tre… due… uno… via!


Domenica scorsa ho avuto un piccolo incidente: sono caduto malamente e mi sono fratturato il perone destro. Per questo non ho potuto scrivere quello di cui avrei voluto e mi dispiace con i miei lettori. Non che mi fossero mancati gli argomenti, ma scrivere con una gamba dolente e appesa non mi riesce ancora  molto bene e francamente non ho proprio voglia di prenderci l’abitudine. Dimenticavo: non ho avuto bisogno di un argano come questo nel clip per tirarmi su.

Vehicle-Assembly-Building-July-6-2005[1]
Vehicle Assembly Building (Cortesia NASA)

Questo video è stato creato con migliaia di singoli fotogrammi dai fotografi Scott Andrews, Stan Jirman e Philip Scott Andrews che sono riusciti a condensare sei settimane di duro lavoro in tre minuti e 52 secondi. La storia inizia nell’hangar Orbiter Processing Facility al Kennedy Space Center della NASA dove lo space shuttle Discovery è stato attrezzato per la sua missione STS-131. Il veicolo viene quindi sollevato a 160 metri di altezza nel Vehicle Assembly Building, un edificio talmente vasto che può capitare  che in alcune giornate umide al suo interno si formino nuvole di pioggia, issato in posizione verticale e successivamente riabbassato sul suo serbatoio esterno di carburante e i due booster gemelli a propellente solido (perclorato di ammonio). Quindi  la navetta completa viene trasportata verso il complesso di lancio 39 col gigantesco Mobile Launcher Platform alla folle velocità di 1,5 chilometri orari, trainata dal trattore più grande del mondo, il Crawler-transporter. 24 ore prima del lancio lo shuttle viene incassato nella sua protettiva Rotating Service Structure fino a poco prima del lancio. Quell’enorme fumata che si vede al momento del lancio è vapore: la base della rampa è una enorme vasca in cemento che viene inondata al momento del lancio con semplice acqua per evitare che le sollecitazioni acustiche possano danneggiare sia la navetta che la struttura di lancio.
Bello, no?

L’ITALIA CHE SOGNAVO di Lorenzo Peritore

 A  Giovanni Falcone  e  a  Paolo Borsellino,  due  grandissimi  e straordinarisiciliani che si sono fatti ammazzare per l’onestà e la legalità e daiquali tutta l’Italia dovrebbe prendere esempio.
Non era certo questa
l’Italia che sognavo,
un’Italia come questa
io non la immaginavo.

L’Italia dei corrotti
che sconoscono il dovere
accecati e resi schiavi
dal denaro e dal potere.

L’Italia dove emergono
con grande prepotenza
mafia camorra ndrangheta
e tant’altra delinquenza.

L’Italia in cui chi ruba
i soldi dello Stato
gli si risparmia il carcere
eleggendolo al Senato.

L’Italia in cui la gente
non può accampar pretese
se non quella di sperare
di arrivare a fine mese.

l’Italia degli sprechi
che non sa dire basta
a tutti quei politici
che formano la casta.

L’Italia che sognavo
fin da quando ero bambino
era quella a cui aspiravano
Falcone e Borsellino.

Un’Italia che riacquisti
tutta quanta l’onestà
dove valga la giustizia
e la legalità. 

Vita di Polvere di Stelle

In queste ore sta rimbalzando sulle agenzie mondiali quella che potrebbe essere la scoperta scientifica dell’anno,  se venisse confermata, la creazione di una forma di vita artificiale con un DNA completamente risequenziato dall’uomo.
La notizia, di per sé eccezionale, non mi sorprende poi più di tanto, sono sicuro delle capacità umane e convinto che la vita in tutte le sue varie forme e combinazioni sia un fenomeno naturale estremamente comune nell’universo. Proverò a spiegarlo su questo Blog, anche se non Vi sarà facile seguirmi e se dovessi urtare la Vostra sensibilità, vi prego di perdonarmi.
Credits: NASA – ESA – Hubble Heritage (STScI/AURA)
ESA/Hubble Collaboration
L’Universo è pieno di enormi nubi di polvere, sappiamo che da esse nascono le stelle.
Un gruppo di studio internazionale che comprendeva ricercatori dell’Accademia Russa delle Scienze, l’Istituto Max Planck in Germania e dell’Università di Sydney, ha pubblicato nel 2007 un articolo sul New Journal of Physics che annunciava una scoperta che per le sue implicazioni era altrettanto esplosiva di quella dei nostri giorni.
Questo team, ha scoperto che la polvere cosmica è in grado di autorganizzarsi in presenza di plasma, creando  formazioni chiamate cristalli di plasma.
La scoperta indica che questi cristalli possono essere più sofisticati di quanto finora realizzato. Nelle simulazioni che coinvolgono polvere cosmica, i ricercatori hanno visto che i cristalli di plasma assumono alcune delle caratteristiche elementari della vita, ovvero la caratteristica struttura del DNA, un comportamento autonomo, riproduzione ed evoluzione.
Questo studio potrebbe rivoluzionare  la visione che abbiamo finora avuto della vita aliena.
Rappresentazione grafica
di una molecola di DNA
Per poter spiegare il meccanismo (i più coraggiosi invito alla lettura dell’articolo completo apparso sulla rivista), prima parliamo di plasma. Il plasma è il quarto stato della materia. Quando il gas è surriscaldato, gli elettroni sono strappati dagli atomi e questi diventano liberi di fluttuare. Il gas ionizzato assume allora una carica elettrica positiva. Questo mix surriscaldato di gas ionizzato e di elettroni liberi si chiama plasma. Le stelle sono fatte di plasma, come circa il 99 per cento della materia dell’universo, anche se il plasma è molto meno comune sulla Terra, dove di solito riconosciamo  solo tre stati della materia: solido, liquido e gas.
Di plasma è anche il vento solare (che abbiamo già incontrato sul Blog) e i venti interstellari, che non sono altro che i venti delle singole stelle sommati assieme e che spesso entrano in contatto con nubi di polvere come quelle studiate dai ricercatori.
Quando il plasma entra in contatto con una nube di polvere, le particelle di polvere raccolgono una carica elettrica fino ad assorbire tutti elettroni dal plasma circostante. La polvere, così caricata negativamente, attira gli ioni di plasma con carica positiva, formando i cristalli di plasma.
Le simulazioni che sono state eseguite sulla Stazione Spaziale Internazionale e in un ambiente a microgravità presso il centro di ricerca tedesco, hanno prodotto spesso cristalli di plasma  in cui si sono generate forme a cavatappi o addirittura forme a doppia elica tipiche del DNA.
In particolare questi cristalli a forma di elica si sono dimostrati in grado di trattenere una carica elettrica e di possedere una certa capacità di auto-organizzazione.
Una volta immersi in un altro ambiente non organizzato i cristalli elicoidali sono stati in grado di riprodursi in due eliche identiche, mostrando quindi  memoria delle loro strutture.
Il diametro di queste eliche varia in tutta la struttura e la disposizione di queste varie sezioni si replica negli altri cristalli, mostrando lo stesso comportamento di quello che si potrebbe definire una sorta di code genetico.
Queste strutture sembrano persino in grado di evolversi. Le formazioni diventano più robuste nel tempo e le strutture più deboli scompaiono.
I ricercatori vogliono verificare se le polveri in un ambiente non simulato, come ad esempio quelli negli anelli di Saturno, possa avere gli stessi comportamenti. Ma i cristalli di plasma sono molto fragili e difficili da verificare.  Esse richiedono inoltre un consistente flusso di plasma, per esistere.
Urano con i suoi anelli
Se queste strutture si presentano nelle simulazioni di laboratorio, i ricercatori ritengono che gli organismi di cristallo possano formarsi anche tra gli anelli di Urano e Saturno, che sono costituiti da piccoli granelli di ghiaccio.
Se l’esistenza in natura di queste forme cristalline dovesse essere confermata, non dovremmo anch’esse considerarle una forma di vita? Essa si nutre di plasma, si riproduce, si evolve e muore: non sono gli stessi requisiti che si richiedono ad una forma di vita?
Oppure, come il fuoco, esso nasce, si evolve e si riproduce per poi spegnersi, ma non è vivo?

Verso la sconfitta di Apophis

L’agenzia spaziale russa sta valutando seriamente tutta una serie di progetti volti a eliminare il pericolo Apophis, l’asteroide così chiamato in memoria della divinità egizia del Caos e scoperto nel 2004.
Sui progetti mirati a scongiurare il rischio di impatto di 99942 Apophis ho scritto lungamente sul Blog, ma perché nonostante i migliori scienziati e i migliori strumenti di calcolo ancora si parla di rischio e probabilità e non certezza?
Perché i dati in nostro possesso sull’asteroide sono ancora troppo pochi, non sappiamo bene, ad esempio, quanto la luce solare possa influire sulla sua traiettoria, stime parlano che questa può alterare significativamente l’orbita dell’asteroide tra i 20 e i 700 chilometri nei prossimi 19 anni, rendendo impossibili accurate previsioni future per i succcessivi 7 anni, tanto da avere un scarto d’errore successivo che va dai 500.000 ai 30 milioni di chilometri; poi c’è l’influenza di altri corpi asteroidali che incontra durante la sua orbita, la posizione dell’asse e la velocità di rotazione e tanti altri fattori che possono rendere vani gli sforzi per una analisi completa e compiuta della sua orbita:  ecco dunque l’origine dell’incertezza.
Migliori e più accurate analisi dei parametri orbitali di Apophis si potranno avere tra il 2011 e il 2013 utilizzando anche il radiotelescopio di Arecibo come radar (qui uno studio del JPL), per poter valutare la probabilità del rischio di impatto, che non è previsto, ricordiamolo,  per il prossimo incontro ravvicinato del 2029, ma per quello successivo, il 13 aprile 2036.
Curioso che sia lo stesso giorno dell’anno del passaggio precedente e che avvenga di Pasqua, sicuramente ci sarà qualche catastrofista che userà questa data per fissare una delle tante future fini del mondo e, se per me il mondo non cesserà prima, sarò lì a rinfacciarglielo.
Le analisi astrometriche dovranno dirci se nel 2029 Apophis attraverserà quella finestra gravitazionale larga appena 600 metri che potrà portarlo a collidere con la Terra nel 2036, e se è necessario intraprendere una serie di missioni spaziali volte  a scongiurare l’evento.
In quest’ottica il direttore dell’agenzia spaziale russa Roscosmos Anatoly Perminov ha fatto molto bene a muoversi in anticipo, proponendo addirittura di inviare una sonda che analizzi le reali condizioni di Apophis meglio di quanto possa fare qualsiasi analisi compiuta da terra.
Io andrò più in là: propongo che qualunque sia l’esito delle analisi astrometriche, un tentativo di modificare la traiettoria  di un vero asteroide debba essere comunque fatto: sono tanti e troppi i rischi di una futura collisione con corpi superiori ai 50-100 metri che una rete di difesa planetaria, sotto il controllo e la responsabilità di un’organismo globale come le Nazioni Unite sarebbe necessaria e urgente. 
Ben vengano quindi le conferenze come quella di Granada, Spagna, dell’aprile 2009, ma è ora che venga proposto anche  un organismo ufficiale stabile e che soprattutto sia condiviso e riconosciuto da tutte le Nazioni e i Popoli della Terra e non soggetto agli sforzi, seppur lodevoli, delle singole agenzie spaziali nazionali.


Binario Alieno

Bynars[1]
I Binari vanno sempre in coppia

I Binari sono umanoidi provenienti dal pianeta  Bynaus e sono interconnessi fin dalla nascita col loro network planetario, un po’ il loro Internet,  attraverso l’asportazione del lobo parietale e la sua sostituzione con un processore sinaptico.

Il loro linguaggio naturale è in binario, ciò consente ai Binari di dialogare con qualsiasi computer e di riprogrammare a piacimento qualsiasi dispositivo che gli capiti a tiro.
Deve essere quello che è capitato alla Voyager 2 e di cui ho parlato qui (vedi Long Life and Prosperity, little big Probe!).
Infatti un sedicente esperto in alieni, spiega così l’accaduto: “It seems almost as if someone had reprogrammed or hijacked the probe, thus perhaps we do not yet know the whole truth,” (… sembra quasi che qualcuno abbia dirottato o riprogrammato la sonda, così che non possiamo sapere tutta la verità…)
La cosa più bella è che questa frase è stata indicizzata sul nostro network planetario, che non è quello dei Binari ma ci manca poco, ben 190 volte, in cui molte volte da fonti che sono testate giornalistiche ufficiali.
La verità è che in realtà, come hanno appurato gli ingegneri del NASA Jet Propulsion Laboratory, c’è stato un cambiamento di stato in un bit (0-1) nel programma del computer di bordo responsabile dell’invio dei dati scientifici.
Il 12 maggio infatti sono riusciti ad avere una lettura completa della memoria del computer dei dati di volo, che come abbiamo già visto è responsabile anche dell’invio dei dati scientifici a Terra, ed hanno isolato il singolo bit che è responsabile dell’errata formattazione.
Comunque ogni esperienza per avere validità scientifica deve essere anche riproducibile, quindi questi tecnici del JPL hanno riprodotto l’errore in un loro computer, ne hanno diversi, e i risultati ottenuti sono in accordo con il degrado dei dati arrivati dalla sonda.
Quindi i Binari, se sono stati loro, hanno tribolato per niente; ma si sa, i Binari esistono solo nell’Universo immaginario di Star Trek.
Ai sedicenti esperti di alieni ricordo che esiste uno straordinario strumento scientifico che si chiama Rasoio di Occam, a cui tutte le ipotesi, anche le più astruse, dovrebbero soggiacere.
Un’ultima notizia prima di lasciarvi: il 19 maggio (cioè domani) dovrebbe essere tentato un reset del programma per ripristinare la normalità dell’invio dati della Voyager 2: incrociate le dita.

La ninna nanna de la guerra

Da sempre ho fatto mio il motto di Salvor Hardin, primo Sindaco di Terminus: «la violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci». Questo motto lo dedico a tutti coloro che ritengono che possano esistere guerre giuste, guerre umanitarie, guerre sante, esportazione della democrazia, missioni di pace, etc… tutte dizioni che hanno un unico denominatore: le armi. A loro va anche questa poesia.

 
 
 Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
1914, Trilussa

Long Life and Prosperity, little big Probe!

Dopo aver letto di alcune tesi su presunte interferenze aliene alla Voyager 2, ho deciso di rispondere all’argomento su questo Blog, non avevo parlato prima di quanto accaduto alla sonda perché non volevo trasformare il mio sito nel portavoce ufficiale del Jet Propulsion Laboratory in lingua italiana, ma vedo che purtroppo simili notizie si prestano ad essere distorte fino a minare la credibilità della ricerca scientifica.
Voyager_probe[1]
una sonda Voyager
Se potessi scegliere a chi o a cosa intitolare una piazza o una via, non avrei dubbi: lo intitolerei alle sonde gemelle Voyager e a tutte le persone che hanno contribuito all’innegabile successo di queste missioni.
La Voyager 2 in questi giorni ha subìto un piccolo problema: la nobile sonda interplanetaria (e anche interstellare) il 22 aprile ha incominciato ad inviare dati incomprensibili a causa di un malfunzionamento del programma di formattazione dati, che è anche lo stesso che elabora i dati di volo.
Come conseguenza di una manovra di rollio in volo, comunque pianificata, la Voyager 2 ha ripreso contatto con la Terra il 30 aprile, giorno in cui gli ingegneri sono potuti intervenire per controllare lo stato di efficienza della navicella,  trovandola comunque a posto. La Voyager 2 è a una distanza tale che occorrono 13 ore perché il suo flebile sussurro arrivi al potente orecchio elettronico del NASA Deep Space Network e altrettante ne occorrono per inviare qualsiasi comando (la Voyager 2 è ora a 13,8 miliardi di chilometri dalla Terra).
Adesso il software della Voyager 2 è stata messo in modalità diagnostica, che consente di monitorare lo stato di salute della navicella.
Dopo 33 anni di volo interplanetario e a 13 ore luce di distanza era abbastanza plausibile che potesse insorgere simili problemi, senza ricorrere ad astruse spiegazioni che tirano in ballo gli E.T., come ha fatto il Bild tedesco in questo  articolo, dove è andato a pescare un esperto di alieni….
voyager20100430-browse[1]
Rappresentazione grafica
della Voyager 2 ai confini
del Sistema Solare
Comunque tornando a quel capolavoro di ingegneria che è la Voyager 2, essa
ha superato i confini del sistema solare  il 30 agosto 2007, convenzionalmente  indicati con l’eliopausa, ovvero il punto in cui l’azione del vento stellare del Sole si mescola con i venti interstellari.
Il vento solare è un gas sottile di particelle elettricamente cariche (plasma) emesso nello spazio dal Sole. Il vento ovviamente soffia in tutte le direzioni, e questa bolla  si estende oltre l’orbita di Plutone. Questa bolla è chiamata eliosfera e la navicella gemella Voyager 1 è stata la prima sonda a esplorare il suo strato esterno nel dicembre 2004 (la Voyager 1 è a 16,9 miliardi di chilometri da noi).
Purtroppo la Voyager 2 cesserà di funzionare il 2025, quando la sua batteria RTG smetterà di funzionare. Ma i contatti quasi sicuramente saranno persi molto prima, probabilmente entro cinque anni, quando i giroscopi che consentono di mantenere l’antenna orientata verso la Terra cesseranno di funzionare.

Global Warming sui ghiacci polari

03[1]
ICESat 1 Cortesia NASA
Il ricercatore Thorsten Markus, del NASA Goddard Space Flight Center, ha utilizzato il satellite della NASA ICESat per monitorare lo spessore del ghiaccio marino intorno ai poli della Terra.Le misurazioni prima venivano effettuate mediante carotaggi e la loro precisione non era poi tanto accurata rispetto al monitoraggio satellitare.
I risultati da ICESat hanno dimostrato che da quando è stato lanciato nel 2003 (è stato spento all’inizio dell’anno, in attesa che venga lanciato il successore ICESat II), lo spessore del ghiaccio marino si è ridotto di oltre due metri diminuendo di oltre il 40 per cento durante questo periodo.
Il monitoraggio satellitare dell’ICESat funziona inviando impulsi laser da 600 km di altitudine e misurando il ritardo dell’impulso di ritorno dopo la riflessione della superficie, e consente misurazioni continue di appena due centimetri di scarto. Attraverso queste misurazioni è stato possibile determinare lo spessore e la variabilità stagionale dei ghiacci polari direttamente dallo spazio.
Il ghiaccio marino svolge un ruolo chiave nel sistema climatico terrestre: esso riflette la maggior parte della luce solare verso lo spazio, mentre l’acqua oceanica è molto scura e assorbe quasi tutta la radiazione incidente; pertanto, ogni variazione della copertura di ghiaccio marino ha un profondo impatto sul bilancio energetico globale.
2007-artic-ice-cap[1]
Variazione della Calotta polare Artica
dal 1979 al 2007

Quando il ghiaccio marino si forma, questo rilascia la maggior parte del suo sale nell’oceano. E l’aumento di salinità rende le masse d’acqua superiori dell’oceano più dense e pesanti, che sprofondando nel mare attivano un’immensa pompa di calore chiamata circolazione termoalina oceanica, che influenza fortemente il nostro tempo e il clima, come avevo già accennato in questo articolo: Meteorologia e riscaldamento globale.

I ghiacci si muovono grazie all’azione dei venti e delle correnti oceaniche. Quindi oltre che a fondersi localmente il ghiaccio marino artico va alla deriva nell’oceano, soprattutto nella parte orientale della Groenlandia. La quantità del ghiaccio marino artico che si disperde è immensa. Il risultato è che il ghiaccio più antico, che cioè si è depositato in più anni ed è anche quello più compatto e resistente, si è ridotto del 40 per cento dal 2003, diventando anche più mobile e, come accadde già nel 2007, può ancora succedere che i venti spingano gran parte del ghiaccio fuori l’oceano artico frenando così la circolazione termoalina della Corrente del Golfo provocando ondate di freddo intenso nell’emisfero nord.

N.E.O. Warning

 
Ne avevo già accennato nel primo articolo pubblicato da questo Blog: L’estinzione prossima ventura, di alcune proposte per salvare la Terra da asteroidi e comete che possono essere in rotta di collisione col nostro pianeta.
Innanzitutto va scartata l’opzione del bombardamento nucleare, ovvero quella di ridurre in frantumi il corpo celeste con ordigni nucleari, in quanto essa non fa altro che trasferire il danno di una collisione da singola a molte altrettanto pericolose.
L’unica scelta che rimane è quella di modificare l’orbita dell’oggetto in modo tale che non rappresenti più un pericolo per la Terra; più facile a dirsi che a farsi? Forse no, agli scienziati di tutto il mondo le idee in proposito non mancano di certo, tutto sta alla volontà politica delle Nazioni di volersi impegnare in un progetto che è altrettanto importante del Global Warming ma che, contrariamente ad esso, non è influente per l’economia.
Un team del dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Glasgow guidato dal Dr. Massimiliano Vasile ha compiuto nel 2007 uno studio scientifico sulle tecniche per deviare i corpi celesti in rotta di collisione, analizzando nove diverse tecniche e prendendo come esempio l’asteroide 99942 Apophis:
  1. Esplosione nucleare

    Un ordigno a fusione viene fatto esplodere ad una distanza ottimale dall’asteroide, in questo modo parte della superficie viene vaporizzata cambiandone la quantità di moto e quindi la traiettoria.

  2. Impatto cinetico

    Sparare una sonda contro l’asteroide per cambiarne il vettore di velocità, l’effetto è minore del precedente ma almeno non avremmo ordigni nucleari da mandare nello spazio.

  3. Collettore Solare

    Riprendendo un’idea del 1993 del planetologo H. J. Melosh, è quella di usare uno specchio gigante per focalizzare la luce solare sull’asteroide per vaporizzarne parte della superficie ed ottenere un getto di gas che sia in grado di modificarne l’orbita, un po’ come già succede alle comete in prossimità del Sole. Una alternativa consiste in una schiera di sonde con specchi più piccoli che focalizzano nel medesimo punto: Questa proposta è attualmente studiata anche dalla Planetary Society.

  4. Motore a getto di massa

    In questo caso è una sonda che atterra sull’asteroide e che proietta il materiale scavato nello spazio: Il risultato è discreto, il 50% dell’energia disponibile viene convertita in energia cinetica per produrre un cambiamento nel momento lineare: per contro la missione appare un po’ troppo complessa.

  5. Motore a ioni

    Anche qui si prevede di far atterrare una navicella dotata di un propulsore a ioni e usarlo per modificare la traiettoria e velocità dell’asteroide.

  6. Rimorchio gravitazionale

    Uno studio di due scienziati e astronauti statunitensi, Edward Lu e Stanley Love, pubblicato su Nature nel 2005, propone l’invio di un enorme razzo per rimorchiare via gli oggetti in questione.
    Questo veicolo stazionando sopra l’asteroide è in grado di deflettere l’orbita dell’asteroide quanto basta per spostarlo fuori pericolo. Una massa di 20 tonnellate si può tranquillamente deflettere un asteroide di 200 metri in circa un anno di tale rimorchio gravitazionale. Semmai il problema sarà quello di inviare una simile sonda fuori dalla Terra, a meno che non venga costruita con materiale lunare.

Questi sono solo alcuni studi sulle possibili soluzioni al problema dei N.E.O.  e, come potete aver letto, nessuno di questi è fuori portata dalle tecnologie attuali o di quelle di cui potremmo disporre in un prossimo futuro. I rischi di un impatto sono tangibili, la comunità scientifica e astronomica tiene sotto osservazione con programmi come l’Asteroid Watch centinaia di asteroidi e molti nuovi vengono continuamente scoperti ogni giorno.
Quello che ora manca sono le istituzioni politiche internazionali, come l’ONU e i paesi membri del G8 che devono dare una risposta. Occorre un organismo sovranazionale, come lo è ad esempio l’OMS, che si faccia finalmente carico di queste responsabilità e produca un piano di investimenti e di intervento: l’appuntamento con 99942 Apophis è previsto nel 2036.

I dati di questo articolo sono stati tratti dalla Conferenza per la Difesa Planetaria  del 6 Marzo 2007

Per 500.000 dollari in più.

Il Denaro è un Dio Pagano che tutto corrompe e che troppo spesso richiede barbari sacrifici umani ben peggiori di quelli delle antiche divinità pagane, in quanto il barbaro sacrificio si tramanda anche alle future generazioni, perché non si accontenta di spezzare poche vite in cerimoniali di poche ore, ma pretende l’idolatria  tutti i giorni per tutto l’anno tutti gli anni attraverso la sua icona che è il PIL, ad essa vanno sacrificate intere nazioni come ora la Grecia, interi popoli come quelli africani, l’intero pianeta con l’inquinamento.
Per il primo trimestre 2010, la BP (British Petroleum) ha appena annunciato un aumento del 135% dei suoi profitti, ossia 6 miliardi di dollari.

La BP non era direttamente proprietaria della piattaforma esplosa nel Golfo del Messico “Deepwater Horizon“, ma aveva un contratto di perforazione con la Transocean, la vera proprietaria della piattaforma e gli 11 morti nell’incidente erano suoi dipendenti. Anche qui una sorta di contratti e società che, come le scatole cinesi, limitano i costi e le responsabilità delle multinazionali, scaricando questi ultimi sui subappaltatori.

Il Presidente americano Obama ha detto che la BP è la sola responsabile e che per questo deve pagare; il Ceo di BP, Tony Hayward, ammette le responsabilità della BP e che la società rimborserà le spese di bonifica e i danni a persone e cose interessate, pur non riconoscendo l’incidente come proprio e opponendosi comunque a norme di sicurezza più severe. In una lettera diffusa infatti da ABC News, il vice presidente della BP America, Richard Morrison, ha scritto alla Minerals Manegement Service (MMS, l’ente per la gestione delle estrazioni del governo americano) che la società di opporrà ad una revisione restrittiva dei regolamenti estrattivi. Intanto già si stima che il costo dei danni ambientali raggiungerà  almeno i 2 miliardi di dollari, ossia un terzo dei guadagni del primo trimestre della BP.
Comunque la BP è stata multata più volte nel passato: nel 2003 ricevette una multa di 75.000 dollari per non avere adeguato la pressione dell’acqua in uno dei sistemi di protezione antincendio di una piattaforma e altri 80.000 dollari di multa per non avere inserito gli allarmi di sicurezza sui dispositivi ad alta pressione.
Nel 2005 fu ritenuta responsabile dell’esplosione della raffineria di Texas City che uccise 15 persone ferendone altre 170, venne multata con 135 milioni di dollari dal governo americano e risarcì i familiari delle vittime con 1,6 miliardi di dollari (quell’anno dichiarò un utile per 19 miliardi).
Nel 2006 fu anche indagata per l’inquinamento dei campi petroliferi di Prudhoe Bay in Alaska.
La stessa OSHA (l’Ufficio per la Salute e Sicurezza sul Lavoro) ha scoperto più di 300 violazioni alle norme di tutela della salute e dei regolamenti di sicurezzadei regolamenti nel 2005,  e ha multato la BP  per 21,4 milioni dollari, fino a quel momento la più grande nella storia dell’agenzia. Nel 2007, la BP è stata dichiarata colpevole per non aver scritto le linee guida in vigore presso le raffinerie e per esporre i lavoratori a emissioni tossiche ed è stata multata per 50 milioni di dollari.
“Le imprudenze di BP nel progetto Atlantis (quello per le estrazioni off-shore nel Golfo del Messico, nda) sono l’esempio manifesto del modo di cui un’impresa nega adottare anche gli standard industriali minimi in materia di sicurezza ambientalista e dei lavoratori”, dichiara l’ingegnere Max Sawer, per Truthout.
Dietro all’incidente intanto vengono fuori i primi gravi difetti della piattaforma, che vanno dalle saldature delle condotte sottomarine agli strumenti di controllo non conformi.
Tra l’altro il pozzo della Deepwater Horizon non era dotato di un particolare dispositivo di innesco acustico del BOP (blow-out preventer), un’accessorio alla valvola di sicurezza che ne permette la chiuura tramite un segnale acustico inviato da una nave; questo accessorio è obbligatorio negli impianti off-shore di Norvegia e Brasile e costa 500.000 dollari, ma nel ’92 l’amministrazione Bush sr. permise l’autoregolamentazione alle compagnie petrolifere togliendo le supervisioni federali e questo è il risultato, ma non l’unico.
Una relazione del 1999 sempre dell’MMS, fatta dalla senatrice democratica Maria Cantwell di Washington, ha dimostrato che nel periodo di due anni intorno alla fine del 1990 ci furono 117 fallimenti di valvole BOP.

Comunque senza andare troppo indietro nel tempo tra l’agosto e il novembre 2009 c’è stato un’altro grave incidente a un’altra piattaforma off-shore, la West Atlas, nel mare di Timor, fra l’Australia e le Filippine, che ha scaricato (si stima) dai 10.000 ai 30.000 metri cubi di petrolio creando una chiazza di di petrolio 6.000 chilometri quadrati  che ha raggiunto le acque indonesiane. Gli agricoltori di alghe indonesiani e i pescatori a Timor Ovest riferirono che la catastrofe abbia distrutto il loro raccolto e ridotto la pesca fino all’80%. Anche lì,  sono occorse 11 settimane e una nuova trivellazione per fermare la marea nera. Ancora una volta una BOP senza il dispositivo d’azionamento acustico ha fallito.

Quindi, ovunque
ci sia in ballo il denaro e il potere che da esso deriva, l’obbiettivo è quello di portare a casa il massimo dei profitti, anche quando questi vanno a scapito delle più elementari norme di sicurezza ambientali e personali:
questo, Signore e Signori,  è il Capitalismo.