Un parelio fresco fresco alla fermata del tram

Credit: Il Poliedrico

 

Credit: Il Poliedrico

Credit: Il Poliedrico

 

 

 

 

 

 

 

 

 Photo.DateTimeOriginal                          2011/10/31 15:37
GPSLatitude                                          North  43deg 16′ 10.623″
GPSLongitude                                       East      11deg 20′ 10.493″


Non occorre andare in Svezia o in Finlandia per godersi lo spettacolo di un bellissimo parelio.
Non occorre che sia un freddo birbone da congelare il fiato.
Basta aspettare il tram e qualche volta alzare lo sguardo verso il cielo,magari può capitaredi vederne uno proprio come a me mezz’ora fa!

Storie, religioni e mitologie aliene

Credit: NASA, ESA, the Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration, and A. Evans (University of Virginia, Charlottesville/NRAO/Stony Brook University)

 

Credit: NASA, ESA and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

La collisione tra due galassie è probabilmente l’evento cosmico più grande dell’universo dopo il Big Bang.
Contrariamente a quanto si è portati a credere la possibilità che stelle appartenenti alle due galassie entri in collisione diretta è piuttosto remota, l’effetto dello scontro sarà solo il rimescolamento della materia delle galassie attorno a un nuovo centro di gravità comune.
Il processo dura miliardi di anni, un nucleo galattico può oltrepassare la galassia bersaglio senza subire molti scossoni e rimbalzare giù di nuovo fino alla sua stabilizzazione finale che comporta la nascita di una nuova galassia completamente diversa dalle due precedenti.

Nella foto in alto c’è Arp 148, un magnifico esempio di una collisione avviata, dove ormai della galassia bersaglio probabilmente è rimasto solo l’anello mentre il suo nucleo è stato forse assorbito dall’altra galassia vista di taglio.
L’altra foto riguarda Arp 273, due galassie ancora ben formate dove i bracci della spirale inferiore sono stai stirati all’inverosimile dall’interazione gravitazionale con l’altra galassia, che presenta a sua volta un braccio della spirale molto allargato.
La forma più regolare di Arp 273 rispetto all’aspetto  più caotico di Arp 148  indica che quest’ultimo oggetto è molto più vecchio di Arp 273 e che queste due galassie ancora non sono entrate ancora in contatto, benché gli influssi gravitazionali nel corso di diversi milioni di anni ne hanno profondamente modificato l’aspetto.

Questo è quello che io vedo quardando queste immagini, un matematico forse vi vedrà l’equazione di N-corpi, mentre un chimico sarà interessato dalle curiose interazioni fra elementi chimici con isotopi diversi, etc.

Credit: Debra Meloy Elmegreen (Vassar College) et al.,
& the Hubble Heritage Team (AURA/STScI/NASA)

Ma quale visione avrebbero gli esseri senzienti evolutisi su un banale pianeta che ruota attorno a una banale stella posta ai margini di una delle due galassie interagenti?
Avrebbero innanzitutto una visione magnifica del fenomeno: il cielo solcato perpendicolarmente dalla propria galassia mentre l’altra grande quanto metà del cielo e luminosa quanto la luna piena che quasi la compenetra.
Il cosmico amplesso che crea continuamente filamenti di giovani stelle blu dal rimescolamento delle nubi interstellari,e che forse ha generato anche la loro stella in un passato remoto, li rendono in qualche modo figli del prodigio cosmico.
Tutta la loro cultura, storia e mitologia sarebbe impregnata dal fenomeno celeste, i loro poeti scriverebbero fiumi di inchiostro e le parole dei bardi che narrano di eroi assurti in cielo dopo un’epica morte e preso la forma della galassia in arrivo sarebbero piene le contrade.
Come la nostra galassia prende il nome dal latte sgorgato dai seni di Era mentre allatta Ercole, probabilmente per la mitologia aliena la loro galassia potrebbe essere stata generata dal sangue sgorgato da una mitica creatura del cielo ferita da un  pugnale cosmico.
Anche le religioni potrebbero essere influenzate dai loro eventi cosmici più delle nostre, mentre gli innamorati potrebbero trovare di buon auspicio avviare una relazione al chiar di galassia.
Fino a che i loro scienziati riveleranno la poesia che è nascosta dentro la verità scientifica, e magari inizialmente potranno essere perseguitati per questo, come avvenne da noi con Galileo che confutava il sistema tolemaico.

Tutto questo potrebbe esser vero su un banale pianeta che ruota attorno a una banale stella posta ai margini di una di queste galassie, ma forse non lo sapremo mai.

Il Global Warming esiste davvero

Credit: Il Poliedrico

 Un nuovo studio indipendente chiamato Berkeley Earth Poject (BEP) dimostra come l’effetto del riscaldamento globale sia reale al di là di qualsiasi dubbio espresso finora dagli scettici.

Nelle due pagine di presentazione del lavoro (disponibile in pdf a questo indirizzo) si dice:

Secondo un importante studio pubblicato oggi, il riscaldamento globale è reale. Nonostante le questioni sollevate dagli scettici del cambiamento climatico, lo studio condotto dal Berkeley Earth Surface Temperature trova una prova attendibile di un aumento della temperatura media mondiale terreno di circa 1 ° C rispetto alla metà del 1950.

 

Questo studio indipendente è stato avviato dal fisico dell’Università di Berkeley Richard Muller, non convinto dei metodi finora usati dagli altri ricercatori che non erano stati divulgati 1.
Tra questi ricercatori indipendenti c’era anche l’astrofisico Saul Perlmutter, fresco vincitore del Nobel per la Fisica 2011.

Il team ha usato oltre 1,6 miliardi di dati provenienti da oltre 39.000 stazioni meteorologiche di tutto il mondo, ottenendo circa gli stessi dati trovati anche da altre ricerche:

Questo grafico si vede benissimmo  quella che viene chiamata l’anomalia di temperatura, che si sviluppa dopo la metà degli anni settanta del secolo scorso, rispetto al valore medio di riferimento universalmente riconosciuto come la media dei valori di 30 anni, dal 1950 al 1980.
Qui sono riprodotti i risultati di quattro diversi studi, e come si può vedere sono tutti abbastanza concordi nel mostrare un aumento della temperatura media del pianeta, addirittura di circa un grado rispetto al  periodo di riferimento 1950-1980.
Vorei anche sottolineare come la parte a destra del grafico mostri una sostanziale stabilità verso la fine dell’ultima decade, è l’effetto che la stagnazione economica con la conseguente riduzione dei consumi globali ha avuto sul clima 2.

Ma questa ricerca indipendente da chi è stata finanziata? Non ci crederete, ma tra i principali finanziatori risulta essere  il gruppo petrolifero Koch Industries, in passato oggetto di pesanti critiche dai sostenitori del Global Warming per aver ostacolato per anni le politiche e i regolamenti volti a fermare il riscaldamento globale 3.

A questo punto anche se i negazionisti del Global Warming continueranno ottusamente a negare i fatti (altrimenti che negazionisti sono?), non potranno che prenderne atto, visti che uno dei loro leader ha di fatto finanziato una ricerca indipendente che dà loro torto.

 

Il Punto Triplo dell’Umanità

Chiedo venia per aver trascurato il blog questo mese. Tra lavori domestici non più rimandabili e alcuni problemi di salute (leggasi acciacchi di vecchiaia) ho avuto altro a cui pensare. Cercherò di porre rimedio nei prossimi giorni con due chicche che sto partorendo.

 

Questo video mostra il ghiaccio marino artico dal 7 marzo 2011 al 9 settembre 2011. Alla fine un confronto tra la media di 30 anni di estensione minima (in giallo) e il mitico Passaggio a Nord-Ovest che collega il Mare del Nord (Oceano Atlantico) con l’Oceano Pacifico settentrionale (in rosso). (Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center)

 

È molto tempo che desidero scrivere su queste pagine una riflessione su quello che sta accadendo alla nostra società squassata da una grave crisi economica che si somma a un sempre più accentuato calo delle risorse naturali e il sempre più vicino e irrimediabile collasso del nostro ecosistema.

I dati diffusi dalla NASA lo scorso 4 ottobre 1 mostrano un Oceano Artico ormai compromesso dal riscaldamento globale, inequivocabile segno che purtroppo il pianeta si avvicina all’orlo di una crisi ecologica senza precedenti nell’arco della storia della civiltà umana.

La crisi economica globale di questi ultimi tre anni ha provocato una importante contrazione dei consumi che si è tradotto in un moderato miglioramento della qualità delll’aria del pianeta, mostrando quanto sia importante l’impatto antropico sull’andamento climatico globale.
Nonostante il leggero ritocco al ribasso dei gas serra di origine antropica, questo non è bastato a invertire la tendenza al riscaldamento globale, né tantomeno a stabilizzarla. Occorrono sforzi molto maggiori che tradotti su scala reale significano un cambiamento reale di società e di mentalità.

Adesso assistiamo a quello che io chiamo “il Punto Triplo dell’Umanità” – crisi economica, fine delle risorse naturali non rinnovabili e rischio di catastrofe ambientale globale.  Questo dovrebbe far  riflettere seriamente sulle possibili soluzioni e le conseguenti strategie socioeconomiche su larga scala da intraprendere.
Le alternative possibili all’attuale modello di sviluppo capitalista-liberista non sono molte: c’è chi ritiene che una decrescita lenta e costante in termini di PIL sia l’unica soluzione; un’altra è quella di rimettere in campo tutta una serie di regole e paletti all’economia finanziaria sulla falsariga di  quello che Franklin Delano Roosvelt fece durante il New Deal.
Finora però le ricette economiche messe in campo per risolvere questa crisi sono portroppo le stesse che l’hanno causata: aumento dei consumi, contrazione delle sovranità nazionali e libertà di sfrutttamento delle poche risorse planetarie ormai disponibili per inseguire il mito della crescita incondizionata del PIL (Prodotto Interno Lordo) 2.
L’aumento della produttività – e quindi ovviamente dei consumi – implica gravi conseguenze per l’intero ecosistema, da un lato occorre reperire sempre più risorse  in un sistema finito, il che, logicamente, è un nonsense, e dall’altro richiede un mercato che abbia la disponibilità di acquistare i prodotti, tralasciando volutamente la conseguenza dello smaltimento dei prodotti giunti a fine vita, il che è un’altro enorme problema, soprattutto in termini di inquinamento.
Ma se una larga fetta dell’umanità viene tenuta fuori dal circuito dell’accesso al credito, e anche nei paesi industriali vengono chiesti alla popolazione grossi sacrifici economici (accade negli Stati Uniti d’America, in vari Paesi Europei e dell’America Latina), chi ha il diritto di beneficiare dell’aumento della produttività?
La filosofia ultraliberista degli ultimi 30 anni portata avanti da Ronald Reagan (eletto Presidente degli Stati Uniti dal 1981 al 1989) e da Margaret Tatcher in Europa (eletta Primo Ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990) ha smantellato definitivamente i pochi  paletti alla finanza che erano spravvissuti alla fine degli accordi di Bretton Wood nel 1971 3.
Questa filosofia è fondamentalmente la stessa che produsse nel 1929 la Grande Depressione, anche i nefasti risultati – una classe molto ristretta sempre più ricca mentre l’altra va impoverendosi sempre più  e che allora in Europa vide affermarsi spietate dittature – sono gli stessi: solo che al posto di dittature nazionali adesso abbiamo imperi multinazionali che non si fanno scrupoli nella loro azione di lobbying presso le istituzioni politiche nazionali, o divenendo essi stessi strumenti politici senza alcuna legittimazione elettiva.
Lungi da me ritenere che la filosofia ultraliberista sia l’unica responsabile del disastro ecologico (anche il socialismo sovietico si fece beffe dell’equilibro ecologico del pianeta e adesso il capital-comunismo cinese sta facendo altrettanto), occorre una visione completamente nuova prima che sia troppo tardi.
Occorre un piano globale che ponga fine allo sfruttamento scellerato delle ultime risorse del pianeta e usare queste piuttosto per avviare una massiccia riforma energetica planetaria basata sulle tecnologie rinnovabili, sullo sviluppo dell”agricoltura locale e la biodiversità, e quale riforma  più importante di tutte, il riordino delle priorità economiche e umane.
Se vogliamo che la razza umana abbia qualche chance su questo pianeta, probabilmente questa è l’unica via: abbandonare la filosofia dell’incremento del Prodotto Interno Lordo come indice per misurare le capacità e il benessere (!) delle nazioni e fine ultimo di questa logica economica perversa in favore di un più importante indice in cui al centro ci sia la valorizzazione dell’essere umano, del suo intelletto e delle sue capacità.
Questo vorrà dire la fine dell’esperienza capitalista, delle lobbies di potere e le loro ricchezze? forse, ma in gioco c’è il futuro dell’intera civiltà.
Non è questa una riflessione di stampo  marxista o socialista come forse a qualcuno potrà sembrare, è solo una riflessione sulle parole più sagge che potevano essere concepite da mente umana e che furono scritte 224 anni fa:

Noi, il popolo [ ], al fine di perfezionare la nostra Unione, garantire la giustizia, assicurare la tranquillità all’interno, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale, salvaguardare per noi e per i nostri posteri il bene della libertà, poniamo in essere questa Costituzione quale ordinamento per gli Stati Uniti [ ].

Buon riposo Dennis Ritchie

Dennis MacAlistair Ritchie

A pochi giorni dalla morte di Steve Jobs, un altro grande padre della moderna informatica ci ha lasciati: Dennis MacAlistair Ritchie.

Non è conosciuto come William Gates III o osannato dalle iMasse come Steve Jobs, ma a lui si debbono molti sistemi operativi moderni e le loro evoluzioni: infatti Dennis Ritchie faceva parte del team della AT&T che sviluppò il sistema operativo UNICS nel 1969 che poi avrebbe portato al più evoluto UNIX e i suoi illustri discendenti, cui tra i più famosi e utillizzati sono Gnu/Linux, MacOSx, e freeBSD.

main ()
{ printf (“ciao, mondo”);
}

Non solo, Dennis Ritchie sempre tra il 1969 e il 1973 creò alla Bell Telephone Laboratories  il linguaggio di programmazione C per programmare i sistemi Unix. Nel 1978 con la collaborazione di Brian Kernighan, informatico canadese, pubblicò la bibbia dei programmatori The C Programming Language  (tradotto in italiano Programmare in C), concedendo a milioni di programmatori e appassionati di accedere al fantastico mondo della programmazione con un  linguaggio moderno, efficiente e potentissimo, che avrebbe dato vita a tanti altri linguaggi più moderni ed evoluti.

Senza i pionieri della programmazione come Ritchie, i nostri preziosi personal computer, i nostri smartphone o tablet, ma anche molti elettrodomestici più sofisticati, sarebbero solo ferraglia.

Grazie Dennis Ritchie!

 

 

 

The Neutrino Song

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Sono passate tre settimane dalla pubblicazione su arXiv della presunta scoperta dei neutrini superluminali fatta dai fisici del CERN-Gran Sasso.
Tralascio volutamente le sciocchezze e gli sfondoni che la stampa generalista ha scritto su questa scoperta; gli errori, talvolta anche gravi da meritare l’insufficienza in un compitino di scuola media, si sono sprecati.
Tra questi soloni dell’informazione aggiungo il MIUR, che con vari comunicati in successione cercava di giustificare le sciocchezze del comunicato precedente, fino a che questi non sono stati rimossi tutti dal sito del Ministero.

Lasciamo alla Comunità Scientifica internazionale il compito di risolvere l’enigma dei neutrini superluminali, per ora gustiamoci il simpatico motivetto della band irlandese 1.

Toor a loo, toor a loo, toor a loo, toor-a-lino, is light now slower than a neutrino?

La magia della Luna Piena

IMG_9054a.JPG

Credit: Il Poliedrico

Questo è un momento magico che si ripete ogni anno.
I pleniluni attorno all’equinozio d’autunno 1 hanno tutti una particolarità unica: nei giorni successivi la Luna non sorge col solito ritardo di 50-60 minuti, ma il ritardo rispetto al giorno precedente si assottiglia talmente da raggiungere per quest’anno, e per le coordinate dello scrivente, i 23 minuti per il plenilunio di settembre e i 29 minuti per  quello di ottobre 2.

 Nel Nord America il plenilunio di settembre viene chiamato Harvest Moon, La Luna del Raccolto. La paternità di questo nome è da attribuirsi ai nativi americani perché indicava il momento della raccolta del mais. Al culmine del raccolto, gli agricoltori avevano la possibilità di prolungare il lavoro fino a tarda notte grazie alla luce della Luna. Infatti per il paio di notti intorno alla Harvest Moon, la Luna sembra sorgere quasi alla stessa ora ogni notte: con un ritardo di appena 25 – 30 minuti  negli Stati Uniti rispetto alla sera precedente, e solo intorno  10 – 20 minuti dopo per gran parte del Canada e del Nord Europa.
Il plenilunio di ottobre  – che poi non è comunque troppo distante nel tempo dall’equinozio di autunno – sempre dai nativi americani è conosciuto come Hunter Moon o Blood Moon,  la Luna del Cacciatore o la Luna Sanguigna,  per ovvi motivi.
È il periodo in cui le foglie degli alberi diventano rosse e cadono. Per i nativi americani era giunto il momento di assicurarsi una buona scorta di carne per affrontare il lungo inverno. Dopo il periodo della raccolta di settembre i minuti in più di luce assicurati dalla Hunter Moon erano preziosi per cacciare gli animali  prima che il clima quasi invernale diventasse troppo rigido e spingesse questi nelle tane in letargo.

 Siete a conoscenza di tradizioni simili nel nostro Vecchio Continente o nelle nostre campagne? Scrivetemelo, sarò lieto di accogliere i vostri ricordi delle nostre tradizioni ormai quasi dimenticate.

 

Buon riposo Steve Jobs

Umby

Stanotte è morto Steve Jobs, fondatore ed ex amministratore delegato di Appe Inc.

Nel bene o nel male Steve Jobs ha cambiato il nostro modo di vivere e di lavorare.
Come avevo già raccontato l’anno scorso su queste pagine 1, lo spirito di  innovazione di Jobs ha davvero cambiato il mondo: da un’interfaccia a caratteri del primo Apple I, alla grafica con finestre di Lisa e dei primi Macintosh, che solo lo strapotere della Microsoft relegò a prodotti di nicchia.
Infine è arrivato il supporto tattile con l’Iphone e evolutosi concettualmente con l’Ipad, tanto da costringere le aziende concorrenti a sviluppare sistemi simili che ormai stanno via via sostituendo il classico pc portatile.
È vero, e non lo nego, che adesso la Apple ha preso una strada che non condivido, quella di essere diventata un marchio di tendenza che fornisce prodotti assai più costosi del loro reale valore per un pubblico di fans su scala mondiale.
Questo però è marketing, come quando una parte di italiani compravano l’automobile Fiat nonostante che fosse peggiore della concorrenza straniera perché era italiana, o l’altra parte non la comprava per principio per lo stesso motivo.
È altrettanto vero che la Apple – come molte altre aziende del settore – produce i suoi prodotti in Cina attraverso la Foxconn, una multinazionale di Taiwan con stabilimenti nella Repubblica Popolare Cinese che rifornisce anche Nokia, Sony etc., dove la manodopera è pagata 51 centesimi di dollaro l’ora, e che Steve Jobs al contrario del rivale Bill Gates non faceva donazioni miliardarie di beneficenza.
Questo però e il mondo reale. Il mondo che abbiamo costruito con le nostre scelte politiche e sociali, il mondo della globalizzazione capitalista ci permette di giocare con i nostri ninnoli supertecnologici pagandoli relativamente poco perché sono realizzati da qualcuno nel mondo reale per cifre da fame. Se adesso usiamo Internet, leggiamo la posta elettronica sullo smartphone preferito, o ci gustiamo l’ultimo film super effettoso in 3D stravaccati sul divano di casa, ricordiamoci che tutto questo è spesso frutto di lavoro sottopagato da qualche parte del mondo, magari nella Cina Comunista che per essere un sistema politico di popolo sembra sia governata da masochisti anoressici, o dagli gnomi di Babbo Natale, visto come vengono (sotto)pagati gli operai cinesi.

A questo punto concludo dicendo che Steve Jobs è stato un gran sognatore che ha rivoluzionato il mondo nel suo settore, quello tecnologico, e noi adesso ne riscuotiamo i benefici.
Dare a lui la colpa di essersi arricchito sfruttando manodopera a basso costo 2  piuttosto che per le sue idee rivoluzionarie, no, non me la sento  perché la colpa di questo sfruttamento è comune, è di noi pingui occidentali che preferiamo i nostri ninnoli tecnologici e certi agi a basso costo piuttosto che batterci per un mondo più giusto e onesto.

Blues per il Pianeta Rosso

Marte, nonostante l’immaginario collettivo, non è un buon posto per viverci noi, piccoli e fragili esseri umani, a meno di poderosi progressi tecnologici e investimenti. Per ora è molto meglio lasciare che macchine automatizzate ci mostrino il Pianeta Rosso da vicino.

Credit: HiRISE, MRO, LPL (U. Arizona), NASA

Sembrano ricami dorati in un immacolato abito da sposa.
In realtà sono camini di ghiaccio secco che si scoprono verso la fine dell’estate marziana nell’emisfero sud del pianeta quando la calotta polare sublima.
Marte, ce lo dicono tutte le missioni robotizzate che hanno raggiunto il pianeta, è bellissimo e desolato. Un unico immenso deserto rosso con due calotte di bianchissimo ghiaccio secco e ghiaccio d’acqua che si espandono e contraggono col variare delle stagioni.
La superficie marziana è composta da basalti e argille ricche di ferro: infatti, come hanno dimostrato le diverse missioni robotizzate di superficie – prime fra tutte le celebri sonde Viking I e II – il suolo marziano è chimicamente molto reattivo.
Il ferro contenuto nel terreno è fortemente ossidato, ed è appunto questa ruggine che conferisce a Marte il suo tipico colore rossastro.
Per questo tutte le ricerche in loco di forme di vita, ancorché batteriche, ha prodotto risultati negativi  o, al più, dubbiosi: il suolo ricco di ossidi e di argille non consente, per ora, di dare una risposta definitiva alla domanda che da secoli viene posta su Marte: “c’è vita o c’è mai stata?

La presenza di smectiti (un tipo di argille) nel suolo marziano fu accertato fin dalle missioni Viking 1 le quali posero seri problemi agli esperimenti biologici delle sonde proprio per la loro alta reattività chimica che falsava qualsiasi esperimento.
Adesso uno studio guidato da Catherine Weitz del Planetary Science Institute, 2 ha scoperto che all’interno di un gruppo di canyon chiamato Noctis Labyrintus ci sono segni evidenti della possibile presenza d’acqua allo stato liquido nel lontano passato di Marte, circa 2-3 miliardi di anni fa 3 4.
Questa scoperta è stata fatta utilizzando le  immagini ad alta risoluzione della fotocamera  High Resolution Imaging Science Experiment e dati spettrali della Compact Imaging Spectrometer for Mars Reconnaissance della navicella orbitale  Mars Reconnaissance Orbiter, unite ai modelli digitali del terreno marziano per  determinare elevazioni e visualizzare i rapporti geometrici tra le informazioni raccolte.
Probabilmente Marte ha avuto più episodi in cui l’acqua liquida può essere scorsa in quella regione  e aver depositato i minerali che aveva disciolto più a monte.
Nel corso del tempo può aver scavato il gruppo di canyon, differenziando i depositi per era geologica come avviene sulla Terra. Forse anche il  vulcanismo della zona di Tharsis può aver liberato acqua liquida dal sottosuolo che ha dilavato i canyon in epoche successive.
Quest’ultimo meccanismo spiega le presunte differenze di acidità (Ph) dell’acqua responsabile dei diversi depositi identificati dal team (il Ph dell’acqua modifica la composizione chimica dei depositi di cui è responsabile).

LE ERE MARZIANE

PRENOACHIANO
 Il Prenoachiano  inizia con l’accrescimento e la differenziazione del pianeta circa 4,5 miliardi di anni fa  e la formazione del bacino da impatto Hellas, tra 4,1 e 3,8 miliardi di anni fa. Quasi tutte le testimonianze di questo periodo geologico sono state cancellate dall’erosione atmosferica e da impatti meteorici nelle ere successive. 
 NOACHIANO
  Il Noachiano (dal nome della regione di Noachis Terra) è l’intervallo di tempo tra 4,1 e 3,5 miliardi di anni fa. Le regioni originatesi in questo periodo sono caratterizzate da crateri d’impatto abbondanti e di notevoli dimensioni. Si pensa che durante quel periodo su Marte sia esistita acqua allo stato liquido abbastanza da di creare mari interni.
 ESPERIANO
 L’Esperiano (dal nome dell’Hesperia Planum) si estende da 3,5 a 2 miliardi di anni fa 5, ed è caratterizzato dalla formazione di pianure laviche particolarmente estese che hanno contribuito al catastrofico rilascio di acqua dal sottosuolo che formò effimeri mari nelle pianure dell’emisfero nord.
 AMAZZONIANO
L’Amazzoniano (dal nome diAmazonis Planitia) è l’attuale era marziana che inizia con la fine dell’Esperiano. Le regioni formatesi in questo periodo sono relativamente povere di crateri, e la loro struttura è unicamente dovuta all’attività geologica. L’acqua liquida in superficie scompare e Marte diventa un freddo deserto secco.

Comunque sia, l’ipotesi che in un lontano passato Marte abbia ospitato le condizioni climatiche favorevoli per l’esistenza di acqua allo stato liquido è affascinante, perché sono le stesse condizioni di contorno richieste dalla Vita a Base Carbonio come quella sulla Terra.

Permettetemi una riflessione 6:

All’inizio Marte, dopo la sua formazione, aveva una composizione chimica dell’atmosfera molto simile agli altri due pianeti interni: Venere e Terra, cioè metano, anidride carbonica e ammoniaca.
Per tutto il Noachiano e gran parte dell’era successiva questa composizione permise a un poderoso effetto serra di mantenere la temperatura superficiale oltre il punto di congelamento dell’acqua, la quale arrivava sulla superficie attraverso il massiccio bombardamento di materiale cometario verso i pianeti interni che caratterizzò i primi 2 miliardi di anni del nostro sistema solare.
Assieme all’acqua cometaria arrivò sul Pianeta Rosso anche materiale organico precursore della Vita che trovò un ambiente favorevole per svilupparsi.
Anche qui, come sulla Terra, si svilupparono forme fotosintetiche di batteri,  i quali si resero responsabili, come sulla Terra, di una Catastrofe del’Ossigeno 7 marziana, spiegando così il terreno fortemente ossidato ancora presente.
Verso la fine  dell’Esperiano il progressivo rilascio nell’atmosfera di Marte  di ossigeno provocò la scomparsa dei gas serra che avevano garantito le relativamente alte temperature di prima. Mentre la Terra si congelò completamente con i suoi oceani, Marte vide assottigliarsi la sua atmosfera che, a causa del minor peso dell’ossigeno molecolare che aveva sostituito il metano e l’anidride carbonica, iniziò a disperdersi nello spazio grazie alla bassa velocità di fuga del pianeta, che è poco meno della metà di quella terrestre.

Credit: NASA Jet Propulsion Laboratory - California Institute of Technology

Così credo che Marte sia diventato il luogo freddo e inospitale che  è adesso. Un pianeta che ha vissuto i primi istanti della nascita della Vita Batterica e che però poi non è stata in grado di continuare il suo percorso evolutivo perché ha distrutto il fragile ecosistema del piccolo pianeta su cui era nata.
Dopo 2 miliardi e mezzo di anni non sarà facile trovare tracce di vita su Marte, dovremo accontentarci di prove indirette e supposizioni. Se esistono ancora forme di vita estremofile sarà un bel grattacapo riuscire a scovarle direttamente, a meno che la ormai prossima missione Mars Science Laboratory col suo rover Curiosity non  faccia davvero la tanto attesa scoperta.