National Laboratory Pathfinder – Cells – 3: Biocarburante dalla Jatropha curcas (NLP-Cells-3)

La Jatropa curcas è una pianta velenosa originaria del Centro America che sopravvive tranquillamente nelle zone aride senza acqua e particolari cure e attecchisce come la gramigna. I suoi semi contengono il 30-35 per cento di un olio non commestibile ma che trattato può essere usato come biodiesel. L’olio è di ottima qualità e può essere tranquillamente mescolato col diesel tradizionale. Tuttavia, la J. curcas non è attualmente coltivata come un raccolto, dal momento che non esistono cultivazioni commerciali. Nell’attesa di una futura fonte energetica pulita e stabile, questa soluzione permetterebbe lo sfruttamento agricolo di ampie zone desertiche della Terra senza intaccare le coltivazioni tradizionali destinate all’alimentazione umana, e il recupero della CO2 dalla nostra atmosfera.


 


Sintesi

Con l’esperimento National Lab Pathfinder – Cells – 3 (NLP-Cells-3) svolto sulla Stazione Spaziale Internazionale si valutano degli effetti della microgravità sulle cellule della pianta Jatropha curcas. Lo scopo dello studio è di verificare i potenziali effetti della microgravità sul miglioramento delle caratteristiche quali la struttura delle cellule, la crescita e lo sviluppo, per accelerare il processo di allevamento di nuove cultivar di J. curcas per uso commerciale. Una riproduzione accelerata potrebbe consentire  di utlizzare la J. curcas come coltura alternativa per l’estrazione di energia (o di biocarburanti).  

Rcercatore principale 

Wagner Vendrame, Ph.D., University of Florida, Homestead, FL

Collaboratore 

John Wayne Kennedy, Zero Gravity, Inc. Stevensville, MD

 

Finanziatori della ricerca 

BioServe tecnologie spaziali, University of Colorado, Boulder, CO Zero Gravity Incorporated, Stevensville, MD Agenzia promotrice
National Aeronautics and Space Administration (NASA) Spedizioni con destinazione

Sintesi della ricerca

 La National Lab Pathfinder – Cells – 3 (NLP-Cells-3) è una indagine in collaborazione con Zero Gravity Incorporated (ZGI) e l’Università della Florida che aiuta a comprendere meglio gli effetti della microgravità sui sistemi viventi. L’esperimento  valuta i cambiamenti nella struttura cellulare, la crescita, lo sviluppo e l’espressione genica nelle colture cellulari di  Jatropha curcas  esposte a microgravità. Si pensa che i dati raccolti possano aiutare ad accelerare il processo di selezione per lo sviluppo di nuove coltivazioni di  J. curcas per la commercializzazione negli Stati Uniti. Ciò consentirebbe l’inserimento di un importante impianto di biocarburanti come una delle colture alternative di energia per gli Stati Uniti.
L’obiettivo di questa ricerca è quello di verificare i potenziali effetti della microgravità sul miglioramento delle caratteristiche di interesse per lo sviluppo di nuove coltivazioni di J. curcas. Obiettivi specifici comprendono la valutazione dei cambiamenti nella struttura delle cellule, la crescita e lo sviluppo. Inoltre, l’esperimento si propone di valutare l’espressione differenziale del gene nelle colture di cellule
in J. curcas, come affetti da condizioni di microgravità. Tale scoperta potrebbe accelerare il processo di selezione per lo sviluppo di nuove varietà di  J. curcas Analisi da eseguire si comprendono le misurazioni della crescita cellulare e lo sviluppo, la valutazione istologica della struttura cellulare usando la microscopia elettronica a trasmissione (TEM), e l’espressione genica differenziale utilizzando la tecnologia dei microarray.  Analisi istologiche e genetiche saranno condotte prima e dopo il viaggio nello spazio. La cresci

ta cellulare e dello sviluppo saranno valutate al rientro. Una parte delle colture cellulari saranno valutate per la rigenerazione delle piante al ritorno sulla Terra e saranno utilizzate per ulteriori analisi morfologiche e genetiche. 

Allarme Globale, nessun Grande Accordo? ((Global Warming: No Big Deal?)

Questo è un articolo di David Ropeik apparso sulla rivista «The Atlantic» a questo indirizzo: http://www.theatlantic.com/science/archive/2010/03/global-warming-no-big-deal/36835/, nei limiti delle mie capacità ne ho fatto la traduzione sperando che vi sia gradita.  Buona lettura.

La maggioranza  delle  persone  di  questo  mondo  concordano  sul  fatto  che  il  clima  della  Terra stia cambiando davvero in modo drammatico, che l’attività umana  ne sia almeno in parte la causa, e che noi dovremmo agire subito per risolvere il problema. Ma quando viene chiesto alle persone circa la loro disponibilità personale di fare qualcosa come pagare di più per la benzina o elettricità, oppure moderare il proprio stile di vita sociale la maggioranza si trasforma in una minoranza. Perché? I fatti sono i fatti, giusto? Beh, non proprio. Come è rischioso pensare che dipenda dal modo in cui  tali fatti siano percepiti. Le persone tendono a non preoccuparsi troppo dei rischi quando ritengono che non possano accadere a loro. Questo spiega il divario di percezione sui cambiamenti climatici. Si consideri un sondaggio dai cambiamenti climatici, una ricerca dello scienziato Anthony Leiserowitz di Yale. Nel sondaggio è stato chiesto agli americani:

Chi saranno i più colpiti dai cambiamenti climatici?

Gli intervistati ha dichiarato che il cambiamento climatico inciderebbe soprattutto:

• specie animali e vegetali: il 45 per cento
• Le future generazioni di persone: 44 per cento
• La gente nei paesi in via di sviluppo: il 31 per cento
• Le persone in altri paesi industrializzati: il 22 per cento
• La gente negli Stati Uniti: il 21 per cento
La vostra comunità locale: il 13 per cento
La vostra famiglia: l’11 per cento
personalmente: il 10 per cento

Quanto ti preoccupa personalmente il riscaldamento globale?

Meno della metà degli intervistati è “molto” preoccupato dai cambiamenti climatici vedendoli come una minaccia personale in Francia (46 per cento), Turchia (41 per cento ), Germania (30 per cento), Indonesia (38 per cento, in una nazione che comprende 6.000 isole abitate (in serio pericolo, ndt), Gran Bretagna (26 per cento), Cina (20 per cento) e, fanalino di coda, gli Stati Uniti (19 per cento)

A questo sondaggio, circa la metà degli americani e un terzo di cinesi ha risposto che non avevano paure personali sui cambiamenti climatici. Poi c’è il divario tra i credenti e non credenti. Alcuni guardano i fatti e vedono un potenziale disastro, mentre altri vedendo le stesse prove considerano il cambiamento climatico una bufala. Da dove viene questa differenza di percezione? Questa ha origine  nel momento in cui la cognizione “cultura del rischio” entra in gioco. Le decisioni da prendere su un tema come il cambiamento climatico saranno in parte un riflesso del diverso atteggiamento di base sulla società ideale. Si preferisce una società gerarchica, con linee decise di autorità e che regoli le classi economiche e sociali? Una società egualitaria, libera di imporre limitazioni economiche e sociali? Una società individualista, con scarso coinvolgimento del governo? Opure un modello di sistema comunitario, con il governo e società impegnati insieme per risolvere i problemi?I gerarchici sono spesso negazionisti del cambiamento climatico, perché le soluzioni al problema minacciano la status quo economico con il quale sono a loro agio. Gli individualisti, che, di regola si oppongono agli interventi di governo che le soluzioni al cambiamento climatico richiedono, tendono a negare il problema. Egualitari e comunitaristi, d’altra parte, in genere credono fortemente nella minaccia del cambiamento climatico, in quanto le soluzioni sfidano radicate strutture economiche e richiedono uno sforzo più importante del governo  e/o un  intervento sui costumi della società che siano in direzione del modello sociale auspicato da loro.

Le anomali perturbazioni che hanno colpito gli Stati Uniti (e l’Europa, ndt) sono un ottimo esempio di come questi fenomeni siano percepiti. I gerarchici e gli individualisti (politicamente rispettivamente l’area conservatrice e libertaria) hanno sostenuto che la recente nevicata a Washington DC smentisce il riscaldamento globale, mentre egualitari e comunitaristi (politicamente i liberali e progressisti) hanno sottolineato come la stessa neve insolitamente abbondante sia prova del fatto che il clima globale sta cambiando. Non si tratta di fatti, sono sono solo armi di una guerra tribale più profonda.

Nella cultura di guerra, la psicologia di base della percezione del rischio fornisce armi aggiuntive per entrambe le parti. In generale i rischi per i bambini per esempio, evocano più paura degli stessi rischi se questi minacciano solo gli adulti. Così, al fine di alimentare le preoccupazioni, quelli preoccupati per il riscaldamento globale sottolineano che saranno i nostri figli a soffrire di più se non riusciremmmo ad agire. E poiché le conseguenze delle azioni umane spaventano di più dei pericoli naturali, viene spesso sottolineato come il cambiamento climatico è prodotto dall’azione umana. I negazionisti del cambiamento climatico, d’altro canto,  suggeriscono che, se il clima sta cambiando, le cause possono in realtà essere naturali, il che rende il rischio più accettabile. E utilizzare gli eventi recenti, come le email trafugate agli scienziati del cambiamento climatico, o un errore rispetto al tasso di scioglimento dei ghiacciai della catena dell’Himalaya, per minare la fiducia in tutta la scienza dei cambiamenti climatici, dal momento che la fiducia gioca un ruolo importante nella percezione  maggiore  del rischio.

Ancora una volta, non si tratta di fatti. Ogni lato è intuitivamente giocato nel subconscio, dove i diversi fattori psicologici fanno percepire più o meno paura.Cosa significa? Discutere sulla questione se il cambiamento climatico sia un fatto reale (in cui il ruolo umano è importante, ndt) e la mancanza di un senso di pericolo personale, anche tra la maggioranza che conviene che invece lo sia (per sostenere le sue tesi, ndt), produce un’idea indistinta del pericolo. Come risultato, la volontà dell’agire sociale rimane debole, il che significa che il rischio politico per un leader di governo ad agire globale rimane alta. Affrontare la sfida del cambiamento climatico, quindi, richiede una comprensione non solo del clima fisico della terra, ma anche del clima psicologico delle nostre percezioni.

(per approfondimenti vedere il mio precedente articolo Meteorologia e riscaldamento globale, ndt).

David Ropeik è un istruttore presso la Harvard School of Continuing Education.

SETI@home, un'opportunità per la razza umana.

Il 21 maggio prossimo per me sarà una data importante, infatti saranno dieci anni che partecipo al progetto http://setiathome.berkeley.edu/.
Cos’è il progetto SETI@home? È una iniziativa di ricerca mondiale che sfrutta i tempi morti dei computer connessi ad Internet per analizzare le ricezioni  di grandi radiotelescopi che abbiano montato un hardware particolare che non interferisce con i normali programmi di ricerca e di studio, il SERENDIP IV SETI, il programma  di ricerca si propone di monitorare la banda delle microonde intorno ai 21 cm di lunghezza d’onda (tra 1,4 e 1,6 GHz) alla ricerca di segnali radio provenienti da civiltà extraterrestri che si presume siano in possesso di una opportuna tecnologia radio che gli consenta di comunicare con noi (vedi i precedenti post Dove sono l’omini verdi… ).
In un mondo individualista dove la memoria si annebbia già alla colazione precedente, tutto ciò che non porta a risultati immediati e tangibili subito tende ad essere bandito, così come nella ricerca pura ci si attendono troppo spesso dei risultati addirittura prima che questa abbia  avuto inizio. Questa quindi non è più ricerca, è pianificazione e tutto ciò che si allontana dalla stupida e illogica concezione capitalista tende ad essere accantonato, come è successo al vecchio programma SETI, come ora sta purtroppo succedendo con lo Space Shuttle (accusato di essere troppo costoso), alla ricerca sui farmaci per le malattie rare etc.
Ritengo invece importante questa ricerca perché comunque vada potrà determinare il futuro dell’intera razza umana dimostrando che non siamo l’unica forma di vita senziente in quest’angolo di universo e conseguentemente ponendo le basi per una profonda riflessione spirituale su cosa è l’Uomo senza gli inutili e pericolosi orpelli con cui le religioni  si sono ammantate, dogmi dannosi che hanno l’unico scopo di negare la libertà di pensare agli uomini. Qualora il progetto SETI@home dovesse essere un fallimento, un’altra riflessione filosofica si renderebbe comunque urgente: vista la rarità delle forme di vita senzienti in quest’angolo di universo e su questo pianeta, è giusto continuare a sfruttarlo indiscriminatamente come facciamo portandoci sull’orlo dell’estinzione? Non sarebbe meglio ripensare alla reale necessità per l’umanità di parametri stolti come  il dogma della crescita del PIL? Spesso quando sento parlare i vari economisti mi domando se siamo davvero noi umani la razza senziente di questo pianeta o se piuttosto convenga attribuire questo titolo ai piccioni.
Comunque vada il progetto SETI@home, un motivo per riflettere seriamente sul nostro futuro c’è; come diceva il Drake: «la mancanza dell’evidenza non significa l’evidenza della mancanza»
Proprio per questi motivi ho deciso di dedicare questa macchina 24h su 24 al progetto SETI@home e di fare una mia modesta donazione all’Università di Berkeley quale dono per il mio compleanno.