: http://spaceweather.com/

Altre informazioni su:  Solar Soft: http://www.lmsal.com/solarsoft/last_events/

Space Daily: http://www.spacedaily.com/reports/Dramatic_solar_flare_could_disrupt_Earth_communications_999.html

Sabrina

 


 

 

Pubblicato originariamente su: http://tuttidentro.wordpress.com/2011/06/09/un-flare-solare-mai-visto-prima/

Una sonda di … polistirolo

Colin Rich, inventore delle Pacific Star

Qualche anno fa un gruppo di amici capitanati da Colin Rich ebbero la fantastica idea di fotografare la Terra dallo spazio con un pallone sonda, Siccome i palloni sonda generalmente non si trovano al supermercato – o sì? – decisero di costruirne uno con materiali facilmente reperibili. La struttura particolare della sonda era realizzata con fogli di polistirolo rinforzato con scotch americano (quello telato e grigio per riparazioni impossibili)  abbinata a un pallone meteorologico di tre metri di diametro per l’ascensione.  Gli ostacoli più importanti da superare furono:

  1. peso (che doveva essere inferiore a  1,8 kg per soddisfare le normative FAA)
  2. fonte di energia per alimentare le telecamere
  3. temperatura (la Pacific Star ha dovuto sopportare temperature di -50 Celsius)
  4. Global Positioning Systems
  5. altimetro di navigazione
  6. paracadute di rientro

 

CHDK
CHDK è un firmware custom esclusivamente per le Canon Powershot che sovrascrive temporaneamente il firmware originale del produttore mettendo a disposizione funzioni che sfruttano a fondo  l’hardware della fotocamera.
Tra le funzioni avanzate messe a disposizione, vi è quella di eseguire script particolari scritti dall’utente per automatizzare alcune operazioni; tra queste c’è lo anche lo scatto.

La prima sonda, la Pacific Star I,  lanciata il 2 maggio 2010, volò fino a 36271 metri di quota, fu quasi perfetta.
Le immagini riportate non furono un granché, mentre le fasi più critiche, il volo, l’atterraggio e il recupero andarono benissimo: qui potete vedere il video del primo lancio.
Forte di quell’esperienza Colin progettò una nuova sonda con  due macchine fotografiche acquistate su eBay di una nota casa e di un determinato tipo (presto vi dirò il perché):  la Pacific Star II, lanciata il 5 giugno dello stesso anno, volò fino a una quota di 37544 metri, qui potete vedere il video del secondo lancio.
Attraverso l’uso sapiente dell’hardware a disposizione e degli script di programmazione CHDK, Colin Rich è riuscito la seconda volta a far volare e recuperare la sua seconda sonda riportando a terra immagini spettacolari.
Non c’è due senza tre, e Rich non è stato fermo. Infatti, grazie alla sua esperienza nell’assemblare sonde a basso costo e peso, è stato contattato dal Lawrence Berkeley National Laboratory e dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti per includere nelle sue sonde strumenti in grado di monitorare la presenza di radionuclidi dovuti all’incidente di Fukushima e misurare la presenza di fuliggine nella stratosfera, parametro importante per studiare l’impatto antropico nel Global Warming.
Non c’è che dire: anche la Pacific Star III – lanciata il 25  maggio 2011, è stata un successo, arrivando fino quasi a 40000 metri in 3 ore e mezzo, come potete vedere dal filmato.
E chi l’ha detto che per fare scienza aerospaziale occorrono grandi cose? basta una vaschetta di gelato …. 🙂

 

Sito ufficiale : http://www.pacificstarflight.com/Pacific_Star/Open.html

Punti di vista

 

Credit: Il Poliedrico

Una Signora, fervente seguace di maghi e ‘strologi, ben sapendo il mio sano scetticismo verso queste due categorie – veramente tutto quello che tratta di occulto e esoterismo mi mette ansia – alla fine di un lungo dibattito mi ha chiesto la data di nascita e ha sentenziato dall’alto della sua scienza alquanto confusa:
L’avevo capito dal suo carattere sospettoso e oscuro, lei è uno Scorpione ….
A parte che io non mi sento affatto un aracnide – se lo fossi sarei un ragno eremita, soffro di una forma alquanto acuta di aracnofobia – ma piuttosto umano, le chiedo:
Da cosa l’ha capito?
e lei:
Dal Sole che in quel periodo transita da sempre nel segno dello Scorpione, che diamine!
Umilmente a quel punto le ho mostrato la mia carta del cielo del momento e del luogo dove sono nato e le ho chiesto ancora una volta:
Signora mia, come può vedere in quel momento il Sole era proprio a cavallo tra i segni della Vergine e della Bilancia; l’unica cosa che ho nello Scorpione è Mercurio in elongazione orientale, quindi in realtà cosa aveva capito di me?”

 

La Signora a questo punto  non mi ha saputo rispondere, mi ha salutato freddamente e se ne è andata…

Stella stellina, l’eclissi ti è vicina

Grazie all’attenzione di un lettore, Nicolò -che ringrazio, mi sono accorto che il software di simulazione (Stellarium) era saltato e proiettava dati non veritieri.  In realtà la disoccultazione di 51 Oph avviene alle 20:09 per la mia località di riferimento, con differenze minime rispetto al resto dell’Italia e quindi invisibile. Fatto salvo questo grossolano errore,  il resto dell’articolo rimane comunque valido. Grazie, e scusate di nuovo per l’imperizia.

 

 

 

 

Due nuove simulazioni dell’eclissi di Luna
15 giugno 2011 – Credit: Il Poliedrico

 

Disoccultazione 51 Ophiuchi (c Oph) prevista per le 21:45 - Credit: Il Poliedrico

Ecco due nuove simulazioni della trentaquattresima eclissi – di Luna – del centotrentesimo ciclo di Saros 1.

Una curiosità che ho scoperto guardando le simulazioni, è che alle 21:45 circa si disocculterà una stella abbastanza ben visibile rispetto a quelle che circondano il nostro satellite, perché è quella più luminosa, alla portata di un normale teleobbiettivo o binocolo, visibile anche a occhio nudo: c Ophiuchi o 51 Ophiuchi.

51 Ophiuchi

51 Oph, – per gli amici – è una stella un po’ particolare rispetto alle altre ben più attempate stelle normalmente visibili nel cielo. È una stella giovanissima, di età compresa tra i 700 mila e 1,5 milioni di anni le cui reazioni termonucleari si stanno per accendere proprio ora, una fase chiamata di pre-sequenza principale 2. È ancora avvolta nel suo bozzolo di polveri non ancora dissipate e …. possiede un disco planetario ben compatto in cui probabilmente si stanno formando per la prima volta attorno a questa stella dei pianeti.

51 Ophiuchi
Costellazione Ofiuco
Ascensione retta α 17h 31m 24,95s
Declinazione δ -23º 57’ 45,5’’
Distanza 410 anni luce
Magnitudine visuale +4,81
Magnitudide assoluta –0,80
Luminosità 312 volte Sole
Temperatura 10.250 K
Massa 4,2 masse solari
Tipo spettrale A0V
Velocità radiale -12 km/s
Età stimata 700000 anni
± 500000

Il sistema di 51 Oph è simile a quello di β Pictoris, il disco è visto di profilo dalla Terra.
La distanza che ci separa da 51 Ophiuchi è molto più grande rispetto a β Pictoris (appena 63 anni luce), pertanto il disco di 51 Ophiuchi è stato possibile osservarlo solo attraverso l’interferometro del Keck Observatory, il quale ha evidenziato ben due componenti distinte del disco: la prima, centrale, è una nube di particelle di polvere di grandi dimensioni, mentre l’altra sembra essere una nuvola che circonda tutto il sistema ed è composta da minuscole particelle di silicati che vanno da 7 a  1200 unità astronomiche dalla stella. Il disco interno ha un raggio di circa 4 UA, con una densità circa 100.000 volte superiore alla polvere del nostro sistema solare. Nel disco interno le collisioni hanno creato chicchi di grandi dimensioni superiori a 50 micron capaci di resistere all’intenso vento stellare,  mentre i grani inferiori ai 50 micron vengono espulsi dalla pressione di radiazione della stella.

Non sono molte le stelle che appartengono a questa classe speciale: le  Herbig Ae/Be praticamente sono stelle con una massa superiore a 2 masse solari  in una fase anteriore all’ingresso nella sequenza principale che avviene quando la stella raggiunge le condizioni di una fusione termonucleare dell’idrogeno stabile. Per le stelle con massa inferiore alle 2 masse solari questa fase è chiamata T Tauri dal nome della stella che per prima fu identificata con queste caratteristiche.

Come vedete, anche da una banale -si fa per dire – eclissi di Luna si può fare della sana astrofisica, d’altronde le eclissi così non capitano tutti i giorni!

Le foto migliori vengono al mattino

 

Mentre il mese di giugno sarà dominato dall’eclisse totale di Luna con ben 100 minuti di totalità, maggio è stato caratterizzato dalla congiunzione quadrupla di Mercurio, Venere,  Marte e Giove avvenuta i primi del mese all’alba e poi protratta con condizioni particolarmente favorevoli per la fotografia di Venere e Giove  fino alla fine del mese.
Purtroppo condizioni non proprio favorevoli del tempo mi hanno impedito l’osservazione, ma non le levatacce, attirando gli strali dell’intera casa, gatti compresi.

Cliccate sulle miniature e vedrete alcuni dei miei scatti di queste mattine.

 

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Una parentesi nel cielo

Credit; Il Poliedrico

 

 

Per ingannare l’attesa del 15 giugno, giorno dell’eclissi di Luna tanto atteso, mi sto cimentando in una serie di fotografie di soggetti astronomici, che a meno che non sia il cielo coperto, se ne stanno lì, fermi e buoni buoni sempre in posa, come prime donne del cinema.
E così stamattina alle 4:30 Ora Locale  (U.T. +2)  mi sono alzato, ho spalancato la finestra dello studio e lei, l’antica compagna di questo misero sasso sperduto nell’infinità del cosmo che chiamiamo Terra, era lì ad aspettarmi, con l’aria un po’ civettuola di chi è abituata a farsi fotografare.
E io che ho fatto? Ho fotografato, che diamine!
Eccola qui, pare una parentesi tonda nel cielo mattutino,  col cratere Grimaldi ben visibile accanto al bordo occidentale subito sotto l’Oceano delle Tempeste e le creste del cratere Vieta.
Purtroppo il seeing era pessimo e ho avuto serie difficoltà nella messa a fuoco. Pazienza, la Luna sarà sempre lì  quando lo vorrò.

L’eclissi di Luna del 15 giugno 2011

Simulazione grafica dell’eclissi di Luna del 15 giugno 2011 visibile dal territorio italiano
Credit: Il Poliedrico
Parametri Eclissi di Luna 15/6/2011
Tempo Locale (UT + 2)
Ingresso in penombra 19:24 [1]
Luna Piena 20:18
Ingresso in ombra 20:22 [2]
Alba Luna 20:48
Tramonto Sole 20:59
Avvio fase totale 21:22 [3]
Massimo totalità 22:12 [4]
Fine fase totale 23:02 [5]
Uscita dall’ombra 00:03 [6]
Uscita dalla penombra 01:00 [7]

Schema grafico dell'ombra della Terra. I numeri rappresentano i momenti del transito lunare. Gli orari sono quelli della tabella. Le fasi 1 e 2 sono invisibili dall'Italia. - Credit: Il Poliedrico

 

In passato ho già avuto modo di sottolineare l’importanza, anche solo visuale,  dell’osservazione di una eclissi di Luna.
Attraverso la qualità e la quantità di luce diffusa dalla nostra atmosfera e riflessa dalla superficie lunare si possono avere indicazioni dello stato della salute del nostro pianeta. Ovviamente come in questo caso, i primi minuti di osservazione saranno falsati dal fatto che l’eclisse inizia prima che questa sorga.
Nella tabella qui accanto ho indicato i momenti principali del fenomeno prendendo come riferimento la mia città nell’Italia Centrale, ma che con scarto di pochi minuti è valido anche per ogni altra località.

Carta del cielo 15 giugno 2011 - Credit: Il Poliedrico

Una cosa che ho premura di sottolineare è che la Luna nel momento dell’eclissi transiterà in Ofiuco – la tredicesima costellazione perduta dagli ‘strologi – tra lo Scorpione e il Sagittario,  proprio in primo piano rispetto il centro della Galassia! Uno spettacolo nello spettacolo davvero imperdibile!

Quanto gli oggetti del  profondo cielo saranno visibili, tutto dipende dalla magnitudine dell’eclisse 1 che quest’anno è di 1,695, quindi molto molto scura, con una durata di circa 100 minuti. Un lungo tempo dove gli astrofili più esperti potranno pianificare e sperimentare tante occultazioni di oggetti deboli, cosa non sempre possibile per l’eccessiva luminosità del nostro satellite naturale.

Gli oggetti del profondo cielo da osservare per l’occasione  non mancano, si va dalla Nebulosa Aquila,  alla Nebulosa Omega e la Nebulosa Laguna, verso il centro galattico. Ora non avete altro che da sbizarrirvi e se volete, Il Poliedrico metterà a disposizione lo spazio per pubblicare i vostri lavori.

Forza, tirate fuori le vostre macchine fotografiche e ungete gli arnesi! Che aspettate?

 

 


A mio Fratello

Circa un anno fa conobbi un Uomo proveniente dall’Africa, uno dei tanti ultimi del mondo, anche lui vittima di una delle tante, troppe guerre dimenticate, la cui casa era stata distrutta da una bomba. Una bomba di una guerra che si era presa sua moglie, suo figlio e il suo occhio sinistro.
Era arrivato  in questo paese con la speranza di  riavere almeno questo, ma il denaro per le cure era finito in fretta, prima che fossero compiute le diverse operazioni chirurgiche che avrebbero potuto aiutare il suo occhio, e così era finito per diventare un venditore ambulante, uno di quelli che vanno in giro tutto il giorno trascinando borsoni stracarichi più pesanti del loro corpo ricurvo a suonare i campanelli delle case per vendere misera merce.

Quando lo conobbi credo di aver comprato qualcosa, poi lui mi raccontò quello che ora racconto qui, ed è rimasta l’unica volta.
Quando capita da queste parti  passa a trovarmi, parliamo un po’ e poi io gli dono qualcosa, 5, 10 o 20 euro, tutto sommato poco, senza volere la sua povera roba in cambio; solo la promessa che quei soldi restino suoi e che non li divida con il racket che lo sfrutta.
Oggi il mio amico è passato e mi ha mostrato con orgoglio le lenti a contatto che è riuscito a comprare per coprire l’occhio offeso e ormai perso. Con queste lenti il suo occhio sinìstro non è più una orribile palla vuota e grigia.
Una guerra si era portata via il sorriso di quest’uomo che oggi pochi euro hanno in minima parte riscattato. Le mie misere briciole forse questa volta hanno fatto la differenza ridando la speranza ad un Uomo che io sento Fratello.

AMS-02 cacciatore di antimateria

Ringrazio Sabrina Masiero che mi ha chiesto di partecipare alla stesura di questo articolo. il mio contributo è stato minimo, ho solo fatto il cappello di apertura, la maggior parte dell’articolo è merito suo.

In collaborazione con Umberto Genovese

Idealizzazione della materia e antimateria.

L’antimateria fu ipotizzata diverse volte tra la fine del XIX secolo e i primi del XX, ma fu solo nel 1928 che il fisico Paul Dirac lavorando a una versione relativistica dell’equazione d’onda di Schrodinger scoprì che era necessario introdurre una nuova particella di carica opposta all’elettrone, un antielettrone o positrone, come poi sarebbe stata chiamata nel 1932 da Carl D. Anderson che la scoprì mentre analizzava le tracce dei raggi cosmici rilasciate in una camera a nebbia.

L’unica differenza reale che distingue una particella dal suo omologo opposto anti – per ogni particella conosciuta ne esiste una di segno opposto – è solo nella sua carica elettrica, l’elettrone ad esempio possiede la stessa massa a riposo e lo stesso spin di un positrone ma la carica elettrica è opposta. Lo stesso vale anche per i quark, stesso sapore e massa, ma con la carica frazionaria tipica di queste particelle fondamentali opposta. Così ad esempio l’antineutrone è composto da un antiquark up e due antiquark down, esattamente come il neutrone (1 quark up e 2 quark down), è anch’esso elettricamente neutro, ma rispetto alla particella ordinaria possiede un momento magnetico opposto (le cariche elettriche degli antiquark sono opposte).

A questo punto è chiaro che un universo interamente costituito da antiprotoni, antineutroni e positroni sarebbe altrettanto stabile quanto il nostro, che il segno anti a questo punto assume un titolo puramente convenzionale, giusto per distinguere le particelle dai suoi omologhi di carica elettrica opposta.

Anche se il termine antimateria incute paura in quanto un antiatomo che collide col suo omologo di materia ordinaria provoca l’annichilazione immediata dei due atomi convertendo interamente la somma delle loro masse a riposo in energia cinetica sotto forma di radiazione e altre particelle elementari – per questo non è possibile confinare e immagazzinare antiatomi elettricamente neutri – questa viene già usata comunemente in medicina: la tomografia a emissione di positroni (o PET dall’inglese Positron Emission Tomography).

Per finire, l’antimateria è stata scoperta formarsi sopra le nubi della nostra atmosfera, nelle fasce di Van Allen di Giove, e comunque in tutti i processi ad alta ed altissima energia.

Visto che l’antimateria immediatamente decade quando viene a contatto con la materia ordinaria, sorge spontanea una domanda: nella fase di bariogenesi, quando cioè la materia si è disaccoppiata dall’energia poco dopo il Big Bang, perché poi la materia con questa configurazione di carica elettrica di cui è composto l’universo che conosciamo è sopravvissuta all’annichilazione con la sua omologa di carica opposta?

È a questa domanda, e anche altre, che una collaborazione scientifica internazionale, che coinvolge 16 nazioni di tre continenti, 56 istitutizioni e 600 scienziati  vogliono dare una risposta con uno strumento significativamente più evoluto della camera a bolle di Anderson, l’Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02).

L’Italia è in prima linea nella realizzazione di un ambizioso esperimento di fisica delle particelle che avrà luogo nei prossimi mesi nello spazio, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) a quasi 500 chilometri di altezza dalla superficie terrestre. Con la missione STS-134 dello Space Shuttle Endeavour viene traslato sulla ISS l’Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02), uno spettrometro magnetico con l’obiettivo di studiare i raggi cosmici alla ricerca di nuclei di antimateria e tracce di nuove forme di materia che si possono riprodurre in laboratorio.

Il contributo dell’Italia è stato davvero importante per la realizzazione di AMS-02 con un finanziamento pari a circa il 25% sul costo totale. L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) insieme all’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) è responsabile della realizzazione dei principali strumenti a bordo di AMS-02, il potente “cacciatore di particelle”, come è stato definito dall’opinione pubblica internazionale. AMS-02 è stato realizzato in circa dieci anni da una grande collaborazione internazionale diretta dal Premio Nobel Samuel Ting del MIT e del CERN, il cui vice responsabile è il Prof. Roberto Battiston dell’INFN-Università degli Studi di Perugia.

I ricercatori dell’INFN hanno progettato e realizzato, sotto la gestione dell’ASI, alcuni tra i principali sistemi di identificazione di raggi cosmici, in particolare il time of flight, il rivelatore ad immagini Cherenkov, il calorimetro elettromagnetico, il tracciatore al silicio e gli star tracker. Nel 1998 un prototipo dell’esperimento, AMS-01, ha realizzato un primo volo con successo sullo Shuttle. AMS-02, portato in orbita con l’ultima missione Shuttle Endeavour, sarà successivamente montato all’esterno della ISS.

Questo spettrometro magnetico sarà in grado di identificare antiparticelle e antinuclei con una precisione di una parte per miliardo. Qualcuno lo ha confrontato con l’Hubble Space Telescope (HST), facendolo diventare il nuovo HST dei raggi cosmici, di cui misurerà la composizione nello spettro di energia compresa tra i 100 MeV e i 5 TeV. Realizzato sulle tecniche di rivelazione di particelle sviluppate negli esperimenti al CERN e presso i Laboratori dell’INFN, AMS-02 è composto da una serie di rivelatori in grado di “individuare” vari tipi di particelle di raggi cosmici che attraverseranno la sua sezione sensibile tramite misure di carica, velocità, energia e direzione di moto, ricostruendone la traiettoria all’interno del campo magnetico generato da un magnete permanente cilindrico che deflette i raggi cosmici carichi che lo attraverseranno.

Rappresentazione schematica dell’Alpha Magnetic Spectrometer. – Credit: INFN

Gli obiettivi scientifici sono molteplici. Da questo spettrometro magnetico ci si aspetta risposte a problemi che stanno alla base della fisica delle particelle elementari: dalla ricerca dell’antimateria primordiale allo studio della natura della materia oscura, che non emette luce come la materia ordinaria, e della cui esistenza si hanno prove indirette di carattere astrofisico, come per esempio lo studio delle curve di rotazione delle galassie. Non si hanno al momento prove dirette sulla sua esistenza anche se sembra che la materia oscura sia circa sei volte maggiore della materia ordinaria luminosa.

Il precursore AMS-01 aveva raggiunto in soli dieci giorni di funzionamento la stessa sensibilità all’antimateria ottenuta in decenni di misure con palloni stratosferici, identificando in meno di una parte per milione la proporzione della frazione nei raggi cosmici dell’antielio rispetto all’elio. AMS-02, capace di effettuare la ricerca diretta di antinuclei con una sensibilità di una  parte per miliardo, si propone di migliorare questo valore e di far luce su una delle grandi domande della cosmologia moderna, l’apparente scomparsa dell’antimateria primordiale.

Inoltre, AMS-02 compirà misure di precisione della composizione di tutte le componenti cariche dei raggi cosmici fino a una energia di 5 TeV, alla ricerca di eventi estremamente rari che sarà più probabile identificare grazie al fatto che gli anni di attività sono passati dai primi 3 anni ai 10 anni, anni che la ISS è in grado di garantire.

Anche gli aspetti tecnologici sono notevoli: AMS-02 è il più grande payload scientifico previsto per la ISS. Le sue dimensioni sono di circa 64 metri cubi per un peso di 6,9 tonnellate. Il magnete cilindrico ha un campo magnetico di circa 0.15 Tesla, ossia 3000 volte più intenso del campo magnetico medio terrestre. I rivelatori a bordo di AMS-02 sono in grado di rilevare in poche centinaia di microsecondi ogni singolo raggio cosmico che attraversa lo spettrometro.

AMS02 viene estratto dalla bay dello shuttle il 19 maggio 2011 alle ore 5:46 EDT. – Crediti NASA.

AMS-02 è un potente strumento per il quale è stato richiesto lo sviluppo e la qualificazione spaziale di numerose nuove tecnologie, molte della quali sviluppate dalle industrie italiane e nei laboratori dell’INFN, in particolare presso il Laboratorio SERMS di Terni.

Le industrie italiane coinvolte in questo esperimento: Carlo Gavazzi Space (Milano); G&A Engineering (Carsoli, Aquila); FBK-irst (Trento); SITAEL Aerospace, Euromec (Parma); Ri-Ba Composites (Faenza, RA), Carso (Trieste); e Galli & Morelli (Lucca).

Fonte: A.S.I. Agenzia Spaziale Italiana-Alpha Magnetic Spectrometer:

http://www.asi.it/it/attivita/astrofisica/ams_alpha_magnetic_spectrometer Sito dell’Alpha Magnetic Spectrometer: http://www.ams02.org/ Altre informazioni utili Video sulla Dark Matter: http://www.youtube.com/watch?v=pZGbopE-X2k&feature=player_embedded Video sull’antimateria: http://www.youtube.com/watch?v=mOKJXJ8BsSk&feature=player_embedded Video sull’Alpha Magnetic Spectrometer: http://www.youtube.com/watch?v=GOJsccquXNQ&feature=player_embedded Video dell’installazione di AMS-02 (animazione): http://www.youtube.com/watch?v=9SFislv9lhI&feature=share Album di AMS-02: http://www.flickr.com/photos/ams02/ Informazioni sulla ISS:  http://spacevids.info/


pubblicato anche su TuttiDentro

Sabrina e Umberto

Gliese 581 colpisce ancora

l'ipotetico pianeta Gliese 581g

Non è passato un anno da quando parlai di Gliese 581g, il famoso pianeta intorno ad una debole stellina di classe M3V nella Bilancia scoperto dal team di  Steven Vogt e mai confermato, tant’è che è diventata convinzione abbastanza comune che si sia trattato di una cattiva interpretazione dei dati.

Gliese 581d invece fu scoperto da un team di astronomi guidato da Stéphane Udry dell’Osservatorio di Ginevra utilizzando lo spettrografo HARPS montato sul telescopio di 3,6 metri dell’European Southern Observatory di La Silla, Cile, nel 2007. Il metodo è quello che anche altre volte ho descritto, si tratta quello della misurazione della velocità radiale. Un metodo che se da una parte fornisce le prove dell’esistenza di uno – o come in questo caso – di più pianeti, tutto si riduce poi all’interpretazione delle misurazioni fatte per ricavarne il periodo orbitale applicando la Legge di Gravitazione Universale di Newton (quella della famosa Mela).
Questo è tutto quello che ci è dato sapere su Gliese 581d, b, c, a oppure g, ammesso che esista, ed è sufficiente che il calcolo della massa della stella – ricavato dalla sua luminosità bolometrica assoluta e quindi legata alla sua distanza – si dimostri errato per sconvolgere tutte le ipotesi fino ad allora fatte sui pianeti in orbita.

Gliese 581
Costellazione Libra
Ascensione retta (Α) 15 h 19 m 26 s]
Declinazione (Δ) -07 ° 43 ’20 “
magnitudine app. (V m) 10,5
Distanza 20,3 ± 0,3 Anni Luce
(6,2 ± 0,1 pc )
Tipo spettrale M3V
Massa (M) 0,31 Masse solari
Raggio (R) 0,29 Raggi solari
Temperatura (T) 3.480 ± 48 K
Metallicità [Fe/H] -0,33 ± 0,12
Età 7-11 Miliardi di anni
Elementi orbitali Gliese 581d
Epoch JD 2451409.762 
Semiasse maggiore (A) 0,21,847
± 0,00,028  AU
Eccentricità (E) 0
Periodo orbitale (P) 66,87 ± 0,13 giorni
(0,183 anni )
(1600 ore)
Anomalia media (M) 56 ± 27 °
Semi- ampiezza (K) 1,91 ± 0,22 m / s
Caratteristiche fisiche
Massa minima 5,6 ± 0,6  Masse ter.
Data di scoperta 24 aprile 2007
Scopritori Udry et al.
Metodo di rilevazione velocità radiale
Luogo  della scoperta Osservatorio Silla, Cile

Ipotesi

Perché in fondo si tratta di ipotesi stimate sulla base di una curva di luce che ci dà sicuramente il transito rilevato 1 o sulla deviazione delle righe di assorbimento dello spettro per rilevare le oscillazioni della stella rispetto al suo baricentro.

Proviamo comunque ad interpretare questi dati che abbiamo (non riporterò i calcoli per non pesare, ma è così):
Gliese 581d è 5 o 6 (c’è chi dice 7) volte più grande della Terra che orbita a 30-32 milioni di chilometri dalla sua stella, cioè appena 3/4 dell’orbita di Mercurio, quindi molto probabilmente l’azione mareale del suo sole avrà reso il suo periodo di rotazione sincrono con quello della sua rivoluzione, un po’ come la Terra ha fatto con la Luna.
A quella distanza comunque la quantità di energia che esso riceve dalla sua stella è comunque molto basso, circa il 30% di quello che la Terra riceve ogni secondo dal Sole pur essendo 5 volte più lontana. Ma è ovvio, Gliese 581 è una minuscola stellina grande un terzo del Sole che irraggia quasi tutta la sua energia nella parte più bassa dello spettro elettromagnetico visibile e nell’infrarosso.

Il pianeta di ghiaccio

Per Udry -lo scopritore – Gliese 581d potrebbe essere un pianeta di ghiaccio – una specie di gigantesco Plutone – la cui orbita, prima più esterna, è decaduta nella posizione attuale.
Se l’ipotesi di Udry fosse vera, abbiamo visto come minime variazioni di insolazione durante il perielio di Plutone inneschino una chimica attiva fatta dal carbonio, metano e azoto, figuriamoci in un pianeta composto prevalentemente da ghiaccio e altri composti volatili come il metano  di quelle dimensioni. I composti volatili come il metano e l’anidride carbonica costituirebbero una spessa coltre atmosferica trattenuta dalla consistente gravità del pianeta, innescando un poderoso effetto serra capace di innalzare la temperatura ben oltre il punto di fusione del ghiaccio.
Questo però porterebbe ad una dissoluzione del pianeta, così come Venere non ha più – o forse non ha mai avuto – acqua liquida sulla sua superficie. Nell’arco di qualche centinaio di milioni di anni la palla ghiaccciata …. evaporerebbe a causa dell’effetto valanga innescato dall’effetto serra quando la velocità cinetica dei gas – soprattutto idrogeno – supera la velocità di fuga lasciando solo il nucleo compatto e denso fatto di roccia.  Quindi la fase oceanica non durerebbe poi molto per Gliese 581d.
A questo punto rimane l’ipotesi più probabile, ovvero che Gliese 581d sia un pianeta roccioso, come Venere e Terra.

Il pianeta roccioso

Modello matematico dell'atmosfera di Gliese 581d. Rosso e blu indicano un clima caldo e superficie fredda, mentre le frecce indicano velocità del vento a 2 km di altezza nell'atmosfera. (Credit: © LMD / CNRS)

Lo studio di Robin Wordsworth, François Forget, Franck Selsis, Ehouarn Millour, Benjamin Charnay, Jean-Baptiste Madeleine, pubblicato inizialmente su Arxiv 2 e poi su Astrophisical Journal Letters 3  si basa appunto su questo assunto: un pianeta roccioso 5-7 volte più masssiccio della Terra e che riceve dalla sua stella il 30-35% della quantità di energia della Terra.
Ora sappiamo che Gliese 581d orbita molto vicino alla sua stella, le forze mareali hanno sincronizzato la durata del giorno con quella dell’anno, 66 giorni più o meno. Dovremmo quindi attenderci una faccia del pianeta arrostita dal sole e una perennemente ghiacciata.
No, perché l’atmosfera del pianeta funge da termoregolatore importante redistribuendo il calore su tutto il pianeta, generando magari dei venti importanti, portando la temperatura media al di sopra del punto di congelamento dell’acqua.
Il team ha fatto le sue previsioni climatiche basandosi su un modello 3D di un’atmosfera simile a quella di Venere o della Terra primitiva, dove la chimica del biossido di carbonio e dell’acqua  erano fondamentali per tenere alta la temperatura del pianeta, al di sopra del punto di congelamento dell’acqua per quanto riguarda il nostro 4 e trasformando Venere in un inferno dantesco con una temperatura al suolo di 480° C, nonostante che il Sole di allora fosse del 20% meno luminoso di oggi.
Essendo Gliese 581 una stella che emette soprattutto nell’infrarosso e che la CO2 assorbe proprio intorno a quelle lunghezze d’onda, il cielo del pianeta dovrebbe essere ammantato proprio da un continuo crepuscolo rosso-bruno perché l’atmosfera è resa opaca a quei colori proprio dal biossido di carbonio.

Oppure Gliese 581d non ha un’atmosfera per colpa dei poderosi venti stellari di quando Gliese 581 era ancora una giovane stella, oppure ha una chimica atmosferica diversa, basata sull’idrogeno e elio, e allora queste sono state solo chiacchiere in libertà.

Oppure no?

Intanto ogni volta che si costruisce un’ipotesi scientifica si fa della scienza, e anche le chiacchiere quindi lo sono. Poi abbiamo iniziato a comprendere che l’evoluzione fisica di un pianeta non è disgiunta dalla sua atmosfera e che la composizione chimica di questa ha una notevole influenza nell’estendere la fascia Goldilocks ben al di là della mera equazione dell’inverso del quadrato della distanza dalla stella. Per finire è sorta la necessità che vengano compiute analisi spettroscopiche delle atmosfere dei pianeti extrasolari che avranno bisogno di nuovi e più sofisticati strumenti di indagine, con importanti ricadute tecnologiche, come sempre accade  in questi casi.