Il messaggio in bottiglia

Potrebbe essere che il nostro approccio alla ricerca di vita intelligente sia del tutto sbagliato: che ci ostiniamo a guardare nel modo sbagliato e che dovremmo invece sondare la vastità dell’oceano cosmico con metodi molto diversi. Magari basterebe sedersi sulla riva ed aspettare che il messaggio approdi dalle nostre parti.

Sono ormai diversi anni che si è trovato il modo di scrivere interi libri completi di immagini e della formattazione del testo in una sequenza di DNA. La densità di informazione che una catena di DNA può contenere è enorme: intorno a un milione di gigabit per millimetro cubico [1] [2]: l’intera Biblioteca del Congresso di Washington 1 potrebbe risiedere in appena poco più di questi 3 cubetti.
È vero, leggere il DNA risulta essere un processo molto più lento che leggere da un vetusto floppy degli anni ’80 o anche da un nastro magnetico, ma l’informazione  contenuta in esso può resistere inalterata per miliardi di anni: a confronto l’unico altro processo di conservazione dell’informazione che resiste nel tempo, ma non altrettanto a lungo, è l’incisione rupestre! Inoltre il DNA lo si può replicare esattamente una miriade di volte e non richiede alcuna energia per la sua conservazione. Tutti questi fattori rendono la comunicazione di informazioni attraverso il DNA — o catene polimeriche simili —un mezzo ideale: basti pensare che in esso è contenuta tutta l’informazione necessaria al corretto funzionamento di qualsiasi organismo biologico che conosciamo.

Supponendo che una razza aliena tecnologicamente evoluta voglia intenzionalmente mostrarsi al cosmo, potrebbe altresì essere cosciente dei limiti che ha una comunicazione interstellare attraverso le onde elettromagnetiche, come ad esempio la degradazione del segnale (non dimentichiamoci della legge dell’inverso del quadrato della distanza)  e prendere atto del rischio che una simile trasmissione potrebbe comunque rimanere inascoltata per le ragioni che ho espresso sopra: queste considerazioni potrebbero scoraggiarla dall’intraprendere questa strada e decidere di seguire altre vie per annunciare la sua presenza o rinunciarvi del tutto.

Oppure, e qui mi addentro nella pura speculazione scientifica, decidere di lasciare una traccia di sé, una testimonianza o il suo epitaffio, alle correnti dello spazio in forma di spore. Sarebbe un metodo meno costoso e assai più efficace: esso non richiederebbe una fonte costante di energia come per generare un segnale elettromagnetico e non conoscerebbe il problema della degradazione del segnale. Le spore se adeguatamente protette dalle radiazioni ionizzanti [3] potrebbero resistere inalterate per eoni e diffondersi per l’intera Galassia in un arco di tempo misurabile tra decine e centinaia di milioni di anni. Tutto il lavoro lo farebbero le onde di marea galattiche [4] [5] e i venti interstellari [6] che rimescolano incessantemente il gas e il pulviscolo del mezzo interstellare. In un certo senso è quello che abbiamo fatto anche noi coi dischi delle Voyager e le placche dorate delle Pioneer: annunciare la nostra presenza al cosmo a chiunque in un futuro molto lontano potrà scoprirle ed interpretarle. Per noi, come civiltà agli albori dell’era spaziale,  è stato un po’ l’equivalente più evoluto di una tavoletta sumera di argilla,  un niente in confronto a quanto una singola catena di DNA, una spora o anche un virus può contenere ma era quanto di più longevo potessimo offrire con la tecnologia degli anni settanta del XX secolo.

La panspermia

Nel progetto SETI, sono stati proposti molti modi in cui una possibile civiltà extraterrestre potrebbe rivelarsi: la produzione di onde radio e microonde, raggi laser e maser (una versione della tecnologia laser nelle microonde), modulazione pilotata di una sorgente naturale come una stella (in questa tecnologia potrebbe essere inserito il concetto della Sfera di Dyson [7]) o una pulsar, e così via: tutti sistemi che richiederebbero uno sforzo costante nel tempo, costoso e faraonico, ma con un importante limite temporale: la durata della civiltà. Niente dura per sempre: anche le stelle prima o poi si spegneranno, le galassie si disperderanno e l’Universo stesso finirà per cessare del tutto. Una civiltà aliena potrebbe aver preso in considerazione che il suo tempo è comunque limitato e scegliere quindi un modo più efficace per lasciare la sua testimonianza comunque. Lasciare il proprio epitaffio nel cosmo sotto forma di spore protette nei nuclei cometari della loro Nube di Oort quindi potrebbe essere ben più allettante che impegnarsi in un progetto che prevedrebbe l’uso di tecnologie di trasmissione da manutenere costantemente.
Cosa potrebbe scrivere una civiltà così avanzata in un segmento di DNA? Praticamente di tutto, la sua storia, la sua cultura e le sue aspirazioni. Ma.

La traiettoria iperbolica di ‘Oumuamua dentro il Sistema Solare interno. La posizione dei pianeti è stata fissata alla data del suo perielio mentre la traiettoria del corpo è stata calcolata ogni sette giorni. Le date seguono la notazione inglese. Credit: Wikipedia

Appunto, ma. Sappiamo che una singola catena di DNA può contenere tutta l’informazione necessaria alla riproduzione di ogni essere vivente qui sulla Terra e da poco abbiamo imparato anche come editare direttamente tale contenuto [8]. Non mi sento quindi di escludere il dubbio che una civiltà evoluta possa essere accarezzata dall’idea di voler trascendere al proprio declino cercando di trasmettere sé stessa oltre tale limite. Indirizzare lo sviluppo e l’evoluzione della vita sui pianeti di altre stelle con le sue stesse caratteristiche potrebbe quindi apparirle più allettante ed economico di una qualsiasi trasmissione  lasciata al caso.
In verità questa non è un’idea originale ma è vecchia quasi quanto la nostra cultura: AnassagoraLord KelvinSvante Arrhenius e Fred Hoyle, solo per citarne alcuni,  l’hanno sostenuta. Francis Crick (lo scopritore della struttura a doppia elica del DNA), verso il 1970 credeva che il DNA potesse essere il frutto di una tecnologia aliena, salvo poi ricredersi aprendo alla possibilità che il DNA si fosse spontaneamente sviluppato qui sulla Terra da forme ancora più elementari. Si chiama teoria della panspermia [9] forte. Una teoria estrema, quasi fantastica, ma che poggia comunque su solide basi scientifiche: tutto sta a verificarla. Lo  scorso anno apparve nel nostro sistema solare ‘Oumuamua, il primo corpo extrasolare mai identificato finora [10], a conferma che corpi di provenienza esterna possono viaggiare dentro i sistemi stellari senza problemi.

Nonostante ogni sforzo, finora ancora non siamo riusciti a comprendere come possa generarsi la Vita. Abbiamo creato nuove sequenze genomiche, batteri col più basso numero di cromosomi necessari per vivere, qualsiasi cosa. Eppure nonostante tutto il passaggio fondamentale tra la non-vita e la vita ci rimane ancora ignoto. Ricorrere alla panspermia non è altro che rimandare il problema: dire che la vita come la conosciamo potrebbe essere provenuta da addirittura fuori del Sistema Solare e per giunta per un disegno intelligente sarebbe soltanto un pagliativo e un passaggio in più da spiegare. Eppure l’ipotesi che una antica civiltà abbia disseminato spore vitali per la galassia con l’intento di preservare la sua esistenza passando per altre forme è oltremodo affascinante e a mio avviso merita di essere analizzata. Dopotutto le speculazioni servono a questo.

Ascoltando il silenzio

Nell’articolo precedente ho illustrato la base minima su cui partire per cercare di comprendere il mio pensiero: non credo alla colossale panzana degli ufini ma neppure mi sento di escludere a priori l’esistenza di altre entità biologiche extraterrestri intelligenti che condividono con noi l’interesse di studiare e di esplorare il cosmo.

La vita come la conosciamo è basata sulla chimica del carbonio. Il carbonio a sua volta non è sempre esistito ma è uno dei prodotti di scarto delle reazioni nucleari delle stelle. Le prime stelle dell’Universo apparvero piuttosto presto: appena un centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang. Ammettendo un paio di miliardi di anni come ciclo vitale delle prime grandi stelle, potremmo ragionevolmente affermare che l’Universo è in grado di sostenere la vita basata sul carbonio da almeno 9/10 della sua esistenza: cioè circa 12 miliardi di anni 1 [cite]https://arxiv.org/abs/1312.0613[/cite]. Se a questo dato dovessimo aggiungere l’intervallo che potrebbe essere necessario per traghettare la vita verso le forme dotate di intelletto almeno pari al nostro, prendendo la Terra come termine di paragone — in fondo è l’unico che per ora abbiamo, potremmo estrapolare che un cosmo potenzialmente abitabile da specie intelligenti sia possibile da almeno 8 miliardi di anni. È comunque un arco di tempo notevole che in qualche modo fa presente che una eventuale civiltà extraterrestre non va immaginata qui e ora ma cercata anche nella vastità del tempo.
Ogni tipo di comunicazione o segnale, per le nostre attuali conoscenze fisiche, non può essere più veloce della velocità della luce nel vuoto: ogni volta che osserviamo un qualsiasi oggetto, che sia l’albero di fronte a noi o il quasar più lontano nel cosmo, noi lo vediamo come era nel momento \(t – t_1\) in cui la luce lo ha lasciato ( \(t_1  = d / c\)).
Questo significa che anche se domani dovessimo scoprire segnali radio o di qualsiasi altra natura provenienti da una civiltà tecnologica extraterrestre, noi non potremmo prendere atto altro che del fatto che in un certo istante nel passato essa è esistita e che potrebbe essere, al momento della sua scoperta, ormai scomparsa. 
Un altro aspetto assai spesso trascurato è che ogni emissione elettromagnetica non è mai a costo zero: essa richiede energia per esistere, sia che si tratti dell’emissione di una stella o della luce di una lampadina o di una trasmissione radio. Certo, si potrebbe obbiettare che per una civiltà tecnologicamente avanzata la produzione di energia potrebbe non essere un problema ma questo a mio avviso non è, anche scientificamente parlando, corretto.
Inoltre, e questo è curioso oltreché vero, che le radioemissioni involontarie provenienti da una ipotetica civiltà extraterrestre che potrebbero rivelarci la sua presenza potrebbero essere assai limitate nella sua storia. Come ho spesso affermato su queste pagine anche in passato, le trasmissioni broadcast radiotelevisive di una potenza significativamente grande sono esistite per poche decine di anni, presto soppiantate da satelliti per le comunicazioni rivolti a illuminare aree limitate del nostro pianeta e cavi in fibra ottica transoceanici. Anche i nostri più perfezionati telefoni cellulari ci consentono di comunicare istantaneamente con ogni altra parte del globo con meno di un watt di radioemissione appoggiandosi a una rete di trasmettitori a bassa potenza e alle tecnologie satellitari, mentre il rumore elettromagnetico di fondo prodotto dalla nostra tecnologia basata sull’elettricità è aumentato a dismisura.
Una civiltà extraterrestre a 100 anni luce che ascoltasse la Terra potrebbe rivelarci tra 20-30 anni per poi vedere il nostro segnale crescere significativamente per una cinquantina d’anni e poi ridiscendere improvvisamente per lasciare il posto a un brusio di fondo molto forte alle frequenze più basse.
Per lo stesso motivo non potremmo percepire la presenza di un’altra civiltà con una storia evolutiva molto simile alla nostra molto a lungo a meno che i suoi segnali non coincidano col nostro periodo di ascolto: le loro emissioni potrebbero aver attraversato il Sistema Solare quando noi attraversavamo gli oceani su fragili caravelle o all’epoca della Guerra Civile Americana e oggi non saremmo più in grado di sentirli. A meno che non lo volessero di proposito ma quella è un’altra storia.

 Il paradosso di Fermi

È questo il vero problema e che potrebbe proporre una plausibile risposta al celebre paradosso: noi conosciamo la tecnologia radio soltanto da un centinaio di anni e solo da ottanta di essi questa tecnologia si è significativamente evoluta: su 8 miliardi di anni noi abbiamo la radio da un 100 milionesimo di questo arco di tempo. Pretendere che ascoltando qualche migliaio di stelle si capti una trasmissione intelligente in così poco tempo è statisticamente impensabile 2. Senza contare che le tecnologie di ricezione e di elaborazione del segnale si fanno ogni anno sempre più complesse ed efficaci: magari quella che allora era sembrata una spuria captata dall’arcaico Progetto OZMA oggi — o in futuro — potrebbe essere interpretata come un segnale intelligente.
Ma comunque qui ancora una volta sfugge una cosa fondamentale che può fallare ogni nostro sforzo: il nostro approccio alla ricerca di vita e intelligenza extraterrestre è comunque basato sul nostro grado di conoscenza e tecnologia, Cerchiamo segnali elettromagnetici — come le onde radio — perché in sostanza essi sono fondamentali nella nostra tecnologia, ma possono esserci altre forme di comunicazione e noi ignote o che non consideriamo come tali. Prendiamo il linguaggio umano: esso è basato sul suono, ossia la compressione modulata del mezzo in cui siamo immersi: l’aria. Ma molte specie di animali comunicano attraverso l’emissione e la ricezione di stimoli chimici come i ferormoni o altre molecole più elementari.

Stiamo ascoltando il silenzio e, a parte alcune ottimisti previsioni, continueremo a farlo per un bel po’. Qualcosa ancora certamente pare sfuggirci. Alla prossima …

 

(Continua…)

Dubium sapientiæ initium

Su un numero stimato di 200 miliardi di stelle nella Via Lattea, è abbastanza lecito ipotizzare che almeno più della metà di queste posseggano i requisiti minimi per poter ospitare pianeti adatti a sostenere la vita. Dal 1995, data della scoperta del primo pianeta extrasolare, ne sono stati scoperti per adesso quasi 4000, perlopiù in un’area grande quanto un piccolo francobollo di cielo. È vero, per ora conosciamo solo un pianeta su cui è presente la vita: questo; ma le leggi fisiche che governano la chimica della vita sono universali ed è quindi ragionevole supporre che essa possa essere presente anche su innumerevoli altri mondi in altrettante fantastiche forme.
Molti di quei pianeti – per ora soltanto stime – saranno semplicemente inadatti a sostenere la vita, altri potrebbero essere terribilmente inospitali e altri ancora invece potrebbero ospitare entità biologiche dalle più semplici alle più complesse per noi immaginabili. Ipotizzare l’esistenza di altre forme di vita complesse e intelligenti sparse qua e là nel cosmo non merita di essere considerata una semplice fantasticheria ma un esercizio di apertura mentale che già più di 450 anni fa Giordano Bruno, e prima ancora di lui anche altri filosofi, invitavano a compiere. Il programma di ricerca SETI (Search of ExtraTerrestrial Intelligence) cerca di rispondere proprio a questo. E se un giorno venisse confermata l’esistenza, passata o presente, di una civiltà extraterrestre tecnologicamente evoluta abbastanza da lasciare il segno della sua presenza?

[video_lightbox_youtube video_id=”JP9seZjxGpE&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]
Innumerevoli Soli e innumerevoli Terre [11]
Quanti possono essere i pianeti potenzialmente in grado di ospitare la Vita secondo i canoni terrestri? Non lo sappiamo, ma già oggi possiamo stimare quanti pianeti ci sono nella Via Lattea.

Non passa praticamente giorno che da qualche parte del mondo qualcuno affermi di aver scorto un UFO nel cielo. A me, che più o meno sempre osservato il cielo, non è mai capitato ma conosco persone che sono pronte a giurare di averne visti.
Una volta verso il tramonto vidi verso Nord-Est rispetto alla mia posizione una “stella” arancione che stimai ad occhio di magnitudine -4 (più o meno come Venere). Ricordo che stavo guidando e che addirittura mi fermai per vedere meglio. Era apparsa così, all’improvviso e sembrava quasi immobile nel cielo. Pochi secondi dopo questa si affievolì e scomparve. Non poteva essere Venere o un altro pianeta perché l’evento era lontano dal piano dell’eclittica e il Sole non era ancora tramontato e neanche poteva essere una vera stella o un fulmine o una meteora, che sarebbe stata indubbiamente più veloce. Quell’episodio avrebbe potuto essere preso per un tipico avvistamento UFO: un puntino luminoso che improvvisamente appare e scompare nel cielo. Ma scrutando meglio nel punto in cui la luce era scomparsa vidi una macchiolina, un puntino scuro che proseguiva la sua rotta: era un aereo che per un attimo aveva brillato della luce riflessa del Sole al tramonto e che per una fortuita coincidenza mi ero trovato nel giusto angolo di riflessione.
Ho visto bolidi e stelle cadenti, assistito a eventi Earth-grazer 1 e una volta quand’ero piccolo ho visto anche un fulmine globulare, ma ahimè neanche un UFO piccino picciò o a qualcosa che potrei definire tale.

Quanto è mai credibile la tesi che vuole navicelle spaziali aliene che si schiantano sulla Terra dopo un viaggio cosmico di migliaia di miliardi di chilometri?

Però, giusto per il fatto che io non ne abbia mai visto uno, non posso arrivare a negare che là fuori nel cosmo possa esserci, o esserci stata, una qualche altra forma di vita intelligente seriamente intenzionata ad esplorare lo spazio come abbiamo intenzione di fare noi. Solo che ritengo altamente improbabile che una qualche civiltà aliena spedisca qualche sua astronave a migliaia di anni luce giusto per ingaggiare un balletto di luci con qualche nostro aereo militare, succhiare il sangue di qualche pecora e rapire qualche contadino semialfabeta di qualche fattoria isolata. E poi questi benedetti UFO crash che qualcuno immagina essere quasi voluti per far progredire la tecnologia umana: non vi pare altrettanto assurdo che le stesse civiltà di sopra viaggino per migliaia di anni luce superando difficoltà gravitazionali, nubi cosmiche e radiazioni indotte per poi non saper come atterrare sulla superficie di un pianeta senza rischio alcuno?
Piuttosto mi aspetterei che una qualche civiltà aliena interessata a noi possa tentare un approccio più serio cercando di mostrarsi a tutto il genere umano o almeno con le sue emanazioni politiche. Qualcuno senza giudizio è arrivato ad affermare che questo sia già realtà almeno fin dai tempi del Presidente Eisenhower e che i governi di tutto il mondo fin da allora collaborino o comunque che siano bene a conoscenza della presenza di extraterrestri sulla Terra e che su questa notizia mantengono il riserbo più assoluto. Ma gli stati sovrani indipendenti e riconosciuti sulla Terra sono 196 e in settant’anni un simile segreto ormai non sarebbe più tale nonostante tutto; nondimeno, la stragrande maggioranza di essi sono rappresentazione diretta e partecipata dei loro cittadini, quindi è bizzarro credere che una notizia di questa portata possa essere così bene occultata per tanto tempo.

Gli sprite, o spiritelli rossi per via del loro colore, furono documentati scientificamente soltanto nel 1989. Raramente sono visibili a occhio nudo.

No, non credo che le cose stiano così e che tutta la faccenda degli UFO così come vuole descrivere una certa vulgata sia una colossale sciocchezza giusto per attirare qualche turista in qualche bizzarra località e vendere qualche libro-spazzatura buono per gente senza arte né parte.
Ma nondimeno, come ho affermato in passato [12], ritengo che sia doveroso non sottovalutare il fenomeno. Ad esempio per migliaia di anni abbiamo creduto che i fulmini si propagassero solo verso terra o le altre nubi, oggi sappiamo che possono propagarsi anche verso lo spazio scatenando una enorme potenza (gli sprite).
Magari altre scoperte importanti si celano dietro quei — pochi — fenomeni ancora inspiegati. È compito della scienza indagare prima che ciarlatani e buoni a nulla insozzino tutto con la loro spazzatura.

SPHERE celesti

Using the ESO’s SPHERE instrument at the Very Large Telescope, a team of astronomer observed the planetary disc surrounding the star RX J1615 which lies in the constellation of Scorpius, 600 light-years from Earth. The observations show a complex system of concentric rings surrounding the young star, forming a shape resembling a titanic version of the rings that encircle Saturn. Such an intricate sculpting of rings in a protoplanetary disc has only been imaged a handful of times before. The central part of the image appears dark because SPHERE blocks out the light from the brilliant central star to reveal the much fainter structures surrounding it.

Se poteste tornare alla lontana epoca della formazione del Sistema Solare, quasi  5 miliardi di anni fa, ecco cosa vedreste.
Questo è quello che invece vediamo noi oggi, qui sulla Terra, guardando verso  WRAY 15-1443 [13], una giovanissima (5-27 milioni di anni) stellina di classe K5 distante circa 600 anni luce. Essa è parte di un filamento di  materia nebulare nelle costellazioni australi del Lupo e lo Scorpione insieme a decine di  altre stelline altrettanto giovani. È il medesimo scenario che vide la nascita del nostro Sole.
Noi vediamo il disco protoplanetario ancora come è durante la formazione dei pianeti e prima che i venti stellari della fase T Tauri lo spazzassero via, È un disco caldissimo e denso, con una consistenza è una plasticità più simili alla melassa che alla polvere che siamo soliti vedere qui sulla Terra. Qui le onde di pressione e i fenomeni acustici giocano un ruolo fondamentale nella nascita dei protopianeti creando zone di più alta densità e altre più povere di materia. E questa immagine ce lo dimostra chiaramente.

SPHERE. Credit: ESO

Lo strumento di cattura della luce polarizzata ad alto contrasto SPHERE.

Credit: ESO

Se oggi quindi possiamo ben osservare i primi istanti della formazione di un sistema solare questo lo dobbiamo a SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch instrument) [14] [15]: uno strumento concepito proprio per catturare l’immagine degli esopianeti e dei dischi protoplanetari come questo.
L’ostacolo principale per osservare direttamente un esopianeta lontano è che la luce della sua stella è così forte che sovrasta nettamente la luce riflessa di questo: un po’ come cercare di vedere una falena che vola intorno a un lampione da decine di chilometri di distanza. Lo SPHERE usa un coronografo per bloccare la regione centrale della stella per ridurne il bagliore, lo stesso principio per cui ci pariamo gli occhi dalla luce più intensa per scrutare meglio. E per restare nell’ambito degli esempi, quando indossiamo un paio di lenti polarizzate per guidare o andare sulla neve, lo facciamo perché ogni luce riflessa ha un suo piano di polarizzazione ben definito e solo quello; eliminandolo con gli occhiali questo non può più crearci fastidio. Ma SPHERE usa questo principio fisico al contrario: esalta la luce polarizzata su un piano specifico e solo quella, consentendoci così di vedere particolari che altrimenti non potremmo mai vedere.

HARPS. Credit: ESO

Lo strumento per il rilevamento delle velocità radiali HARPS.

Credit: ESO

Oggi grazie a SPHERE e al team che l’ha ideato e costruito la ricerca astrofisica europea può vantare anche questo tipo di osservazioni che si sarebbe supposto essere di dominio della sola astronomia spaziale. E invece strumenti come HARPS[16] e HARPS-N alle Canarie consentono di scoprire sempre nuovi pianeti extrasolari, e ora SPERE ci aiuta a vederne pure alcuni.

 

Privacy e manipolazione ai tempi di Facebook

“Lamentarsi di violazione della privacy su Facebook è come piagnucolare se ti toccano il sedere in un’orgia. “

Questa esternazione non è mia ma di Leonardo Pieraccioni, comico toscano.
A seguito dello scandalo che ha travolto Facebook conseguente all’uso improprio dei dati personali di più di 50 milioni di utenti da parte della società Cambridge Analytica, dati usati probabilmente per influenzare l’opinione pubblica per le elezioni presidenziali americane, sono state avviate class action negli USA, da noi sono stati presentati esposti in procura dal Codacons, account cancellati in tutta fretta e così via.
Lo so, sono un bastian contrario per eccellenza, e riguardo a tutto lo sconcerto generato da questa scoperta a me non fa alcun effetto. Mi spiego meglio: i nostri dati, le nostre emozioni, le nostre speranze e paure, le mettiamo lì, in quella che oggi è diventata l’agorà virtuale per eccellenza. E adesso cancellarsi, cancellare il proprio account per rappresaglia o per cercare di tutelare le propria privacy è sia stupido che inutile: un po’ come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati.
Ma davvero credete che basti questo per ristabilire l’ordine delle cose? E poi, quale ordine?
Quando fate la spesa e vi viene proposta la tessera sconto, fate un acquisto online o usate il vostro bancomat per pagare il pieno dell’auto, dite in giro chi siete, quali sono i vostri gusti e interessi e dove vi trovate in quell’istante. Non è l’orwelliano Grande Fratello che vi sorveglia, siete voi come Pollicino che spargete sassolini bianchi per la strada con l’intento di non perdervi.
Un programmino del tutto banale e sciocco, come quelli “Come sarete tra vent’anni” o “Qual’è l’amore segreto della vostra vita” ha avuto accesso ai vostri dati – siamo stati noi ad accettare la sua richiesta di consenso dell’analisi del nostro profilo Facebook – e li ha scaricati da qualche parte per poi usarli a suo modo.
È una bischerata scrivere un programmino simile, Facebook, Twitter, Whatsapp, Google Plus etc. mettono a disposizione di chiunque le API per scrivere applicazioni che si interfacciano in maniera trasparente e naturale con loro. Basta leggere la documentazione di questi strumenti e usarle per i propri scopi, anche non leciti. E credete che chi si occupa di sicurezza nazionale ognuno per il proprio paese (FBI, MI 5, SISDE, Mossad etc.) questo non sappia farlo? Credete davvero che Cambridge Analytica sia lo sola che abbia fatto incetta dei nostri dati per poi rivenderseli a chi ha avuto l’interesse di pilotare le elezioni presidenziali americane? E più in generale: credete davvero alla solenne bischerata che il Presidente russo Putin decida di influenzare e pilotare le libere elezioni democratiche distribuendo meme su Salvini o Di Maio piuttosto che Le Pen o Ollande?
Queste sono bischerate per allocchi, giusto per coloro che vogliono farsi pilotare nelle decisioni e gusti esattamente come quando decidono di usare un dentifricio o un tipo di carta igienica piuttosto che altro e per far berciare allo scandalo chi adesso cerca di strumentalizzare la notizia.

Image result for saponetta radioattivaCent’anni fa era la carta stampata che aveva questo potere di persuasione, la gente voleva bere l’acqua additivata col radio (sicuramente on ottimo lassativo visto gli effetti delle radiazioni sui tessuti molli dell’intestino) perché era scritto sui giornali. Poi fu la volta della radio: Goebbels (capo della propaganda nazista) volle introdurre una radio [1. Il Volksempfänger (in tedesco “il ricevitore del popolo”).] in ogni casa tedesca affinché tutti potessero ascoltare i discorsi di Hitler. La televisione, il cinema e oggi Internet: tutto ciò che è in grado di raggiungere grandi masse della popolazione può essere usato per pilotare le sue emozioni e i suoi desideri.
Non volete che questo vi tocchi? bene, trasferitevi su un’isola deserta senza alcun contatto col mondo esterno, niente PC o TV, radio e l’elettricità per usarli. Forse così sareste al riparo da ogni influenza ma neppure ne potreste produrre voi stessi: condannati all’irrilevanza perpetua più assoluta, il concetto a mio avviso più vicino alla morte.
I media, la scienza, la religione e così via, sono semplicemente strumenti creati dall’uomo esattamente come lo sono un martello, un coltello o un fucile; tutto sta nel come li si usano: un martello serve a tirar su una casa ma può fracassare una testa, un coltello serve a tagliare il pane ma può sgozzare un uomo, un fucile può uccidere una fiera pericolosa e procurarci il cibo per sfamarci ma può anche ammazzare una persona.
Sta a noi decidere come usare questi mezzi o decidere di essere usati: non vorremmo che Facebook o qualche altro Social Network usi i nostri profili per scopi che non vorremmo venissero usati? e allora non divulghiamo certe cose che noi riteniamo private e importanti. Continuiamo pure a postare in giro foto di gattini e di paesaggi bucolici, io mi iscrissi a Facebook nel 2010 per seguire le notizie della NASA e le pagine di scienza in generale, poi da qui mi sono creato la mia piccola comunità di amici di cui sono fiero.
Non consento a Cambridge Analityca, a Putin o ad altri di pilotare le mie scelte perché le mie idee e i miei convincimenti, magari opinabili e pure sbagliati per alcuni, sono fondate sulla mia esperienza e le nozioni sull’argomento che posso raccogliere. Magari anche quelle fonti sono state manipolate, su questo non posso pronunciarmi, ma Internet offre forse per la prima volta nella storia umana la possibilità a chiunque di risalire alla fonte della notizia e di ascoltare più versioni di questa e quindi elucubrare il proprio convincimento.

Ripeto: partecipate pure all’agorà virtuale dei Social Network, ma cum grano salis.

8 marzo: festa della Donna.

Ammirate la foto qui sopra.
A tanti di voi magari non dice niente, anche perché certamente per il comune sistema mediatico è più proficuo mostrare una soubrette o una di quelle che immeritatamente chiamano vip semplicemente perché hanno posato svestite per Playboy o qualche altra stupida testata scandalistica, oppure hanno sposato qualche miliardario. 
Guardando la foto penserete alla classica nerd con gli occhiali, la secchiona dell’ultima fila che posa accanto a una pila alta quanto lei di noiosissimi libri: il classico topo (o dovrei usare la declinazione al femminile visto che è una donna) di biblioteca.
Quei tomi non sono l’antologia russa, quello è il codice dei computer delle missioni Apollo e Skylab; il software che ha portato l’Uomo sulla Luna. Lei è Margaret Hamilton [17], ingegnere capo del team che ha scritto quel codice.

Vera Cooper Rubin al Vassar College negli anni Quaranta. Crediti: Vassar College.

Per me le Very Important Person da ammirare e portare ad esempio per le nuove generazioni sono queste: donne che niente meritano di meno rispetto ai loro più noti colleghi maschi: donne come Vera Rubin, scopritrice della discrepanza tra il movimento angolare previsto delle galassie e quello osservato, oggi spiegato introducendo il concetto della materia oscura, e l’apparente anisotropia nel moto di espansione dell’Universo dovuta alla disomogeneità di distribuzione delle galassie su scala di centinaia di milioni di anni luce (i filamenti di materia nell’Universo che si frappongono a grandi vuoti).
E proprio Vera Cooper Rubin fu anche una paladina dei diritti civili delle donne, un impegno che lei ha portato avanti per tutta la vita e che spesso l’ha portata a scontrarsi col rigido conformismo accademico: se oggi abbiamo donne scienziato lo dobbiamo anche al suo contributo; per questo sarebbe opportuno oggi ricordarla.

Oggi voglio ricordare qui l’essenziale contributo che donne come queste offrono quotidianamente all’intera Umanità.

Geoingegneria del clima per combattere il Riscaldamento Globale

Quando la gente sente parlare di geoingegneria del clima pensa subito a oscuri disegni in atto per stravolgere l’attuale equilibrio umano. In realtà ogni volta nella storia del genere umano che si è alterato il corso di un fiume, scavato un pozzo artesiano per irrigare o una diga per produrre energia, si è fatta della geoingegneria, e questa sempre ha avuto conseguenze sul clima della regione interessata  1. La deforestazione selvaggia in Amazzonia, le deviazioni artificiali dei fiumi e la creazione di nuovi canali, anche l’edificazione delle città sono tutte opere dell’uomo che durano nel tempo, ossia sono strutturali e come tali hanno tutte conseguenze sul clima. Se non riusciamo a comprendere questo, diventa inutile proseguire la lettura di questa seconda parte.

Contrasto al Riscaldamento Globale

Da quando è apparsa la specie umana, questa ha imparato molto presto a modificare l’ambiente che lo circonda: costruire strutture abitabili al posto di caverne e anfratti ne è un banale esempio. E poi strade, ponti, campi coltivati; tutto ciò che gli è potuto servire per conquistare il pianeta, l’uomo l’ha fatto. E tutto questo ha sempre avuto un impatto sull’ambiente e anche sul clima. Anche l’attuale Riscaldamento Globale è dovuto quasi esclusivamente all’opera dell’uomo.
Prendemmo piena coscienza che le azioni umane agiscono sull’atmosfera ben più di quanto avremmo voluto credere intorno al 1985, quando scoprimmo che i clorofluorocarburi interagiscono negativamente sullo strato di ozono che normalmente ci protegge dalle radiazioni ultraviolette del Sole. Quella classe di molecole era presente un po’ ovunque nella tecnologia umana: dai frigoriferi alle lacche per capelli,  giusto per rimanere negli esempi più banali. In soli due anni, 1987, la produzione e l’uso di massa dei CFC venne proibito a livello internazionale e solo oggi, a distanza di 30 anni, possiamo vedere  che quello sforzo ha probabilmente avuto successo. L’abbandono di quella classe di molecole comportò costi e sforzi mostruosi nella riconversione a tecnologie più rispettose dell’ambiente, eppure in fondo si trattava di ben misera cosa in confronto all’attuale impegno tecnologico sui combustibili fossili responsabili del Riscaldamento Globale.
È impensabile pensare a una riconversione totale verso forme di energia più pulite dall’oggi al domani. Inoltre il ciclo naturale di sottrazione dell’anidride carbonica dall’aria per tornare, non dico ai livelli preindustriali ma almeno ai livelli degli anni 50 del XX secolo, richiederà almeno un secolo o due anche se domani mattina cessassero tutte le emissioni di CO2 di origine antropica. 
Studi sui sistemi di cattura dell’anidride carbonica (carbon capture and storage o carbon capture and sequestrationcarbon control and sequestration, CCS) [18] che potrebbero aiutarci nel contrastare il Riscaldamento Globale sono in corso da anni: si va dal rendere fertili, e quindi forestabili, alcune aree oggi desertiche, alla concimazione di alghe negli oceani con concimi chimici e particelle di ferro a tecnologie di sequestro della CO2 dalle attuali centrali elettriche a combustibile 2.

Il Riscaldamento Globale sta distruggendo la biodiversità del pianeta: un delicatissimo equilibrio su cui in cima è l’uomo. Per questo penso che se grazie agli studi dei climatologi sperimentali trovassimo un  modo pulito per attenuare il perverso innalzamento della temperatura media del pianeta avremmo l’obbligo di usarlo insieme al progressivo e inevitabile distacco dall’uso delle fonti fossili di energia.
È un processo che richiede tempi superiori alla vita media di un singolo individuo. Anche se idealmente incominciassimo domani, i frutti del nostro sforzo li vedranno nel migliore dei casi i nostri nipoti o i loro figli; non noi o i nostri figli, ma i nostri discendenti. Ma ogni sforzo che potremmo compiere per salvaguardare il pianeta è nostro dovere farlo, compresa l’ingegneria climatica se questa dovesse servire.

Lo stato attuale

Un tecnico del Dipartimento dei Lavori Pubblici della Contea di Los Angeles esamina un generatore di semina delle nuvole telecomandato presso l’impianto di Kinneloa a Pasadena. Se tutto procede come previsto, i serbatoi dietro il Big Tujunga, Morris e molte altre dighe, oltre a impianti di ricarica delle acque sotterranee, potrebbero catturare una media di ulteriori 60 milioni di ettolitri di acqua piovana all’anno, sufficienti per gli standard americani per 36000 persone. Ci sono 10 sedi nelle montagne di San Gabriel tra Arcadia e Pacoima, sei a comando manuale e 4 a distanza. Credit: Howard Lipin

Alla luce di quanto affermato nel precedente articolo di questa serie, si potrebbe supporre che ci sia del vero dietro all’idea che già sia in atto un piano occulto per rielaborare scientemente il clima del pianeta. Allora in questo caso verrebbe da chiedersi se davvero le teorie del complotto delle scie chimiche siano vere. No, non esiste e non è in atto alcun piano segreto o palese che attualmente preveda il controllo del clima a livello globale.
È vero che esperimenti e tecniche di manipolazione del tempo meteorologico — che non significa manipolare il clima — esistono ormai da decenni: si chiamano inseminazione delle nuvole. In pratica si usano particelle di varia natura per nucleare l’umidità naturale di una certa area e far piovere [1.Le tecniche di inseminazione delle nuvole si basano sul fatto che la pressione di equilibrio del vapore del ghiaccio è inferiore rispetto a quello dell’acqua. La formazione di particelle di ghiaccio all’interno di nubi super raffreddate permette a queste di crescere a spese delle altre goccioline liquide. Se si verifica una crescita sufficiente, le particelle diventano abbastanza pesanti da cadere come precipitazione da nubi che altrimenti non potrebbero produrre precipitazioni. Questo processo è noto come semina “statica”. Le sostanze più comuni utilizzate per la semina delle nuvole includono ioduro d’argento, ioduro di potassio e ghiaccio secco (anidride carbonica congelata). Dopo alcuni convincenti test, sta diventando piuttosto popolare anche il più economico sale da cucina, per le sue notevoli doti igroscopiche. Lo ioduro d’argento ha invece una struttura cristallina molto simile a quella del ghiaccio, inducendo quindi una nucleazione per congelamento.]. Non tutti gli scienziati  del clima sono concordi sulla sua efficacia [19] [20] ma tale tecnologia è comunque di uso abbastanza comune in molti paesi del mondo. Ad esempio in Germania la usano per prevenire le tempeste di grandine [21], nel Sud-Est Asiatico per combattere l’inquinamento atmosferico, in Cina fu usata per la cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici di Pechino del 2008 [22]. Probabilmente i sovietici usarono le tecniche della pioggia artificiale per impedire che la nube radioattiva di Chernobyl (1986) arrivasse su Mosca [23]. In California viene usata per combatttere la siccità cronica della regione [24]
Un impiego bellico di tale tecnologia si ebbe tra il 1967 e il 1972 [25] durante la Guerra del Vietnam, come riportano anche alcuni documenti del Pentagono [26] (Operazione POP EYE).

Verso la fine della I Guerra del Golfo gli irakeni incendiarono pzzi, campi e laghi petroliferi giusto per rallentare la Coalizione guidatra dagli Stati Uniti.
Si stima che dal gennaio 1991 e novembre di quell’anno fossero stati bruciati circa un miliardo di barili di petroli. Esso però equivale ad appena a una decina di giorni del consumo mondiale odierno (circa 100 milioni di barili al giorno).

Però il 18 maggio del 1977 all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite fu stipulata una convenzione che proibisce l’uso militare di qualsiasi tecnologia per il controllo e la modifica del clima [27]. Questa fece seguito alla decisione unilaterale USA del luglio 1972 di rinunciare all’uso di tecniche di modifica del clima a fini ostili e che premette per la stipula di un accordo internazionale che coinvolgesse anche l’Unione Sovietica.
Perfino sistemi a bassa tecnologia come il fuoco e gli erbicidi, ampiamente usati da Saddam Hussein nella Prima guerra del Golfo contro il Kuwait — incendiò i pozzi petroliferi per impedirne l’uso alla Coalizione e distrusse le coltivazioni agricole kuwaitiane — potrebbero costituire violazioni della convenzione sul controllo e modifica del clima [28],  secondo la lettura che fecero Olanda e Finlandia del trattato.

Quindi supporre una qualsiasi ipotesi di complotto globale come vuole la vulgata complottista, è fuori di discussione. Non starò qui a perdere tempo per descrivere simili corbellerie, altri siti e giornali l’hanno fatto prima di me. Io ho solo cercato di esporre lo stato dell’arte su alcune ricerche serie sull’ingegneria climatica e illustrato la loro possibile utilità nel combattere un altro flagello creato dall’uomo come effetto collaterale della sua tecnologia Ed è quello che mi interessava fare.

Geoingegneria del clima fra superstizione e studi di fattibilità

Mi spiace essere assente su queste pagine così a lungo come in questo periodo. In verità è che sono concentratissimo nel portare avanti il mio antico progetto di costruire un astroinseguitore alla mia maniera, che vorrei terminare prima della eclissi di Luna di luglio. Ma torniamo a noi. Spesso purtroppo esiste un limite sottile oltre il quale molti non osano andare a guardare, un po’ come quelle vecchie signore scandalizzate che in spiaggia si turavano gli occhi alla vista di un bikini ben indossato, lasciando però aperta una sottile fessura per sbirciare meglio. Con questa metafora voglio dire che invece la scienza ha l’obbligo di vedere e di indagare anche e soprattutto è sconveniente.
La scienza è uno strumento. Intellettuale ma pur sempre e solo uno strumento. Non è di per sé buona o cattiva come taluni vogliono che si creda, e piegarla al proprio volere è negare la sua natura.

 

[video_lightbox_youtube video_id=”j_zFD8y30rk&rel=false” auto_thumb=”1″ width=”800″ height=”450″ auto_thumb=”1″]

Nei giorni scorsi mi è capitato di dover affrontare una spinosissima discussione che è in bilico tra le bischerate (le cosiddette fake-news per i detrattori della lingua italiana) e la scienza. Tutto parte da un vecchio servizio del TG2 RAI scritto, come loro solito sui temi di natura scientifica, coi piedi.
Il servizio fa riferimento a uno studio dell’Università di Harvard [29] che parla di test per determinare quale tipo di aerosol può essere efficace ad essere distribuito nell’atmosfera per innescare un calo della sua temperatura e sui suoi effetti sull’ambiente.

“A metà mattina di Pentecoste, l’8 giugno 1783, in un tempo sereno e calmo, una nera foschia di sabbia apparve a nord delle montagne. La nube era talmente estesa che in breve tempo si era diffusa su tutta la superficie e così densa da causare oscurità all’interno. Quella notte vi furono forti terremoti e tremori “
Jón Steingrímsson, sacerdote luterano islandese (1728, 1791)

Di per sé non è un’idea nuova. Già altri in passato avevano proposto di cospargere la troposfera con biossido di zolfo (anidride solforosa) dopo aver notato gli effetti dell’aerosol vulcanico sul clima nell’eruzione del vulcano Pinatubo del 1991 [30]. Anche se  quindi si tratta di imitare in qualche modo quello che già avviene in natura, le eruzioni vulcaniche, l’idea non è poi così innocua.
Negli anni immediatamente successivi al 1793-1794 l’intero continente europeo venne sconvolto da una terribile carestia provocata dall’eruzione del vulcano islandese Laki: le cronache inglesi e irlandesi parlarono di mesi tristi e senza sole; gli effetti furono percepiti fino in Giappone e in Egitto [31]. Furono le piogge acide e il repentino calo delle temperature a scatenare la terribile carestia che poi condusse il popolo francese ormai stremato alle rivolte che culminarono con la Rivoluzione Francese.
Inoltre,  altro effetto altrettanto importante, è la deplezione dello strato di ozono [32]. Già tutto questo dovrebbe bastare a rendere l’ipotesi di riprodurre il comportamento dei vulcani una pessima idea.
Ma questo chi studia il clima lo sa già ed è per questo che il gruppo di Harvard vuole esplorare altre vie che non prevedano la SO2, e quindi parlano di testare vapore acqueo, calcite (carbonato di calcio), ossido di alluminio (allumina) e perfino polvere di diamante su piccole aree usando banali palloni sonda con carichi di un chilogrammo. Altri studi analoghi prendono in considerazione anche altri tipi di particolato, come anche ad esempio polveri con qualità fotoforesiche 1 L’effetto prodotto da queste ricerche è quasi nullo anche per l’area interessata dagli esperimenti ma misurabile. 

Niente di cui preoccuparsi?

Nel 1783 l’eruzione del vulcano islandese Laki influenzò per quasi un decennio il clima del pianeta.

Di certo non dei test in sé, al di là di qualsiasi risultato essi diano; ho più timore dello scarso acume di chi vede in tutto questo un sinistro disegno di controllo e/o di sterminio della razza umana nascosto dietro questi test. Non è certo un chilo di polvere, per quanto strana essa sia, a doverci preoccupare. La Terra nella sua perenne corsa nello spazio raccoglie ogni giorno tonnellate di schifezze spaziali di ogni tipo  [33]. Non mi credete? State qualche giorno senza spazzare sotto il vostro letto e con la finestra aperta. Poi raccogliete la lanuggine e passatela con una calamita; vedrete alcune particelle più o meno piccole, alcune di queste saranno  addirittura microscopiche: quello è pulviscolo cosmico, resti di meteore che ogni giorno intersecano la Terra e vengono distrutte nella fase del loro ingresso nell’atmosfera e rimangono sospese nell’aria prima che si posino sotto il vostro letto.
Oppure, se vogliamo rimanere sugli effetti antropogenici, cioè quelli causati dall’uomo, basti pensare all’inquinamento atmosferico delle nostre città: i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente affermano che i decessi prematuri legati all’inquinamento atmosferico (esposizione a lungo termine al particolato, al biossido di azoto e all’ozono) che si verificano in Europa sono 487600, con il dato italiano molto al di sopra di questa media, con ben oltre 90 mila morti premature ogni anno. Tanto per notare l’entità del disastro ambientale basta salire di quota qualche centinaio di metri e osservare il panorama più in basso verso l’orizzonte. Vedrete una cappa d’aria grigiastra, una caligine mefitica ben più pericolosa per la salute pubblica di qualche test e qualche chilo di polvere sparato intenzionalmente nella stratosfera.
In realtà temo le conseguenze politiche di quei test, che nondimeno appoggio come uomo di scienza. Se quelle teorie si dimostrassero efficaci per ridurre la temperatura del pianeta e innocue per l’ambiente, qualcuno potrebbe pensare che tutto sommato potrebbe non essere una cattiva idea usarle piuttosto che spendere migliaia di miliardi di dollari per abbandonare le energie fossili non rinnovabili. Governi troppo pavidi potrebbero essere spinti a non considerare troppo l’uso delle energie rinnovabili pur di preservare precedenti investimenti nel carbone, petrolio, gas e biomasse in cambio di una spruzzatina qua e là. Senza contare il fatto, come insegna la storia delle eruzioni vulcaniche, una tale operazione per la modifica del clima su scala globale cesserebbe la sua efficacia non appena cessassero le operazioni di dispersione artificiale. Pertanto un rilassamento nelle politiche energetiche a favore delle fonti fossili riproporrebbe, accentuati, gli attuali problemi legati al Global Warming.

Studi di fattibilità

Un Aiurbus Beluga può trasportare carichi di 40 tonnellate per un raggio di 2700 km oppure di 25 per 4600 km.

Una seria analisi dei costi fu svolta nel 2012 coinvolgendo l’Aurora Flight Science Corporation, la School of Engineering and Applied Sciences and Kennedy School dell’Università di Harward e la Tepper School of Business and Department of Engineering and Public Policy dell’Università Carneige Mellon [34]
La cosa sconvolgente è che questo studio pare dimostrare che l’iniezione di SO2 nella troposfera allo scopo di innalzare artificialmente l’albedo del pianeta possa essere una strada teoricamente fattibile e dal costo non poi così elevato: infatti questo afferma che basterebbero da 1 a 5 milioni di tonnellate di materiale particellare all’anno tra i 18 e i 30 chilometri di quota per un costo annuale di soli appena 8-10 miliardi di dollari americani di quell’anno. Altri studi simili furono elaborati durante l’ amministrazione di George Bush senior 2 e nel 2009 e nel 2010. Questi essenzialmente si basano sul particolato di zolfo, che sappiamo essere comunque un agente inquinante, e prendono spunto dai normali voli di linea intercontinentali — quelli cioè che toccano quote di 10000 metri — che potrebbero usare carburante con un più alto tenore di zolfo durante la crociera, mentre nelle fasi di decollo e di atterraggio potrebbero usare il carburante più pulito, grazie al fatto che negli aerei il carburante è comunque già stoccato in diversi compartimenti fra loro indipendenti. Poi sarebbero i venti a disperdere il particolato più in alto nell’atmosfera.
Usare altri tipi di particolato, potrebbe essere ben più complicato e costoso. Mentre nel caso del biossido di zolfo questo è già presente in tracce nel comune carburante di bassa qualità disponibile per gli aerei di linea e quindi meno costoso,  per tutti gli altri casi si tratterebbe di voli studiati solo per questo scopo: occorrerebbero tra i 100 e i 200 mila voli di aerei come l’Airbus Beluga per trasportare 5 milioni di tonnellate all’anno di particolato che non sia zolfo a soli 10000 metri di quota.

Per ora termino qui la prima parte, ben immaginando che qualcuno penserà che stia diventando uno scia-chimista anch’io e nel caso potrò farmi delle grasse risate alle sue spalle. Niente paura: presto arriverà anche la seconda parte e allora capirete che non mi sto rincoglionendo! 😛
Cieli sereni!